Gli italiani piangono miseria, gli onorevoli ridono Svaniscono i tagli agli stipendi d’oro
di Marco Palombi
“È una porcata, una falsa velina e Libero non ha capito nulla di quel che è successo”. Francesco Sanna è un senatore del Pd, vicino ad Enrico Letta per i curiosi, e si è ritrovato in prima pagina sul quotidiano di Maurizio Belpietro per aver proposto una sorta di emendamento alla manovra che salva gli stipendi della casta. La faccenda sta in un modo un po’ diverso: mentre alzavano le tasse a tutto spiano, governo e maggioranza hanno effettivamente depotenziato i tagli alla politica – peraltro già previsti per la prossima legislatura, quasi letteralmente “a babbo morto” – inseriti nella manovra, ma non come racconta il giornale di centrodestra. Andiamo con ordine. Cosa c’era scritto nell’articolo a firma Franco Bechis? I parlamentari si sono alzati gli stipendi grazie a un codicillo proposto da un senatore del Pd (Sanna, appunto) inserito in un “parere vincolante” della commissione Affari costituzionali durante una seduta notturna, “a telecamere spente”.
In sostanza, invece di pagare i politici secondo la media europea, si introduce il criterio della consistenza demografica dei vari Paesi: “Così il rischio è che l’indennità venga aumentata di 200-300 euro”, scrive Libero.
Come detto, non è esatto: intanto il parere di una commissione non ha alcun effetto se non viene recepito con un emendamento da quella Bilancio, che “agisce” sul testo. In secondo luogo la discussione a cui si fa riferimento è avvenuta mercoledì mattina e non in notturna. In terzo luogo l’opposizione, tutta, ha votato contro quel parere, appoggiando invece – tutta – le successive “osservazioni” della commissione: tagliare “i costi della politica in modo più esteso, profondo e tempestivo”, vi si legge tra l’altro, anche accorpando e riducendo il numero di Province e Comuni. “Questa è la posizione del Pd”, fanno sapere sia dal gruppo del Senato che dal partito.
Resterebbe, allora, il ruolo di “suggeritore” attribuito a Sanna e certificato dal resoconto della seduta presente sul sito del Senato: rispetto al decreto – che prevede che tutto il trattamento economico dei parlamentari venga rivisto sulla base della media europea calcolata da una commissione con a capo il presidente dell’Istat – Sanna “propone che si tenga conto dei necessari fattori di ponderazione, con particolare riguardo alla consistenza demografica” .
“Guardi – spiega il senatore democratico – sul mio sito ci sono tutti i materiali. Io ho fatto le proposte del Pd: tagli operativi dal 1° gennaio, abolizione del vitalizio, che è il vero scandalo, e passaggio al sistema contributivo, diminuzione reale di auto e voli blu. Quella sulla demografia non era nemmeno una proposta: io sostengo che nella legge di Tremonti non c’è un criterio di scelta e quindi i tecnici non potranno fare nulla. Per questo ho detto alla maggioranza ‘scegliete un criterio, ad esempio quello demografico’: prendiamo i diciassette Paesi dell’area euro di cui parla il decreto, li pesiamo demograficamente e facciamo la media. Assumiamo il valore di quanto spende il popolo europeo per le sue istituzioni e facciamo la media. Non credo che la spesa aumenterà”.
La maggioranza l’ha presa sul serio e ha inserito la sua proposta nel parere. “Insisto: non era una proposta studiata, ma un esempio. E comunque noi e le altre opposizioni abbiamo votato contro il parere. Questo è quello che è successo, mentre Libero fa un’operazione politica: dimostrare che siamo tutti uguali. E non è così”.
La porcata, però, esiste davvero e se la sono cucinata maggioranza e governo in commissione Bilancio del Senato (sempre di mattina, peraltro): il nuovo testo – ieri divenuto legge – prevede che per fare media non si useranno più i trattamenti economici dei 17 Parlamenti dell’area euro, ma solo quelli dei “sei principali” con una scelta “ponderata rispetto al Pil”. Insomma, i Paesi più importanti e ricchi, che quindi hanno costi per parlamentare in linea coi nostri.
Un dossier del servizio studi della Camera, infatti, ha dimostrato – comparando sistemi diversissimi – che il trattamento economico complessivo dei nostri eletti (i famosi 17 mila euro) è in linea con quanto avviene proprio nei più grandi Paesi europei.
Le vere anomalie italiane sono due: qui i soldi per gli uffici, i collaboratori o i viaggi non hanno alcun bisogno di rendicontazione e quindi possono essere messi in tasca anche se non si spendono; il vitalizio, almeno in questa forma indecente.
Altra faccenda, invece, è il costo complessivo del Parlamento – altissimo: 1,7 miliardi l’anno – e il numero di onorevoli a cui bisogna pagare lo stipendio: c’è da scommettere, però, che né un bilancio magro per Camera e Senato, né un ddl che taglia le poltrone parlamentari arriveranno presto all’ordine del giorno.
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