di CARMELO LOPAPA
Silvio Berlusconi assapora il gusto irresistibile della vittoria. Almeno quanto Fini e Casini stanno prendendo atto, in queste ore, con 25 giorni di anticipo sul D-day, che la loro sfiducia forse non la spunterà e con molta probabilità sarà meglio non presentarla affatto.
Pier Ferdinando Casini, tra una votazione e l'altra della legge di Stabilità a Montecitorio, in serata catechizzava già i suoi: "Fini non riuscirà a convincere l'intero gruppo a votare la sfiducia, cinque potrebbero restare fuori, i tre liberaldemocratici sono diventati due e sono pure a rischio, in queste condizioni dove andiamo? Ma non dobbiamo trasformarla in una catastrofe, potrebbe essere un'opportunità: Silvio costretto a restare con tre o quattro voti di maggioranza e, se vuole le elezioni, a dimettersi senza nemmeno l'alibi della sfiducia".
La vigilia della partenza per il vertice Nato di Lisbona è il giorno dell'euforia, a Palazzo Grazioli. "Grazie alle astensioni dei finiani e di altri che non voteranno quella mozione, ce l'abbiamo fatta anche a Montecitorio" gongola un premier entusiasta con tutti i suoi interlocutori. Prima Gianni Letta, Bossi e Calderoli incontrati al termine del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. Poi, il deputato ex An Mario Landolfi, in serata gli ex dc, il ministro Gianfranco Rotondi e il sottosegretario Carlo Giovanardi ricevuti nella residenza privata. La sensazione netta, raccontano, è che il pressing sui peones sia andato a buon fine. Il videomessaggio del presidente della Camera Fini viene letto né più né meno che come una "mezza resa", quantomeno una disponibilità a trattare. "È un segnale positivo per i prossimi giorni, si sta arrendendo" ha confidato in serata il capo del governo. Con gli ex An, tra i quali Landolfi, si era mostrato abbastanza sicuro già a metà giornata. "Non avrebbero senso le mie dimissioni per ottenere un Berlusconi bis, la richiesta di Fini è incomprensibile, perché nel governo non c'è un deficit di leadership". Convinto poi che "è già terminato l'effetto novità di Fli, la gente capisce che la crisi avrebbe come unica conseguenza la consegna del Paese alla sinistra". Ma il pressing continua. Incassato il transito di Grassano, l'agenda è fitta di incontri con i parlamentari borderline. Una sola raccomandazione, rivolta ai dirigenti Pdl: "Ho avuto fin troppi problemi, fate sapere a chiunque abbia bisogno di chiedere qualcosa, di rivolgersi ai miei collaboratori. Non qui a me. Io parlo di politica". E di governo. Perché ora, con l'undicesima pregiatissima poltrona liberata ieri dall'ormai ex viceministro Giuseppe Vegas (designato alla Consob), si profila dopo il 14 dicembre una sorta di rimpasto. Col quale da Palazzo Chigi solletica gli appetiti. I berlusconiani lasciano circolare già il nome dell'ex pd Massimo Calearo quale ministro alle Politiche Ue al posto del finiano Ronchi. Un posto da sottosegretario ventilato per un impaziente Francesco Pionati, un altro promesso ai centristi siciliani che hanno abbandonato l'Udc. Saverio Romano, in Transatlantico, pregusta già il futuro: "Ormai è fatta, il 15 dicembre facciamo un il nuovo governo". Facciamo.
Gianfranco Fini dopo la registrazione del videomessaggio si dice tranquillo, anzi, "tranquillissimo", ma l'umore appare nero per il rischio boomerang. "Voglio vedere come andrà avanti con questo governo da gennaio, con 3-4 voti di maggioranza e tutti i ministri costretti a essere presenti in aula" si sfoga con i fedelissimi che gli raccontano dell'ottimismo del premier. "Noi possiamo pure perdere la partita clou, il derby del 14 dicembre, ma il campionato poi sarà tutta un'altra storia". Sta di fatto che in queste ore di quasi sconforto tra finiani, centristi e democrats, in Transatlantico trapela anche un certo rammarico per quel mese di tempo che, involontariamente, il Colle ha concesso a Berlusconi e alle sue trattative. Il Quirinale ha seguito una propria linea in piena autonomia. Ieri si raccontava di una telefonata non proprio serena ricevuta dalla massima carica dello Stato da un alto dirigente Pd, con cui gli veniva contestata la scelta della sfiducia al ministro Bondi il 29 novembre, quando la legge di stabilità non sarà ancora approvata. Una certa preoccupazione per il rischio destabilizzazione il presidente Napolitano l'avrebbe espressa in tal senso al telefono anche allo stesso Fini. Nascerebbe da qui la cautela con cui il leader di Fli ha già concordato coi suoi l'astensione sul pur non amato ministro dei Beni culturali.
(19 novembre 2010)
3 commenti:
INCREDIBILE! CI SI METTE DI NUOVO DI MEZZO IL COLLE, SIA PURE 'INVOLONTARIAMENTE'. E SILVIO SE LA RIDE! E L'ITALIA VA A PUTTANE, NON QUELLE DI SILVIO.
Io non ci ho mai creduto che avrebbero fatto cadere il Governo. Non ci crederai ma me l'aspettavo, i giochi erano, sono, troppo all'insegna del "teniamo il popolo calmo"... e così è stato e sarà.
Sono tutti una cricca!!
L'unica chance per l'Italia era e resta Grillo... la Cassandra in carne e ossa che pochi ascoltano.
Le analisi degli esperti davanti a questo flagello che è l'intera classe politica italiana, restano parole scritte.
Silvy Berluschy for ever !!
MALEDETTI!
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