Tra Sun Tzu e Fanfani. Umberto Bossi ribadisce di preferire le elezioni a un governo retto su pochi numeri. Il leader della Lega offre a Berlusconi la sua personale interpretazione dell'Arte della guerra, osservando che «Berlusconi combatte sempre, anche quando il combattimento prevederebbe la ritirata».
Meglio quindi fare un passo indietro e la citazione che non ti aspetti dal capo della Lega è per un cavallo di razza della dc, quell'Amintore Fanfani che oggi Bossi richiama come esempio di dimissioni di un presidente del Consiglio dopo un passaggio parlamentare. Anche perché, osserva, «in tempi di crisi economica, meglio stare all'opposizione». E allora, eccoci a quel «Fanfani che una volta ebbe la fiducia e poi si dimise lo stesso». Un consiglio per Berlusconi? «Io farei così», è la risposta di Bossi. «Se ti mancano i numeri - torna a sottolineare - poi tutte le volte devi andarti a cercare i numeri».
Senza contare, osserva Bossi tra il serio e il faceto, che «Berlusconi non è neanche capace di andarseli a comprare». Il fatto è che «Silvio è uno combattivo, sempre, anche quando il combattimento prevederebbe un'eventuale ritirata. Ma quella parola non è nel lessico di Berlusconi. Lui attacca sempre». Invece «se Berlusconi è saggio va al voto, e prendiamo un sacco di voti in più». Quanto a Fini, torna a dire, «ha paura, pensava che Berlusconi si inclinasse», e qui Bossi torna alla fisicità per sottolineare il concetto, inclinando il corpo come, appunto, qualcuno che traballi. Il Senatùr ostenta sicurezza anche sull'ipotesi di un governo tecnico: «Se Napolitano accettasse provocherebbe una reazione del Paese troppo forte», avverte il leghista: «Ma Il presidente della Repubblica è saggio».
A stretto giro arriva la replica di Fini: «Nessuna paura del voto, ma in questo momento le elezioni non servono al Paese». Intanto continua a far discutere il videomessaggio del presidente della Camera che qualcuno ha letto come una frenata. Dal fronte Fli Fabio Granata sgombra il campo da equivoci: «Se il percorso sarà quello di arrivare in Aula a maggioranza invariata e se, peggio ancora, continua questo tentativo di garantirsi una striminzita maggioranza numerica, senza tenere contro della grande questione politica posta da Fini, non potremmo che votare la sfiducia. Abbiamo ritirato la delegazione dal governo e ci comporteremo di conseguenza con la sfiducia». Nessuna «marcia indietro», quindi. Semmai un «appello a tutti quelli che credono nel progetto di Futuro e Libertà», ribadisce Della Vedova intervistato da
Ma dal Pdl, scosso dalle voci pubblicate dal Giornale sull'intenzione del Cavaliere di lanciare un nuovo partito, mettono i paletti e incalzano i finiani: «Sono nella terra di nessuno e si stanno rendendo conto che lo squadrismo mediatico non rende niente. Devono decidere con chi stare», così Cicchitto. Per Cicchitto, i finiani hanno «messo in moto una deriva che li sta portando mille miglia lontano dal centrodestra» e adesso «stanno vivendo una contraddizione politica di fondo» tra chi «ha assimilato un armamentario giornalistico-culturale connotato dall' antiberlusconismo, dal giustizialismo e anela un' alleanza con la sinistra che dia luogo a un grande cartello, una sorta di Cln rovesciato» e chi «si sente di centrodestra, che crede in Fini ma non ha rotto con Berlusconi e adesso si trova di fronte alla scelta definitiva» di far cadere o meno il governo. Il quotidiano di Feltri e Sallusti scrive oggi di un «predellino bis» con Berlusconi che «sarebbe tentato di "rottamare" il Popolo della Libertà e dar vita a qualcosa di innovativo». Per il Giornale «resta il mistero sul nome», ma «quel che è certo è che al premier Popolo della Libertà non piace più. Lo trova poco diretto, poco efficace, poco immediato». «Non è del tutto escluso - scrive il quotidiano - che la formula Forza Italia venga in qualche modo riesumata».
venerdì 19 novembre 2010
Strappo di Bossi: "Al voto comunque Napolitano dirà no a governo tecnico"
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