giovedì 18 novembre 2010

QUEI MAFIOSI “BENEFICIATI”: DAVANTI AI PM L’EX CAPO DEL DAP


di Giuseppe Lo Bianco

Mentre sulla trattativa mafia-Stato i pm di Palermo interrogano stamane Nicolò Amato, l'ex direttore del Dap che nel 1993 assunse un atteggiamento morbido sul mantenimento del 41-bis per i mafiosi detenuti, dall’interrogatorio del generale Mario Mori, condotto dal pm di Firenze Gabriele Chelazzi l’11 aprile del 2003 e acquisito agli atti dell’inchiesta di Palermo, emergono due scuole di pensiero, tra le forze dell’ordine, sul dialogo a suon di bombe e cioè sul legame tra l’applicazione del 41-bis e le stragi.

C’È UN APPUNTO riservato e acquisito dal Guardasigilli il 6 agosto 2003, pochi giorni dopo le stragi di Milano e Roma, che, dice Chelazzi, “si occupa della relazione che c’è tra il 41-bis testè prorogato e l’attentato”, nel quale, al paragrafo 7, viene ribadita l’importanza del 41-bis: che “mentre determina l’impossibilità di gestire dall’interno l’organizzazione criminale, starebbe inducendo molti detenuti a rivedere il proprio comportamento sviluppando forme di collaborazione”.

Si tratta di un appunto propedeutico alla riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica del 10 agosto successivo, nel quale si scontrarono due opposte valutazioni: quella del vicedirettore del Dap Francesco Di Maggio, convinto che vi fosse “una stretta correlazione tra la proroga del 41-bis e l’attentato del 27 luglio”, fino a spingersi a sostenere che “queste stragi sono la risposta alle vostre proroghe o alle nostre proroghe”.

E quella dell’allora direttore della Dia che fece mettere a verbale “non sono per niente d’accordo”, come ricorda nel verbale lo stesso Chelazzi che legge il resoconto della seduta: il direttore della Dia “non concorda con l’interpretazione di un eventuale nesso tra gli attentati e l’entrata in vigore del 41-bis”.

DIVERGENZE di opinioni su una materia delicata che si aggiungono alle memorie ad orologeria dei protagonisti diretti di quella stagione, entrate in rotta di collisione reciproca, e alle rivelazioni sulle revoche di 140 provvedimenti di 41-bis decise il 15 maggio, all’indomani dell’attentato in via Fauro a Maurizio Costanzo, a soli 12 giorni dall’eccidio di Firenze: “Se le revoche del 41 bis hanno l’obbiettivo di fermare le stragi, perché non hanno funzionato il 27 maggio a Firenze?”, si chiede oggi Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili. “Vuol dire, come abbiamo sempre sostenuto – aggiunge la Chelli – che sul piatto della bilancia, oltre ai problemi carcerari, oltre al papello, c’era qualcos’altro, e che a volere quella strage non fu solo la mafia”. “Di certo – sostiene la presidente dell’associazione – c’è che da tre giorni gli ex ministri Martelli e Conso, e l’ex direttore del Dap Nicolò Amato si contraddicono vistosamente. Se fossimo in un Paese civile dovrebbero essere messi a confronto come i mafiosi, perché in gioco non ci sono noccioline ma i nostri morti ammazzati”.

A tentare di chiarire numerosi passaggi di quella stagione sarà oggi a Palermo Nicolò Amato, interrogato dai pm della Dda che indagano sulla trattativa Stato-mafia. Nettamente contrario al 41 bis, l’ex direttore delle carceri che il 6 marzo del ’93 si era pronunciato contro le proroghe dei provvedimenti, venne improvvisamente sostituito nel giugno di quell’anno con Adalberto Capriotti, con uno strascico di polemiche politiche provenienti dai radicali. Il 16 luglio, su proposta del nuovo vertice del dipartimento, il ministro Conso firmò 244 proroghe di 41 bis per i mafiosi detenuti, notificate tra il 20 e il 27 luglio, la notte delle bombe di Roma e Milano. Tre mesi dopo, il 4 novembre, lo stesso Conso cambiò idea, decidendo di revocare “in assoluta solitudine” 140 provvedimenti di 41 bis, assumendosene la responsabilità davanti ai commissari dell’antimafia: “L’ho fatto – ha detto – per fermare le stragi”. Anche Conso verrà sentito nei prossimi giorni dai pm di Palermo. Amato, infine, verrà anche interrogato sulle dichiarazioni di Massimo Ciancimino secondo cui lo stesso ex direttore del Dap, lasciato l’ufficio, avrebbe assunto la difesa del padre Vito Ciancimino, su segnalazione di “organi dello Stato”. Sempre stamane sarà sentito anche lo stesso Massimo Ciancimino.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

CHISSA' PERCHE' NON MI SORPRENDE PIU' DI TANTO LA POSIZIONE DI NICCOLO' AMATO. CERTO E' CHE MESSO ALLA PORTA BRUSCAMENTE DAL MINISTRO CONSO RISCHIO' GROSSO. LO SI DEDUCE DALLA ASSUNZIONE DELLA DIFESA DEI MAFIOSI. IL GIORNO IN CUI IL MINISTRO IN PERSONA GLI COMUNICO' LA REVOCA DELLA FIDUCIA ERA PRESENTE NEL SUO STUDIO UN MIO AMICO, OGGI SCOMPARSO, CHE MI RIFERI' L'ANGOSCIA DI NICCOLO' AMATO, IL QUALE AVREBBE REPLICATO CHE AL MINISTRO CHE IN QUEL MODO LO STAVA CONDANNANDO A MORTE. MA CONSO FU IRREMOVIBILE. TRE MESI DOPO SI CONTRADDISSE CLAMOROSAMENTE (LO SI APPRENDE OGGI) REVOCANDO LA MISURA DEL 41 BIS A 144 MAFIOSI DELL'UCCIARDONE A PALERMO. CI CREDO POCO AL PROVVEDIMENTO ADOTTATO 'IN COMPLETATA SOLITUDINE'.