giovedì 18 novembre 2010

LONATE, FILO DIRETTO CON CIRÒ MARINA


di Davide Milosa

Lonate Pozzolo (Milano)

La statale 336 corre dritta nel cuore della Padania. Oltre Magenta, verso Malpensa. Oggi, però, la x sulla cartina segna Lonate Pozzolo, paesone in provincia di Varese a due passi dai primi hub dell’aeroporto intercontinentale. Zona ad alta densità industriale. Con decine di comuni dall’urbanistica monotona. Sulla piantina, il percorso: San Giorgio su Legnano e poi San Vittore Olona, Legnano, poco oltre Ferno, quindi Lonate.

Si tratta di una curva che unisce i luoghi che più di altri oggi rappresentano il cuore nero della ‘ndrangheta al nord.

Proprio qui a due passi da Varese, la città di Bobo Maroni, il ministro che acciuffa i latitanti, ma che si arrabbia quando si prova a sollevare il velo sui rapporti opachi tra la Lega nord e alcuni uomini in odore di mafia.

Eppure proprio in questi luoghi da sempre comanda la cosca Farao-Marincola, ‘ndrangheta di Cirò Marina, ‘ndrangheta che spara per uccidere, chiede il pizzo e si comporta da padrona. Proprio nel cuore della Padania leghista. Nulla di segreto. Basta leggere i verbali di polizia e carabinieri. Centinaia di carte. Un’unica storia criminale che per due anni, dal 2005 al 2006, ha insanguinato queste zone. In archivio, decine di atti di intimidazione macinati a furia di molotov, incendi o colpi di pistola. E omicidi.

IL 7 GENNAIO 2005 viene trovato il corpo carbonizzato di Cataldo Murano. Il 27 novembre tocca a Giuseppe Russo. I killer lo uccidono dentro al caffè Moro. Il 27 febbraio 2006 il conto si chiude con la morte di Alfonso Murano. Si tratta di regolamenti interni alla cosca.

E la gente? Ha paura o fa finta di nulla. Quasi tutti però hanno poca voglia di parlare. “La mafia? – risponde un signore che spinge una bici – . Non no, qui il problema è quella gente là”. E con il dito indica un gruppo di ragazzi marocchini. Lungo via Roma verso il municipio le risposte si alternano identiche: “Non sappiamo nulla”, “lo abbiamo visto in tv”. Nessuna sorpresa. Capita qui come a Buccinasco o a Borgarello, altre enclavi mafiose a pochi chilometri dal Duomo.

Eppure gli investigatori documentano altro. Scrivono che a Lonate Pozzolo “la diffusione del sistema estorsivo ai danni di persone e aziende è ormai un dato desumibile non soltanto dalle poche denunce, ma anche da dichiarazioni delle amministrazioni locali”.

Ecco cosa racconta Modesto Verderio, ex consigliere comunale di Lonate: “Nel 2004, durante la campagna elettorale, diversi elettori mi sottoposero alcune problematiche in riferimento alla criminalità calabrese”. Cosa riferiscono? “Mario – prosegue il politico – gestore dell’“Osteria degli artisti”, mi raccontò che i titolari del bar “Atlantic” e di un negozio di alimentari pagavano tangenti a favore di alcune persone, fra le quali mi nominò il cognome Filippelli, calabrese”. Per la cronaca Nicodemo Filippelli, detto ‘il cinese’, altro non è che il braccio destro di Vincenzo Rispoli, superboss di Legnano, originario di Cirò. Lui, coinvolto nel maxiblitz di luglio, è il grande burattinaio di questa zona. Lui comanda a Lonate e a Ferno. Lui stringe contatti d’affari con gli uomini di Cosa nostra che risiedono a Busto Arsizio. E sempre lui è in grado di mettere a libro paga alcuni finanzieri all’interno dell’aeroporto di Malpensa. “Perché – racconta Fabio, neoaffiliato oggi ai domiciliari – Enzo in Lombardia è una potenza, fa così e si muovono duemila persone”.

SÌ, PERCHÉ LA MAFIA in queste zone mischia il passato con il presente. Il linguaggio ruvido dell’affiliazione (“da adesso in avanti tu sei maggiorato”) e quello pratico degli affari. Ecco cosa racconta una vittima di questa ‘ndrangheta padana. “Volevano i soldi. Dicevano: mi hai messo in una situazione di merda e tu te ne freghi. Perché io veramente sballo e vi faccio fuori a tutti e quattro, pure il cane ti ammazzo”.

Un esempio tra i tanti. Un nome tra le centinaia che i boss di questa zona annotano sul libro mastro del pizzo. Il business è milionario e fa sponda con le banche, che qui sono più numerose delle panetterie. Il gioco è semplice. Basta avere un amico dietro al banco della filiale, da ripagare con modeste regalie (in tempi di crisi vanno bene anche i cesti natalizi). Quello spulcia il database e tira fuori la situazione economica ideale per iniziare l’estorsione. Si chiama insider trading mafioso. Anche questa è la ‘ndrangheta padana.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

LA CASA DI RECLUSIONE PER IL LAVORO ALL'APERTO "BELLARIA" DI LONATE POZZOLO FU FATTA CHIUDERE NEL 1989 DA NICCOLO' AMATO. IO CHE MI OPPONEVO ALLA CHIUSURA (ATTEGGIAMENTO DONCHISCIOTTESCO) FUI TRASFERITO, DENUNCIATO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI BUSTO ARSIZIO E ALLA CORTE DEI CONTI A ROMA, SOTTOPOSTO A PROCEDIMENTO DISCIPLINARE CONCLUSOSI CON LA CENSURA. LE ALTRE INIZIATIVE CADDERO NEL VUOTO. NON CAPISCO PERCHE' NON ABBIANO SEMPLICEMENTE CHIUSO QUEL CARCERE SENZA ARRECARE TANTO MALE A ME, CHE NON CONTAVO NIENTE. MI FOSSI PIEGATO AVREI FATTO VERAMENTE CARRIERA, MA A ME LA CARRIERA NON HA MAI INTERESSATO.