di Stefano Boeri
Caro Travaglio, ho letto e riletto con attenzione il suo fondo di mercoledì sul Fatto Quotidiano a proposito di Expo, del mio ruolo nella giunta di Milano come assessore all’Expo e di un presunto conflitto d’interesse – “non di soldi, ma d’immagine e di gloria personale” – in questa vicenda, così complessa e cruciale per il futuro della città.
Non vorrei che alimentassimo una grande confusione sul concetto di conflitto d’interesse. Un concetto che, purtroppo, abbiamo imparato a conoscere molto bene nella vita politica italiana recente e che si fonda su un vantaggio potenziale di ordine personale. Il conflitto di interesse non è insomma una categoria dello spirito: o c’è o non c’è.
Ha certamente senso denunciare come conflitto d’interesse l’occupazione di un incarico pubblico da parte di una persona che da quell’incarico può ricavare vantaggi economici, nuovi affari, proroghe di concessioni, incarichi professionali, appalti e commesse.
Non può averlo se si denuncia un conflitto d’interesse per il solo fatto che – come nel mio caso – un professionista abbia lavorato come consulente su un progetto per un committente come la società Expo e poi, successivamente, cinque mesi dopo aver concluso quel lavoro, abbia scelto di impegnarsi in politica per la propria città. Anzi: se ho scelto di impegnarmi in politica in prima persona e se ho accettato di fare l’assessore è anche in forza dell’esperienza che ho fatto come architetto e consulente del Masterplan di Expo 2015.
La scelta di quel progetto, la sua declinazione, la condivisione con gli architetti Herzog, Burdett e Mcdonough – con il contributo di Carlin Petrini, Presidente di Slow Food, e di Claudia Sorlini, Preside della Facoltà di Agraria di Milano – sono state fin dall’inizio scelte culturali con una forte valenza politica.
L’idea dell’Orto planetario-parco agroalimentare è partita, infatti, dalla volontà di declinare il tema di Expo-Nutrire il pianeta, energia per la vita – rispettando innanzitutto la natura agricola dei terreni dove si svolgerà la manifestazione. Con quel Masterplan, peraltro redatto e firmato non dalla Consulta di architetti di cui facevo parte ma dall’ufficio tecnico della società Expo 2015, è stata proposta un’idea di sviluppo per il futuro di Milano, che ha al suo centro la terra da coltivare e non un terreno da riempire di cemento.
E allora quale sarebbe il conflitto d’interesse fra il Boeri architetto coautore di quel progetto e l’attuale assessore all’Expo Boeri? Forse il fatto che – avendo eliminato ogni possibilità di vantaggio economico o professionale – ho ritenuto di portare con me, nella sfera politica, un’idea di interesse generale che guarda alla città e al suo futuro? Un’idea che si oppone al fatto che interessi privati siano finanziati da denaro pubblico? Stiamo dicendo che un’idea elaborata in una sfera tecnica o professionale non può essere trasportata in quella politica? Che un professionista, o un tecnico, un intellettuale, pur avendo eliminato ogni dubbio di conflitto materiale di interesse, non può portare nella politica i suoi valori, i suoi principi, le sue idee? Sarebbe come affermare che non potrei sostenere in alcuna sede politica, senza incorrere nel rischio di incarnare un conflitto d’interessi, un progetto in cui ho creduto e credo moltissimo come “Metrobosco”, che creerebbe intorno alla città una cintura verde con tre milioni di nuovi alberi, per il solo fatto che ho contribuito a elaborarlo.
In questa vicenda non c’è gloria per me, c’è piuttosto l’ossigeno di una politica che torna a praticare l’interesse pubblico. Una politica che ha bisogno di assorbire nuove idee dalla società.
Le garantisco che baratterei volentieri la “soddisfazione personale” di veder realizzato il progetto degli “orti planetari”, a cui con altri ho contribuito, con la garanzia che quello spazio non diventi un altro, inutile quartiere di uffici e case alla periferia di Milano.
Il mio impegno sarà soprattutto questo, ascoltando prima di ogni altra la voce della città, che peraltro si è già espressa con gli oltre 450 mila voti del referendum a favore del mantenimento del parco agroalimentare del 12/13 giugno scorso. E se martedì scorso non ho rimesso la mia delega su Expo è proprio perché credo che, nonostante la firma di quell’accordo, Milano possa ancora far prevalere la volontà emersa dal referendum.
Infine, credo sia utile ricordare che una delle novità più importanti – anche se meno appariscente – del cosiddetto “maggio milanese”, o “rivoluzione arancione”, è stata la generosità. Quella dei cittadini che hanno ritrovato voglia e passione nella politica e nell’impegno concreto e anche quella di chi si è messo a disposizione senza contropartite economiche, prospettive di affari o di poltrone ben retribuite. Vale per me, che per escludere potenziali – ancorché improbabili – conflitti di interesse ho lasciato la direzione del mensile Abitare, sospeso ogni attività professionale sul territorio lombardo, interrotto l’insegnamento universitario al Politecnico; ma vale anche per il sindaco Giuliano Pisapia e i membri della nuova giunta, che stanno lavorando bene e a tempo pienissimo per il presente e il futuro di Milano.
Gentile assessore, La ringrazio di aver risposto alle mie obiezioni con pacatezza e precisione. Però insisto: siccome – l'ho scritto e dunque lo penso – il suo progetto dell’“orto planetario” mi pare di gran lunga più auspicabile dell'ennesima colata di cemento modello Formigoni-Moratti-costruttori purtroppo avallato dal “nuovo” sindaco Pisapia, continuo a pensare che nominarLa assessore all'Expo non sia stata una buona idea.
Penso che, per sostenere con la massima energia la bontà di quel progetto, ci vorrebbe qualcuno con le mani e la testa più libere dal legittimo interesse a vederlo realizzato che Lei porta come coautore del progetto stesso. Il Suo peso, professionale e anche elettorale, all'interno della giunta per una politica più attenta all'ambiente e meno agli interessi forti avrebbe potuto esercitarlo più efficacemente da una posizione diversa, lasciando la delega su Expo a qualcuno che condividesse il progetto dell’“orto” e la filosofia urbanistico-ambientale retrostante, senza esservi mai stato coinvolto ad alcun titolo. Ma ormai la frittata è fatta e mi auguro che il compromesso, secondo me al ribasso, accettato da Pisapia con Formigoni trovi in Lei uno strenuo oppositore, non solo nelle segrete stanze della giunta, ma anche in pubblico.
La “nuova politica” che molti milanesi hanno sperato di inaugurare un mese fa non può nutrirsi di unanimismi di facciata, né di scazzi nelle segrete stanze, ma deve vivere di battaglie aperte, anche molto polemiche quando investono il futuro della città.
(m.trav.)
1 commento:
... e Stefano Boeri è sistemato!
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