MATTIA FELTRI
Si gira di qui? Tradisce. Si gira di là? Non tradisce. Finché Mara Carfagna, imputata nell'interminabile processo indiziario da sentenza quotidiana - oggi condannata, domani scagionata - ha minacciato di sfilarsi con gesto di giovanile sussiego. Certo, la diceria è paranoica e inesauribile: coinvolge tutti, il silente consigliere vede nella sguaiataggine del supporter la prova della slealtà, e viceversa, e soprattutto il pettegolezzo è diventato malinconico oggetto di trafelate interviste. Da una testata all'altra, il ministro azzimato contro la sulfurea zarina, servitori esuberanti contro assistenti contenuti, la ricerca del collaborazionista è da ridotta di Valtellina. Alla fine, però, c'era sempre di mezzo lei: Giancarlo Lehner che ne traduce urbi et orbi le titubanze nei passaggi cruciali, il presidente della provincia di Salerno Edmondo Cirielli che imposta nella corrispondenza dell'intero Parlamento gli articoli della stampa locale, come se dimostrassero in via definitiva l'intelligenza col nemico. E infine, proprio ieri l'altro, quella ferocissima giaguara di Alessandra Mussolini che il nemico lo fotografa proprio, ed è il solito Italo Bocchino intrattenuto alla Camera dalla Carfagna medesima. «Vergogna!», è il ruggito della fiera con l'istantanea sbandierata agli increduli. Girano maldicenze, in quei luoghi di esibita austerità, e una vuole che fra il neocolonnello di Gianfranco Fini e la titolare delle Pari Opportunità resistano antiche tenerezze. Né antiche né contemporanee, replica lei: «Si maligna su tutto. Italo è stato importante per la mia formazione politica. Poi abbiamo preso strade diverse. Restano la stima e la gratitudine», disse a Stefano Lorenzetto poche settimane fa. Però niente toglie dalla testa di questo esercito di berlusconiani impegnati su mille fronti che gli infami stanno all'interno, e chiunque ti trascina negli angiporti di palazzo per ricordarti dove stava lei, quando si trattò di scegliere il nuovo coordinatore campano, e dove sta adesso, che il voltafaccia si consumerebbe sul terreno dei rifiuti, e sempre a causa di questi amorosi sensi mai sopiti. Povera Carfagna, la solidarietà vien da concedergliela ampia e incondizionata, viste le spiegazioni che ci si diede ai suoi esordi in politica. Che ci fa qui? Se lo domandarono commentatori compunti, e con l'immunità accordata alla satira fu Sabina Guzzanti a superare l'allusione con l'assioma: Mara più che una quota rosa è una quota a luci rosse, disse parlando di notti arcoriane.
In un silenzio planetario e meschinello. Sulla questione gravano richieste di risarcimento danni, ma la testimonianza è che la signora non ha mai avuto vita facile, nonostante si sia diplomata allo scientifico col sessanta e si sia laureata in Legge col centodieci. Ragazza più intelligente che bella, dice di lei il promesso sposo, il supermegamiliardario Marco Mezzaroma, il quale così illustra la portata intellettuale della fidanzata: «Per conquistarla le ho regalato Le uova del drago di Pietrangelo Buttafuoco». Il politicamente scorretto che le si è rivoltato addosso sembra cercare riscatto in un politicamente corretto instancabilmente distribuito in occasioni formali e informali. Non c'è categoria da lei teoricamente tutelabile - bambini, omosessuali, immigrati, donne, handicappati eccetera - che non intenda patrocinare con leggi che secondo i canoni liberali sono da protezione della specie. E' però nei giochini di società che emerge nitida l'ansia d'apparire impeccabili: le donne che ammira di più sono Oriana Fallaci e Margaret Thatcher, perfettamente stemperate da un'Alda Merini. Molti si sono ricreduti, per carità.
Su tutti Dario Franceschini che, quando era segretario del Pd, a questo giornale disse di aver rivisto il pregiudizio: «
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