giovedì 11 novembre 2010

Berlusconi resiste: «Fini mi sfiduci» Sul reincarico è caos nella maggioranza


Il premier Silvio Berlusconi non ha alcuna intenzione di dare le dimissioni. Se Gianfranco Fini vorrà, potrà sfiduciarlo in Aula, alla luce del sole e davanti agli italiani. È questa la linea decisa a caldo dal presidente del Consiglio, in queste ore a Seul per il G20. Una presa di posizione emersa dopo diversi contatti telefonici tra il capo del governo e i dirigenti del suo partito, seguiti al faccia a faccia tra il presidente della Camera e Umberto Bossi. Berlusconi, insomma, sembra essere rimasto «al momento» sulle posizioni di qualche giorno fa: non ci sono alternative all'attuale esecutivo e quindi niente crisi pilotata e niente governo bis. A Berlusconi fanno eco i vertici del Pdl che, in una nota fanno sapere di ritenere «inaccettabile» che la legislatura prosegua con un differente premier e un differente governo. «Andare avanti, senza escludere l’allargamento» della maggioranza, è, alla fine, la soluzione proposta dai vertici del Pdl, riferita dal coordinatore del partito Ignazio La Russa al termine della riunione alla Camera.

L'ESECUTIVO BIS, FLI E LA LEGA - L'ipotesi di un reincarico al premier, emersa al termine dell'incontro tra il presidente della Camera e il leader della Lega, agita comunque le acque della maggioranza. «Lo spazio c'è ancora per non andare a una crisi al buio» ha detto Bossi lasciando la Camera, dove si è riunito con i principali esponenti del Carroccio al termine del vertice con Fini. «Molto meglio una crisi pilotata - ha aggiunto il Senatùr - che una crisi al buio». La Lega in sostanza è aperta all'ipotesi di un reincarico a Berlusconi, a patto però di tenere chiusa la porta all'Udc («Può andare al mare...» è la considerazione di Bossi). Su un reincarico a Berlusconi il numero uno del Carroccio è apparso possibilista («Le altre volte è avvenuto cosi, è andato dal presidente della Repubblica per avere il reincarico»), lasciando inoltre trapelare un sostanziale appoggio di Fini all'ipotesi di un nuovo governo Berlusconi. Di segno opposto però le posizioni espresse dal presidente della Camera e dai suoi. Al termine dell'incontro con Bossi, Fini ha fatto capire di non voler arretrare di un passo, mantenendo salde le convinzioni già espresse a Bastia Umbra: condicio sine qua non per una fase nuova sono le dimissioni del premier. «Fini ha chiesto le dimissioni di Berlusconi, altrimenti noi usciremo dal governo. Queste due cose sono certe, per tutto il resto aspettiamo che Berlusconi decida se dimettersi o meno» ha spiegato il capogruppo dei futuristi alla Camera Italo Bocchino, lasciando Montecitorio. «Le cose sono molto più complicate di come le presenta Bossi» aveva detto lo stesso Fini in precedenza, commentando le dichiarazioni della Lega.

IL RILANCIO DI BERSANI - Il tentativo di Bossi di ricucire i rapporti tra i finiani e il resto della maggioranza non sembra dunque essere andato a buon fine. Tanto che il leader del Pd Pier Luigi Bersani ha azzardato l'ipotesi di un governo di transizione anche con Fli e Lega. Per il segretario dei democratici serve «un governo di transizione perché - spiega - vogliamo una ripartenza, non una nuova palude, perciò il tratto evidente dovrà essere la discontinuità».

I FINIANI: «NIENTE PASSI AVANTI» -Che non ci siano stati passi avanti concreti lo hanno confermato anche i commenti di alcuni esponenti finiani. Il vicecapogruppo Giorgio Conte ha dichiarato che «non si è risolto nulla». Fabio Granata, dai microfoni di Cnrmedia, è invece convinto che «si apre una fase piena di incognite per la politica italiana». I finiani hanno deciso di aspettare il rientro di Berlusconi da Seul prima di formalizzare la loro uscita dal governo, annunciata proprio dalla convention in Umbria. Nessun commento invece dal fronte leghista.

«INUTILE TRACCHEGGIARE» - Qualunque cosa si siano detti Bossi e Fini, per il Pd la crisi è comunque conclamata. «Qualsiasi incontro sposta di poco la situazione che è quella che è, chi la nega, chi traccheggia, fa un danno al Paese» ha detto Bersani. A chi gli ha riferito che, all'uscita dell'incontro, Roberto Maroni ha spiegato di non aver nulla da dire, il leader dei democratici ha risposto: «Se non ha nulla da dire lui... io resto convinto che non possiamo stare all'increspature. Seguo con relativo interesse questi abboccamenti, la crisi è conclamata, noi faremo anche le iniziative parlamentari necessarie, ma adesso basta».

Redazione online
11 novembre 2010

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