giovedì 18 novembre 2010

Il premier non molla: “O fiducia o voto”


NAPOLITANO NON GRADISCE. ED È INIZIATO IL “MERCATO DELLE VACCHE”: NON POCHI I FINIANI IN BILICO

di Sara Nicoli

“Si va a votare il 27 marzo”. Lo ha ripetuto ieri Ignazio La Russa dopo che la data era uscita dalla bocca di Umberto Bossi a dimostrazione che nella maggioranza i conti se li sono fatti da tempo, come sempre in barba ad ogni regola.

Ma ieri è stato proprio Berlusconi a dire “o fiducia o voto”, frase che, in altri tempi, si sarebbe sognato di pronunciare solo un capo dello Stato. E che, infatti, ha irritato moltissimo il Colle, costringendo Napolitano a fare un richiamo forte “al senso di responsabilità delle forze politiche”.

Il Cavaliere, però, ormai pensa solo alle elezioni: riottenere la fiducia come a settembre è un obiettivo ancora lontano. Anche se “in 20 giorni di tempo – ecco la considerazione interna al Pdl – lo shopping dei parlamentari può fare miracoli”.

Tutti quelli che temono di non essere ricandidati o che non hanno maturato la pensione (e son parecchi) si stanno facendo i conti. E non è affatto detto che, tra i finiani, tutti sposino la linea del partito sui voti di fiducia previsti per il 14 dicembre; ieri alla Camera c’era un gran via vai di deputati e senatori, a dimostrazione che “il mercato delle vacche” è in pieno svolgimento. “Da qui alla metà di dicembre possono avvenire veri miracoli. E non solo alla Camera”. Anche il Senato, infatti, pur essendo un terreno non a rischio per Berlusconi, può diventare scivolosissimo per i finiani. I malumori interni sono parecchi e c’è chi sostiene, dalle parti del capogruppo Pdl Gasparri, che al momento del voto di fiducia sul discorso che il Cavaliere terrà il 13 dicembre, “il gruppo di Futuro e Libertà potrebbe sciogliersi come neve al sole”.

Insomma, il “logoramento” delle truppe del presidente della Camera da parte degli ascari di Silvio è cominciato. E l’incarico di blandire, vezzeggiare, convincere i finiani a tornare alla casa madre è stato affidato a Daniela Santanchè, artefice del (non particolarmente gravoso) sforzo di restituire al Pdl Giuseppe Angeli. “Ci voleva una donna!” ha detto, ironico, il Cavaliere.

I nomi dei futuristi in bilico non sono pochi, in verità.

Alla Camera ci sono Catia Polidori, Carmine Patarino, Giampiero Catone e Saverio Romano, mentre al Senato ci sono gli altoatesini (Thaler, Pinzger), Musso e Massidda che sono parecchio tormentati.

Di cosa ha bisogno, però, Berlusconi per scongiurare la crisi? Alla Camera si punta a raggiungere “quota 311”, non la maggioranza assoluta (316) ma quella che consentirebbe di continuare a navigare, per quanto a vista.

Per raggiungere questo obiettivo, il Cavaliere deve strappare almeno quattro deputati al gruppo di Fini (e i nomi fatti prima sono i papabili). Per tutti, comunque, il ricatto della non ricandidatura pare l’arma vincente.

Se, invece, la fiducia non ci sarà, nonostante gli sforzi del mercato, allora “sarà il voto”. Contro il parere del Quirinale. Ieri, infatti, Napolitano ha richiamato le forze politiche a un più alto “senso di responsabilità”.

Il capo dello Stato, infatti, vorrebbe evitare le elezioni e in pratica, avrebbe detto a Berlusconi durante un breve colloquio ieri mattina al Quirinale (ripreso da impietose telecamere che hanno inquadrato più di uno sguardo di traverso tra i due) che in caso di crisi conclamata in Parlamento, lui non esiterà a percorrere “ogni possibile strada” pur di evitare le elezioni anticipate.

Il Cavaliere, ovviamente, ha risposto che di un Berlusconi bis con apertura della maggioranza anche a Casini non vuole sentir parlare. Più che altro perché non si fida. L’idea di Silvio è che Napolitano cerchi di mettere insieme una maggioranza diversa per poi affidare l’incarico a Draghi per traghettare il Paese fuori dalla crisi economica. Che in primavera potrebbe conoscere nuovi e più infelici momenti di esuberanza a livello internazionale. Una “trappola” a cui, ha detto ai suoi, si sottrarrà con ogni mezzo. “Senso di responsabilità? Io ce l’ho – ha detto Berlusconi – sopporto tutto, guardo sempre il problema della stabilità, dei titoli che ogni giorno dobbiamo vendere, sono 250 milioni il prossimo anno, mi sento assorbito da questa responsabilità; ecco perché ho detto che è stato irresponsabile aprire la crisi. Il 14 dicembre si deciderà se l’Italia potrà continuare ad avere stabilità, altrimenti sarà crisi e voto”. E la colpa ricadrà su Fini, come da copione anche di una campagna elettorale già scritta.

A Montecitorio, intanto, il Pdl ha serrato i ranghi in vista anche di un tour de force che metterà a dura prova la maggioranza già dalla prossima settimana con una serie di “voti al buio” che partiranno dalla mozione di Fli sulla Rai fino alla riforma Gelmini dell’Università.

Ma Silvio pensa anche alla giustizia e al voto della Consulta. Alfano è già al lavoro.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

LA 'SCIMMIA' E' ANCORA SALDAMENTE SULLE SPALLE DEGLI ITALIANI, LA MAGGIOR PARTE DEI QUALI NON SI POSSONO PIU' CONSIDERARE TALI.