di Marco Travaglio
Uno degli spettacoli più irresistibili dalla morte di Totò sono i preparativi per le primarie del Pdl. Naturalmente le primarie sono un fenomeno altamente democratico e non saremo certo noi a delegittimarle. Ma in Italia assumono sempre un che di comico.
Il Pd, che le ha istituzionalizzate nel suo statuto, è quasi sempre riuscito a perderle, nel senso che il suo candidato viene quasi regolarmente scavalcato dall’altro, che non ha niente di speciale se non l’indubbio vantaggio di non essere il candidato del Pd.
Le rare volte che vince il candidato del Pd, come nel caso di Cozzolino a Napoli, è perché le primarie sono truccate (a giudicare dal numero di votanti cinesi, si sarebbe detto che Napoli sorgesse nella regione dello Yangshu).
Ora però che vi si cimenta anche il Pdl, il divertimento raddoppia. Un partito che ha tenuto, nelle sue varie reincarnazioni, tre-congressi-tre in 17 anni, peraltro conclusisi con l’elezione per acclamazione di Silvio Berlusconi a Presidente Capo Imperatore Conducator Caro Leader Maximo Papa Padreterno, e che ora ha eletto il suo segretario unico (Angelino Jolie) per investitura diretta del Padrone, appare un tantino impreparato all’appuntamento con la democrazia. Infatti il padrone si è subito detto non del tutto contrario, ma solo a patto che regole severe impediscano agli odiati comunisti di “infiltrarsi” nella consultazione per alterarne gli esiti.
Ora, a parte il fatto che, ammesso e non concesso che il Pd organizzasse la suddetta infiltrazione, riuscirebbe a far rieleggere Berlusconi senza volerlo (o forse volendolo), vien da sorridere al solo immaginare una regola che possa impedire ad elettori di altri partiti di partecipare alle primarie Pdl.
Come si distingue un elettore del centrosinistra da uno del centrodestra? Dalla faccia? Dal conto in banca? Dal colore dei vestiti e dei capelli? E se un elettore non sapesse ancora per chi votare e decidesse comunque di dire la sua sul leader del Pdl?
L’unica soluzione potrebbe essere quella di aprire la consultazione esclusivamente ai miliardari di sesso maschile e bassa statura con sei processi a carico e sei capelli catramati il cui nome comincia per S e il cognome per B che si presentino al seggio circondati di mignotte possibilmente minorenni. Ma persino Ostellino e Galli della Loggia, in quel caso, troverebbero qualcosa da obiettare. Giuliano Ferrara, che è molto intelligente, e anche molto filiforme, e porta anche buono, incita il padrone a gettarsi in alto mare: scrive sul Giornale che B. “è ancora alternativo, sia per il suo movimento popolare sia per il governo del Paese”.
Però ultimamente lo trova un po’ giù di tono e allora ecco l’idea geniale: si candidi alle primarie aperte perché, dopo una strenua battaglia testa a testa con i vari Jolie, Frattini Dry, Brunetta, Gelmini, Gasparri, Calderoli e altri statisti di fama mondiale, potrebbe addirittura “vincere la competizione”.
L’esito è terribilmente incerto, anche perchè B. l’affronterebbe con il solito svantaggio mediatico, ma ce la può fare (magari pregando Ferrara di sostenere qualcun altro).
Intanto Libero ha bruciato tutti sul tempo e ha lanciato le primarie tra i suoi lettori, invitandoli a scegliere in una lunga lista di pretendenti al trono (tranne uno: B.). Gli 88 mila votanti hanno espresso un’ampia preferenza per il sagace Alfano (22%), seguito da ‘Gnazio
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