L' indice Vix, che misura le attese degli investitori sulla volatilità della Borsa di New York nei prossimi 30 giorni, è salito martedì a 48, tre volte il valore di inizio luglio. Non è l'80 dei giorni del fallimento della Lehman, ma a parte quell'episodio è il valore più elevato da anni. Nulla meglio di questo numero spiega ciò che sta accadendo nei mercati: un improvviso aumento dell'incertezza. Che cosa è cambiato in quattro settimane?
Che dopo una crisi finanziaria la ripresa fosse lenta non è una novità. Lo abbiamo imparato dal libro di Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart («This time is different», Princeton University Press, 2009) o semplicemente osservando il Giappone dopo la crisi della fine degli anni Ottanta. Che la ripresa lenta di Europa e Stati Uniti fosse in parte compensata dalla grande vitalità delle economie dei Paesi emergenti, continua a essere vero.
Le imprese, soprattutto quelle americane, macinano profitti e raramente sono state tanto liquide: se non investono è per via dell'incertezza sull'economia, non perché manchino le risorse per finanziare nuovi progetti. Né è una novità che l'invecchiamento della popolazione metta a rischio nel mondo occidentale i conti pubblici. E neppure è una novità che da oltre un decennio la nostra economia non cresca e che ciò sia la maggior preoccupazione di chi ha prestato denaro al Tesoro italiano.
E allora perché improvvisamente tanta incertezza? A mio parere il motivo lo ha spiegato Alberto Alesina sul Corriere dell'8 agosto: la percezione che non vi sia una chiara leadership politica. Ciò che manca è «il riconoscimento della gravità della situazione e la dimostrazione di voler e saper affrontare i problemi con urgenza e non rimandarli, ovvero un atteggiamento di lungimiranza al di là delle scadenze elettorali».
Pesa l'assurda discussione americana sul tetto al debito, e in Europa, il non aver ancora dato seguito alle decisioni del vertice di Bruxelles di luglio, in particolare non aver ancora modificato le regole operative del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (EFSF). E così il peso di evitare un collasso cade tutto sulle spalle delle banche centrali:
Anche nell'autunno del 2008, dopo Lehman, furono le banche centrali a «salvare il mondo». Ma i loro interventi furono presto accompagnati da una risposta politica forte, disegnata negli incontri del G7 di Washington e del G20 di Londra.
I mercati sanno bene che le banche centrali possono offrire un sollievo solo temporaneo. Non possono risolvere né i problemi della crescita, né quelli dell'invecchiamento. E rispetto a tre anni fa le loro armi oggi sono spuntate. La crisi è quindi nelle mani dei governi. Se non intervengono rapidamente e in modo credibile, a questi livelli del Vix le economie occidentali entrano in stallo.
Francesco Giavazzi
Francesco Giavazzi
11 agosto 2011
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