giovedì 18 novembre 2010

ULTIMA FERMATA, LA CONSULTA


Il 14 dicembre dovrà decidere sul legittimo impedimento

di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali

Oggi la Corte di cassazione vota per eleggere il giudice costituzionale che sostituirà Francesco Amirante, attuale presidente della Consulta, che il 7 dicembre la lascerà dopo nove anni di mandato. La politica ha gli occhi puntati su questa elezione, perché la Corte costituzionale è uno dei due protagonisti del “giorno della verità” per Silvio Berlusconi, quel 14 dicembre in cui si giocherà il suo futuro: la Corte deciderà se bocciare oppure no la legge sul legittimo impedimento; e, nelle stesse ore, le Camere decideranno se il governo Berlusconi ha ancora una maggioranza parlamentare.

Come deciderà la Corte? Non sembra che l’arrivo del nuovo giudice sia destinato a sovvertirne gli equilibri. Sono cinque i candidati a sostituire Amirante: Michele De Luca, Roberto Preden, Mario Morelli, Giorgio Lattanzi e Marco Pivetti.

I favoriti, secondo le voci che circolano in Cassazione, sono gli ultimi tre: Morelli, giudice civilista, simpatizzante di Unità per la costituzione, la corrente moderata del sindacato dei magistrati; Lattanzi, giudice penalista, della corrente di sinistra Magistratura democratica; e Marco Pivetti, presidente della sezione lavoro della Cassazione, anch’egli di Md. Tutti e tre sono giuristi stimati e di riconosciuta professionalità e indipendenza. Se, come è molto probabile, nessun candidato raggiungerà oggi i due terzi delle preferenze, venerdì andranno al ballottaggio i due che otterranno più voti.

Morelli è un esperto di contenzioso Stato-Regioni ed è ritenuto fautore di un federalismo rispettoso della Costituzione e non punitivo per il Sud. Raccoglierà prevedibilmente il voto moderato di Unicost. Su Lattanzi è probabile invece che convergano i voti di Md e del Movimento per la giustizia.

IL NUOVO giudice costituzionale dovrà affrontare, insieme agli altri componenti della Consulta, il nodo della legge sul legittimo impedimento, che congela i processi a carico del presidente del Consiglio e dei ministri. La legge è stata varata il 7 aprile scorso per ibernare i processi di Berlusconi – Mediaset, Mills e Mediatrade – in corso a Milano. È stata pensata come una misura provvisoria, una legge ponte che ha come scadenza naturale l’ottobre 2011. La maggioranza l’aveva approvata in attesa del varo del cosiddetto lodo Alfano costituzionale, legge che avrebbe dovuto garantire l’improcessabilità di Berlusconi, incardinandola dentro la Costituzione. Fu scritta, a suo tempo, da Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e allora vicecapogruppo alla Camera per l’Udc. Ma poi i centristi l’hanno disconosciuta, dopo che la legge è stata allargata anche ai ministri.

Ora che il lodo Alfano appare avviato su un binario morto, Silvio resta appeso allo scudo del legittimo impedimento, per salvarsi dai processi milanesi. Il presidente Giorgio Napolitano firma la legge il 7 aprile 2010. Nove giorni dopo, lo scudo finisce davanti alla Corte costituzionale (come il lodo Schifani e il precedente lodo Alfano, poi bocciati).

I giudici di tutti e tre i procedimenti milanesi si sono rivolti alla Consulta, ritenendo che quella legge violi l’articolo 3 della Costituzione, sull’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e l’articolo 138, che regola il meccanismo d’approvazione di leggi costituzionali.

La Consulta ha fissato il 14 dicembre come data d’udienza per sciogliere il nodo. La data resterà fissa anche ora che per lo stesso giorno è prevista la decisione delle Camere sulla fiducia? C’è chi, dentro la Corte, preferirebbe allentare i tempi, per ragioni di prudenza istituzionale e per non rischiare di sovrapporre una decisione giuridica a una risoluzione politica: mantenere sì l’udienza pubblica del 14 dicembre, ma solo per la discussione generale con gli avvocati di Berlusconi e l’avvocato dello Stato, a favore della legge, per poi prendersi del tempo per approfondire e decidere. Così il verdetto potrebbe slittare a gennaio 2011. Un’ipotesi che sembra ben vista dal Quirinale, che continua a seminare prudenza. Comunque sia, dopo il 14 dicembre si aprono nuovi scenari. Se la legge sul legittimo impedimento fosse bocciata dalla Corte, Berlusconi dovrebbe presentarsi a Milano per essere processato. Anche se restasse presidente del Consiglio. Se invece la legge fosse promossa, allora Berlusconi sarebbe coperto anche in caso di caduta del governo e di scioglimento delle Camere, perché resterebbe protetto dallo scudo fino a quando non sarà varato il nuovo governo.

CERTO, resta una partita difficile e incerta per il presidente del Consiglio. I suoi avvocati, Niccolò Ghedini e Piero Longo, stanno decidendo la strategia da seguire: chiedere un rinvio dell’udienza del 14 dicembre davanti alla Corte costituzionale per “impegni parlamentari”, oppure no? Quel giorno, debutterà alla Consulta anche il suo nuovo presidente. Il 7 dicembre se ne andrà Amirante, il 10 sarà votato il suo successore. Potrebbe essere Ugo De Siervo, professore di Diritto costituzionale, vicepresidente della Corte dal 2009, eletto dal Parlamento nel 2002 su indicazione del centrosinistra.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

LA LOTTA CONTRO IL TUMORE E' SEMPRE DI LUNGA DURATA E DALL'ESITO INCERTO.IL MEDICO MANTIENE LA PROGNOSI RISERVATA.