Senato, giudici, Porta a Porta: tutti gli ostacoli alle indagini
di Marco Travaglio
Dunque, come abbiamo raccontato ieri, il processo a Clemente Mastella e ai suoi cari (una cinquantina di coimputati, fra cui la moglie, il consuocero, il cognato e mezza Udeur), non s’ha da fare. Il 19 novembre la Camera, su richiesta dell’europarlamentare Pdl imputato per quattro concussioni, tre abuso d’ufficio, un’associazione per delinquere, un peculato, una truffa e un’appropriazione indebita, ha sollevato conflitto d’attribuzione alla Consulta contro i giudici di Napoli che osano processarlo senza il permesso preventivo (non richiesto, anzi esplicitamente escluso dalla legge) del Parlamento. Motivo: i reati di cui è accusato Mastella sarebbero “ministeriali”, cioè collegati alle funzioni di Guardasigilli del governo Prodi dal 2006 al 2008 (falso: Mastella è imputato “in qualità di segretario nazionale del partito politico Udeur” e alcuni reati li avrebbe commessi prima e dopo aver fatto il ministro). Ora spetta al Gip decidere se procedere con l’udienza preliminare, ormai agli sgoccioli, o congelarla per un paio d’anni in attesa della sentenza della Consulta. Nel secondo caso, il processo nascerebbe praticamente morto, e non solo a carico di Mastella, ma anche degli altri 50 coimputati che si sono affrettati ad associarsi alla sua richiesta di sospensione sine die.
MA CHE IL PROCESSO a Mastella non s’abbia da fare non è una novità. Un’incredibile campagna mediatica, alimentata anche da Porta a Porta e dal Corriere della Sera, martella da anni che Mastella sarebbe stato inquisito a Santa Maria Capua Vetere nel gennaio 2008 per rovesciare per via giudiziaria il governo Prodi, dopodiché tutte le accuse sarebbero finite nel nulla. Così del processo di Napoli nessuno si occupa perché quasi tutti pensano che non esista. Altri, invece, sanno benissimo che esiste e si prodigano perché non esista più.
Il 1° luglio 2009, durante l’udienza preliminare della prima tranche del processo (quella nata a Santa Maria Capua Vetere e poi passata per competenza a Napoli), il gip che la conduce, Sergio Marotta, viene avvicinato da una collega della Corte d’appello di Napoli, Tina Cardone, che gli consiglia caldamente di prosciogliere Mastella. Marotta la lascia dire, poi la denuncia. E racconta ai colleghi, a verbale, il 23 settembre 2009: “In data 1.07.2009 venni telefonicamente raggiunto da una collega, Tina Cardone, che io conoscevo bene in quanto seppure adesso è in servizio presso la Corte d’Appello di Napoli, anni fa ha ricoperto la funzione di Presidente aggiunto dei Gip di Napoli. Dunque è stata mio superiore gerarchico... La Cardone, senza specificarmene la ragione, mi chiese un appuntamento per il giorno successivo ed io non ebbi difficoltà ad accordarglielo invitandola a venire nel mio ufficio”. La giudice però preferisce un luogo più appartato. Marotta rimane “un poco sorpreso per questa strana cautela”, ma accetta di vedere la collega l’indomani alle 8.30 “presso l’edicola dei giornali della piazza coperta del Tribunale”. E lì scopre finalmente il motivo della convocazione: “Non appena ci vedemmo cominciò a parlare della sua amicizia con Clemente Mastella”, che aveva fatto tanto per lei. Che cosa? “Quando era ministro di Giustizia l’aveva chiamata al Ministero dandole un incarico”.
LEI ASPIRAVA a un ruolo direttivo, ma Mastella le spiegò che quello era riservato ad Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa. “Mi disse che lei disciplinatamente aveva condiviso questa scelta poiché si rendeva conto da sola che un incarico alla moglie del Vespa significava per Mastella avere maggiori opportunità di frequentare il talk show condotto dal predetto”. In ogni caso la Cardone è “contenta” per il posto ministeriale conquistato e continua a “frequentare con la solita assiduità casa Mastella a Ceppaloni”, anche dopo l’arresto della moglie Sandra Lonardo e l’indagine per concussione e altri reati a carico dell’ormai ex ministro. “Era particolarmente fiera di questa sua fedeltà in quanto a suo dire molti amici di Mastella, fra cui anche la moglie del Vespa, dopo le disavventure giudiziarie del 2008, avevano un poco preso le distanze da lui”. Poi finalmente la giudice mastelliana viene al punto: “Mi disse – racconta Marotta – che era stata di recente presso la villa di Ceppaloni e che Mastella le aveva chiesto un intervento presso di me per ‘spuntare’ una sentenza di non luogo a procedere”.
E lei ha subito aderito, avvicinando il gip: “Per perorare nel modo più incisivo possibile la causa del Mastella, mi spiegò che sarebbe stata inutile una mia resistenza alle sue sollecitazioni in quanto il Mastella, con tutte la amicizie che aveva mantenuto, prima o poi, nei vari gradi del procedimento, avrebbe comunque trovato qualche giudice sensibile alle sue segnalazioni o a quelle di suoi amici”. Non è solo una richiesta, dunque, quella della giudice al collega. È anche -secondo Marotta- velata minaccia: “Sempre con riferimento alle amicizie del Mastella vantate dalla Cardone, a detta di quest’ultima mi conveniva tener conto della sua segnalazione perché lo stesso Mastella nel corso degli anni aveva dimostrato che con gli amici era molto generoso, mentre era vendicativo con chi gli sbarrava la strada”. Insomma, meglio farselo amico, per evitare rappresaglie. Marotta racconta che la Cardone non si fermò neppure lì, ma aggiunse pure che Mastella, “dopo un periodo di sbandamento dovuto all’indagine giudiziaria, già da molti mesi stava ricominciando a tessere la sua tela, a rinsaldare le vecchie amicizie ed a costituirne di nuove. Usò l’espressione ‘Clemente sta tornando in sella’, dicendomi insomma che il potere di Mastella si stava ricostituendo”. Non a caso, dopo un anno di assenza dal Parlamento italiano, aveva agguantato un posto sicuro a Bruxelles nelle liste del Pdl.
E POI AVEVA mantenuto ottimi rapporti con Antonio Bassolino, governatore uscente della Campania, e con Nicola Mancino, vicepresidente del Csm. Bassolino lo aveva rassicurato che né lui (vittima, secondo l’accusa, di una tentata concussione di Mastella) né la regione Campania si sarebbero costituiti parte civile nel procedimento dinanzi al gip Marotta (“in effetti – osserva il gip – il giorno dopo e cioè il 3.07.2009, ho constatato che né Bassolino, parte offesa in un capo di imputazione, né la Regione Campania si sono costituiti parte civile”). Quanto a Mancino, Marotta ha buon gioco a fingersi interessato a saperne di più, visto che pende sul suo capo un procedimento disciplinare dinanzi al Csm: “Proprio per accertare a cosa specificamente alludesse la Cardone quando mi parlava di favori che potevo ottenere, avendo intuito che assai verosimilmente voleva riferirsi ad amicizie anche interne al Csm poiché attualmente pende a mio carico un procedimento disciplinare, chiesi se per caso Nicola Mancino era fra quelli che erano rimasti ancora amici di Mastella. Lei disse che Mancino era una delle persone che non aveva mai voltato le spalle a Mastella”.
A QUEL PUNTO Marotta liquida la collega senza prometterle nulla e corre dal presidente del Tribunale e dal Procuratore generale a denunciare l’illecita pressione della collega per conto di Mastella. La Cardone, dal canto suo, ammette di essere una vecchia amica dei Mastella (Sandra Lonardo presentò addirittura una mostra di quadri della giudice pittrice) e di aver incontrato Marotta, ma nega recisamente di averlo voluto influenzare. Sui fatti, pare, indaga la competente Procura di Roma, oltre naturalmente al Csm.
Ma non è finita, perché la sera del 20 ottobre 2009, poche ore dopo che la Procura di Napoli ha ottenuto nuove misure cautelari per Sandra Lonardo (il divieto di dimora in Campania) e per altri esponenti dell’Udeur campana e contesta nuove accuse al marito e ad altri 60 indagati, entra puntualmente in scena Bruno Vespa, marito di cotanta moglie nominata da Mastella direttore degli Affari di giustizia del ministero. E allestisce una puntata di Porta a Porta per difendere la famiglia reale di Ceppaloni dai nuovi guai giudiziari. Il titolo è già tutto un programma: “Cupola o persecuzione?”. Ospite d’onore lui, Clemente Mastella. A un certo punto, il conduttore dà la parola a un supertestimone col volto oscurato, ma non abbastanza, per “spiegare come vanno le cose”: Vespa lo chiama “dirigente” e lo presenta come fonte anonima, riservata, ma – par di capire – esperto e attendibile. Mister X naturalmente fa a pezzi l’inchiesta, che definisce “una cacata giuridica”. “Il fatto – aggiunge il supertestimone rivolto al giornalista – come a te non sfuggirà, è tutto di carattere politico. Dei 60 indagati, fatta eccezione per 15 o 16, tutto il resto sai per che cosa sono inquisiti? Concorso in abuso d'ufficio. Una cacata giuridica. È niente, è zero. Solo che dovevano gonfiare la cosa. Allora bu-bum, l’Italia sana si è mossa: 63 inquisiti. Se arrestavano il solito Mastella, la solita moglie, il solito capogruppo regionale, non c’era nessuna novità... allora hanno dovuto riempire. Ti è tutto chiaro?”. Si scopre poi che Mister X altri non era se non Pietro Funaro, portavoce campano dell’Udeur, indagato assieme ai coniugi Mastella.
I GIUDICI l’hanno subito riconosciuto e identificato con tanto di perizia fonica comparativa. Un coindagato dei Mastella giurava sull’innocenza dei Mastella e dei loro coindagati camuffato da supertestimone di Vespa, il tutto in un programma del “servizio pubblico” (chissà se l’Ordine dei giornalisti, la Rai, la Vigilanza, l’Agcom e tutto il cucuzzaro si occuperanno mai di questa solennissima patacca che Vespa, interpellato in maggio dal Fatto Quotidiano, ha comprensibilmente rifiutato di commentare). Del resto quella tranche dell’inchiesta era nata proprio dalla denuncia di 13 giovani, aspiranti tecnici e impiegati dell'Arpac campana : prima di partecipare al concorso erano stati contattati da candidati alle elezioni provinciali ed europee che promettevano aiuto in cambio di voti. I nomi dei futuri assunti – sostengono i denuncianti – erano già decisi. E, tra questi, c'era anche “la figlia di Pietro Funaro”. Quello della “cacata giuridica”.
Ma i bastoni fra le ruote del processo Mastella non finiscono qui. Perché nel primo filone del processo, quello dell’udienza preliminare affidata al gip Marotta, quasi tutti gli imputati sono stati rinviati a giudizio, ma la posizione dell’ex ministro è stata stralciata (cioè congelata). Motivo: il Senato deve ancora pronunciarsi pro o contro l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni telefoniche indirette (su telefoni di indagati che parlavano con l’allora ministro Guardasigilli), dopo che la Consulta ha dichiarato inammissibile l’eccezione di incostituzionalità sollevata dai giudici di Napoli contro la legge Boato-Schifani del 2003 che vieta di usarle senza l’ok del Parlamento.
Intanto Mastella ha denunciato al Parlamento europeo una persecuzione ai suoi danni da parte della Procura di Napoli, che avrebbe fatto addirittura perquisire abusivamente la sua abitazione romana. L’Europarlamento ha subito avviato una pratica a sua tutela.
Venerdì, la ciliegina sulla torta: il conflitto di attribuzioni sollevato dal Senato alla Consulta contro i giudici che osano processare Mastella come se fosse un comune cittadino. Aveva ragione quella giudice premurosa: chi processa Mastella cerca rogne.
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