MASSIMO GUERRETTA
TREVISO
Torna l'incubo di Auschwitz, di quella presa in giro nazista culminata nell'Olocausto, di quella agghiacciante cancellata. Ma «Fliegen macht frei», la provocatoria scritta sopra uno dei cancelli dell'aeroclub di Treviso, rimarrà presto un ricordo: la procura e l'Enac, dopo la rivolta della comunità ebraica, faranno rimuovere l'insegna, che ovviamente riecheggia alla famigerata «Arbeit macht frei», realizzata uguale nei caratteri e nella forma a quella che accoglieva i prigionieri del campo di concentramento.
La storpiatura «Il volo rende liberi», nei piani dell'aeroclub, doveva servire per contestare l'aeroporto Canova, l'Enac e la società di gestione Aertre «che ci stanno portando alla chiusura», spiega il presidente Francesco Montagner. Che non fa marcia indietro: «La frase è adeguata alla situazione, non è improprio parlare di vero e proprio olocausto, perpetrato dall'Enac tramite le varie società di gestione aeroportuale. La nostra non è una mancanza di rispetto verso i martiri del nazismo». Tant'è, ma l'indignazione è stata bipartisan. È stata una recinzione «indigesta» a scatenare la protesta dell'aeroclub, una rete di metallo che da inizio novembre circonda l'area dove si trova la sede dell'associazione.
Così è spuntata «Fliegen macht frei», prima con un cartello provvisorio, poi - da mercoledì mattina - con l'insegna in ferro battuto. Si può vedere anche dalla strada provinciale che porta allo scalo trevigiano.
Un'iniziativa che voleva essere provocatoria, ma che ha suscitato subito un mare di polemiche e la ferma condanna della provocazione: «Evocando una frase nazista che irride la vittima non capiscono che offendono se stessi - ragiona Riccardo Calimani, storico e scrittore, presidente del Museo nazionale della Shoah di Ferrara - è un segno di insipienza, viene banalizzato un simbolo e un linguaggio, riconducibile alla derisione del prigioniero, che poi veniva ammazzato. È un segno dei tempi, certo: ma che provoca molta amarezza».
«Una scelta di pessimo gusto», recita il rabbino capo della comunità ebraica di Venezia, Elia Richetti. «Siamo in piena inciviltà dell'immagine, è un messaggio che strumentalizza la tragedia. C'è un limite alla decenza che, in questo caso, mi sembra valicato», aggiunge il presidente dell'Istresco Lorenzo Capovilla. Sbigottito anche il sindaco leghista Gian Paolo Gobbo: «Oltre ad essere una cosa assurda, quella scritta è una grave offesa al popolo ebraico. Non è certo questo il modo di esprimere un dissenso verso qualcosa, e comunque è una scelta fuori tempo e fuori modo».
«È sconcertante, abbiamo superato il limite. E la solerte procura trevigiana dov'è?» si chiede il presidente dell'associazione partigiani trevigiana, Umberto Lorenzoni.
Subito accontentato: «A parte l'ignobile cattivo gusto, c'è anche un'offesa specifica - conferma il capo della procura di Treviso, Antonio Fojadelli - se le cose stanno così provvederemo a far togliere ed eventualmente a sequestrare l'insegna in questione». Già oggi
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