L’opposizione voterà la mozione di Futuro e Libertà sulla Rai
di Caterina Perniconi
Così ieri è arrivato in Parlamento il primo dei cavalli di Troia pronti a indebolire definitivamente il governo in vista del voto di fiducia del 14 dicembre.
L’approvazione della mozione, prevista entro giovedì, sarebbe un bel pugno in faccia per Berlusconi. E tutte le opposizioni hanno intenzioni di appoggiarla: “L’informazione della Rai – si legge nella mozione – non soddisfa oggi, né secondo criteri quantitativi, né secondo quelli qualitativi, i requisiti di imparzialità, completezza, correttezza e lealtà richiesti alla concessionaria del servizio pubblico”. In particolare “la principale testata giornalistica della Rai, il Tg1, partecipa al dibattito politico e istituzionale a sostegno di determinate posizioni o proposte legislative”. Inoltre “il direttore generale della Rai, interpretando il suo ruolo ben oltre i limiti previsti dalla legge, è giunto ad avocare una responsabilità sostanzialmente esclusiva sui programmi di informazione e approfondimento politico, secondo criteri chiaramente ispirati a valutazioni di opportunità politica e non al rispetto degli obblighi connessi al servizio pubblico di informazione”. Ma quello dei finiani non sarà l’unico documento sulla Rai che i deputati saranno chiamati a votare. C’è anche una mozione proposta da tutte le opposizioni – per la prima volta unite sul tema – che come spiega Giuseppe Giulietti, uno dei deputati promotori, “va oltre la critica a Masi e Minzolini e chiede che l’Italia diventi un paese europeo per quanto riguarda la gestione dell’azienda e il conflitto d’interessi. Mi auguro che come noi voteremo il documento di Fli, loro votino il nostro”.
Le mozioni non hanno valore vincolante, ma costituiscono un forte segnale politico. La settimana parlamentare prevede anche voti che potrebbero decretare la fine, almeno in termini numerici, del governo. Eppure la strategia degli uomini del presidente della Camera è tutta politica. Il tentativo è quello di restare compatti, assecondando le volontà dell’esecutivo (e quindi quelle dei moderati al loro interno), per arrivare uniti al 14 dicembre e costringere a quel punto le “colombe” a votare la sfiducia “senza eccezione alcuna”. Chi è sicuro di non dare ulteriore fiato e questo governo è l’Udc. “Noi siamo un partito di opposizione – ha dichiarato il leader Pier Ferdinando Casini – è chiaro che il 14 dicembre non diamo certo la fiducia al governo Berlusconi. Ma per me è importante quello che succede il
UNIVERSITÀ. Intanto è cominciata ieri la discussione plenaria sulla riforma proposta dal ministro Mariastella Gelmini, uno dei pochi risultati che l’esecutivo potrà vantare nella legislatura, non certo come nota di merito. In aula si sono susseguiti gli interventi dei deputati di tutti gli schieramenti e non sono mancate critiche, dalla Lega all’Udc. Eppure gli unici che possono mettere in discussione una legge che pretende di cambiare il sistema universitario a colpi di tagli anziché investendo sulla cultura, sono ancora i finiani. Ma i due emendamenti che Fli giudica “vincolanti” per il voto prevedono degli stanziamenti minimi che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha già previsto di poter sborsare per garantire la riforma. E la fiducia nell’accordo traspariva dalla serenità del ministro Gelmini durante la replica di ieri. La richiesta di Fli sono 70 milioni per il ripristino degli scatti stipendiali delle fasce più basse e il finanziamento per i concorsi per i ricercatori. I precari, invece, resteranno tali e molti perderanno il posto a causa dei tagli alla ricerca e ai finanziamenti che verranno solo parzialmente risanati nel decreto milleproroghe.
CALDEROLI. Oggi a Montecitorio si discuterà anche la mozione di sfiducia al ministro per
BONDI. Sulla sfiducia al ministro per i Beni culturali, invece, nel gruppo finiano non c’è accordo. La votazione è prevista per la prossima settimana e c’è chi, come Fabio Granata, vorrebbe bocciare un ministro “non all’altezza della situazione”. Eppure anche in questo caso potrebbe prevalere la logica politica. “Che senso ha – spiega Della Vedova – sfiduciare un ministro quando tra meno di un mese si voterà rispetto a tutto il governo?”. Cosa succederà il 14 dicembre, quindi, sembra chiaro. Più difficile ipotizzare cosa avverrà il giorno successivo.
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