domenica 14 novembre 2010

Se resta potrà fare solo peggio


Divampa su un Paese attonito e frastornato uno scontro violento tra alcuni di destra che vogliono le dimissioni di Berlusconi per formare un altro governo, con o senza Berlusconi; e coloro (una parte ancora consistente del Parlamento e presumibilmente del Paese) che, dalla stessa destra, vorrebbero Berlusconi così com’è, fermo al suo posto (il suo posto è la festosa Arcore, con visite occasionali top secret a Mosca e Tripoli) in un universo immobile. A nessuno di noi (intendo esseri umani di cittadinanza e residenza italiana ai nostri giorni) capita mai di imbattersi in persone o gruppi che vogliono a qualunque costo Berlusconi al suo posto, o anche solo ammettono di averlo votato (salvo che in Parlamento). E tuttavia lo scontro è durissimo. Sono preoccupati il capo dello Stato e la Chiesa, ne parla (anche se a causa delle allegre ragazze di Arcore) tutta la stampa e la televisione del mondo e i cartoni animati cinesi che – se fossi Masi – comprerei subito. Così avrebbe anche lui – in caso di necessità – il suo piccolo dossier.

Giunge dunque al momento giusto la lettera del lettore Marco Solinas, che scrive: “Lilli Gruber ha rivolto una domanda al ministro Matteoli: riassuma in un minuto in che cosa ci hanno guadagnato gli italiani da quando Berlusconi è sceso in campo. Il ministro ha tentato poche frasi sulla conferma del sistema bipolare e non ha avuto null’altro da aggiungere in ben 60 secondi. Se dunque siamo al punto che anche loro sanno di non aver combinato un bel niente, questa benedetta spina che cosa si aspetta a staccarla?”. Come in una sequenza teatrale, la lettera del lettore Solinas ci introduce nella scena madre. In questa scena si deve mostrare agli spettatori il senso dello scontro, allo stesso tempo durissimo e confuso: cacciare Berlusconi per continuare. Oppure tenere ben saldo Berlusconi allo stesso scopo. Lo spettacolo è strano, ma non è inutile. Infatti introduce la domanda: “Se Berlusconi resta, resta per fare cosa?”. Per rispondere, vediamo che cosa Berlusconi ha fatto finora. Poiché chi scrive è impegnato nel fare opposizione (potrei dire, come le botteghe che cercano prestigio nella data di inizio attività, “dal 1994” perché allora, quando Berlusconi ha formato il suo primo governo, mi sono dimesso da direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a New York, per non correre il rischio di dover comparire, nel mio incarico, accanto a Bersluconi) e poiché scrivo su Il Fatto, posso rispondere subito: niente. Niente è stato fatto.

Eppure non è vero. Se non fosse stato fatto niente, non vedreste immigrati senza diritto asserragliati sulle gru di Brescia; operai ovunque sui tetti d’Italia o in inutile attesa nelle isole; studenti e insegnanti di tutte le scuole e di tutti i livelli in cortei disperati; un mondo di precari senza speranza, di detenuti stipati in carceri invivibili, mamme senza asili nido, malati senza ospedali, soldati che stanno combattendo indecifrabili guerre, sindaci senza soldi, università improvvisate e truffaldine oppure del tutto prive di mezzi, polizia senza benzina per le volanti, scuole elementari senza carta igienica, tribunali senza carta per le copiatrici e le stampanti.

Dunque, molto è stato fatto con sistematica incompetenza. Lo dimostra il ministro della Cultura Bondi, sicuramente affranto in Parlamento per il crollo di cui lui non sa cosa, irritato, ma anche incapace di comprendere la concitazione intorno a quel crollo e comunque deciso a dare la colpa sia del crollo, che della agitazione eccessiva, alla cattiveria della sinistra. Molto è stato fatto con cieca sicumera, come dimostra il ministro della Difesa che, a sostegno di una pattuglia di soldati italiani uccisi in una guerra di cui non sappiamo niente, era deciso a mandare inAfghanistan aerei da bombardamento e comunque ne ha comprati di nuovi senza badare al prezzo, nel periodo dei tagli orizzontali totali e dei Comuni rimasti a secco.

Notevole, per l’Italia, il fenomeno della immensa crisi finanziaria del mondo, che non ha mai colpito l’Italia, perché i ministri Tremonti e Brunetta – ci è stato detto da quasi tutti i telegiornali – hanno fatto scudo come il bambino olandese che argina l’inondazione tenendo il dito nel punto di rottura della diga. Ti dicono spesso che tutta l’Europa o, alternativamente, tutto il mondo apprezza, ammira o invidia pezzi pregiati del “governo del fare” italiano. Se fosse vero ci sarebbe traccia nella stampa internazionale e i nostri stessi eroici protagonisti verrebbero a sventolarci stampate di resoconti e tributi sull’Italia in Rete. Non lo fanno perché quasi ogni testo in Rete include fotografie non pubblicate in Italia, di eventi intorno allo stesso eroico protagonista della “politica del fare”. Erano (sono) eventi del fare, ma non di politica o di governo o di riforma. Riforma. Ecco la parola chiave della truffa che l’Italia ha subìto. A cominciare da chi ha votato e rivotato Berlusconi. Sono passati 17 anni da quando Berlusconi e la sua folla di Minzolini (deputati, senatori, ministri, giornalisti, veline) ha occupato l’Italia. Da allora abbiamo avuto due riforme. La prima ci ha consegnato una legge elettorale indecorosa e mutilata di una parte del potere democratico: la libertà di scegliere le persone da eleggere. La seconda, la cosiddetta riforma dell’università, è stata subito ritirata dall’aula di Montecitorio, per mancanza di “copertura”, ovvero di fondi.

La truffa è un tipo di reato che ha bisogno di complici involontari che cadono nella trappola. Purtroppo questa sorta di partner, indispensabile al compimento del delitto, c’è stato. Per esempio, in un giorno esemplare dell’aprile del 2010 sono accaduti, quasi insieme, i seguenti due fatti: l’opposizione ha fatto sapere che c’erano ormai “condizioni mature per riforme condivise”. La magistratura ha nuovamente incriminato Berlusconi Silvio “per appropriazione indebita e frode fiscale” (una delle tante imputazioni nella sua lunga carriera). Ma attenzione. Nel cielo della costernata informazione italiana, il 28 febbraio di quello stesso anno era passata – come in un film di Woody Allen – l’immagine incredibile di una “frode colossale”, una truffa da due miliardi di euro, tutta di regime (inizia nel 2003 ed è una immensa macchina di fatture false, sottrazione dell’Iva, riciclaggio, protagonista politico di punta il senatore Pdl Di Girolamo). Il commento dello statista Berlusconi, intorno a cui fanno quadrato, in queste ore, deputati e senatori decisi a tutto, tutte le sue televisioni tutti i suoi giornali, più il Tg1 ha avuto questo da dire: “Ormai viviamo in uno stato di polizia”.

Ma, come ho detto, la truffa, il vero principale reato di Berlusconi Silvio, ha bisogno delle vittime adatte. Si offre Enrico Letta il 9 aprile 2010: “Se mi si chiede di scommettere, punterei sul successo di questa stagione di riforme, perché ci sono tre anni di tempo, perché c’è l’interesse di tanti. E soprattutto perché gli italiani ci premieranno o ci puniranno in base a come finirà questa vicenda”. Purtroppo solo l’ultima parte della frase è vera. E allora, se arriva qualcuno che, per qualsiasi ragione, vede la truffa e lo dice (pur avvolgendola in strani e non sempre leggibili rituali) come fai a non pensare: finalmente!

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