LA METAMORFOSI DEL
PROFESSORE: SCHERZA E NON RISPONDE ALLE DOMANDE
di Luca Telese
La prima battuta di Mario
Monti nella conferenza di fine anno arriva dopo un solo minuto, quando
dietro la scrivania austera di marmi opachi e noce scura, Enzo Iacopino, presidente dell’ordine dei giornalisti, gli regala
un tesserino onorario amaranto. Lui sorride: “Per me è una promozione avendo
scritto tre o quattro articoli su qualche giornale, anni fa, avevo quello da
pubblicista...”.
Poi però non si ferma più, molto più simile al suo imitatore Maurizio Crozza che a Carlo Azeglio Ciampi: “Parlerò dello spread, forse avrete già sentito questo termine”. Oppure: “Conosco anche io un minimo di economia”. O anche: “Ottimo interrogativo. Mi ponga la stessa domanda alla fine del prossimo anno”. O addirittura, quando gli chiedono se sia vero il vertice del tunnel: “Anche questo quesito, rivela quanto sono profonde le vostre domande”. Ci sono i ministri in prima fila, c’è Piero Giarda appoggiato a una parete, applausi a scena aperta. È nata una stella.
Poi però non si ferma più, molto più simile al suo imitatore Maurizio Crozza che a Carlo Azeglio Ciampi: “Parlerò dello spread, forse avrete già sentito questo termine”. Oppure: “Conosco anche io un minimo di economia”. O anche: “Ottimo interrogativo. Mi ponga la stessa domanda alla fine del prossimo anno”. O addirittura, quando gli chiedono se sia vero il vertice del tunnel: “Anche questo quesito, rivela quanto sono profonde le vostre domande”. Ci sono i ministri in prima fila, c’è Piero Giarda appoggiato a una parete, applausi a scena aperta. È nata una stella.
NON CI SAREBBE nulla di male, se oltre
all’ironia e a una generosa dote di autostima che lo colloca al centro della
storia contemporanea (“Se crolla l’Italia crolla l’economia del mondo”), Monti non avesse brillantemente e sistematicamente eluso
quasi tutti i 24 quesiti che gli sono stati posti.
Ha dato spettacolo: ma se fosse stato l’esame di un suo
studente, forse non avrebbe raggiunto la sufficienza. Persino sulla spread,
malgrado un momento-cult in cui siamo passati prodigiosamente dalle lavagne
magiche di Berlusconi a casa Vespa, alla liturgia dello spread, con tanto di
diagramma in retro-proiezione ha evitato la domanda delle domande. Quale
dovrebbe essere – gli chiedono – il livello giusto dello differenziale tra
titoli italiani e tedeschi? E lui: “Non c’è una risposta. L’economista dice che
è il mercato a stabilire il prezzo giusto”.
Però, mentre illustra il grafico, è davvero meraviglioso
l’intrico teologico-economico che il premier sottintende (ma nemmeno troppo)
fra la crisi dei nostri tassi di interesse e la cronaca politica recente: “La
guglia massima è stata toccata un giorno che ricordo bene per la telefonata in
cui il presidente Napolitano mi annunciava una nomina”. Il 9 novembre, la
nomina era a senatore a vita.
Quella
del presidente del Consiglio è una metamorfosi. Non la prima, certo, ma una
delle più rapide e sorprendenti della storia politica italiana, e tutt’ora in
corso. Come Romano Prodi, come Massimo D’Alema, come Fausto Bertinotti: la politica logora chi la fa (ma lo
compiace assai). Il tecnico algido sta diventando un po’ piacione. Alla fine
della conferenza stampa, che inizia alle 12.10 e finisce un’ora dopo il
previsto, Monti di battute ne farà addirittura sedici: quelle di Silvio
Berlusconi quasi sempre erano grossolane e facevano ridere solo lui (o Sandro
Bondi). Quelle montiane sono molto argute, anche se spesso non si capiscono.
Eppure, tornando a palazzo Chigi, dalla sala stampa della Galleria Alberto
Sordi c’è stato un bagno di folla in cui il premier, applaudito e inseguito, si
è spinto ben oltre le colonne d’Ercole della sua abituale glacialità
professorale: è arrivato fino a baciare un bambino sorretto da una autentica
mamma napoletana (non era una figurante). A una turista sudcoreana, che lo
guardava stupita ha nientemeno sorriso: “Where are you from?”. Sublime.
LE
BATTUTE, dunque. Anche cattivelle, a dire il vero: “Come sottolineano i
colleghi economisti di cui non trovo il ritaglio stampa…”. Si tratta ovviamente
di due professori che Monti conosce molto bene perché lo cannoneggiano dalle
colonne del Corriere della Sera, Francesco
Giavazzi e Alberto Alesina (Tiè). Ma vuoi mettere la scenetta?
Si vendica anche citando positivamente la risposta di Sergio Romano a un lettore (un
professore, guarda caso, di Diritto tributario): “Il giornalista ambasciatore
tanto nessuno capisce chi è...”.
E poi gli anglicismi a
pioggia, i dialoghi con il presidente (tedesco) della stampa parlamentare,
trasformato in un cerimoniere ambasciatore. E anche le piccole deliziose gaffe, come quando confonde i diagrammi, o non trova gli appunti che
il fido Paolo Peluffo – paonazzo e
serafico – gli porge: “Ma dov’è quell’appunto della Fornero?”. Niente, non si
trova: “Allora, presidente – dice chiedendo il soccorso di Iacopino – mi faccia
un’altra domanda”.
CERTO, il cambiamento c’è. Siamo passati dalla “Patonza che
deve girare”, alle deliziose discettazione sul “midtermismo” (che noi italofoni
potremmo tradurre “respiro corto”).
Il vocabolario internazionale irrompe impetuoso come per voler
riscrivere quello della stampa nazionale : “Good point!”, esclama a un
giornalista del Wall Street Journal per dire che gradisce la (dura) domanda.
Poi parla del credit crunch, ovviamente del “Long term”, del
“trade off” e delle “best practice”, e addirittura del noto “Surfing degli
italiani”.
Il Cavaliere raccontava barzellette, lui si esercita nell’ironia
– anzi, scusate – i bocconiani direbbero: nell’understatement. E quanta autocelebrazione c’è nel definirsi: “Sono stato considerato il più tedesco
tra gli economisti italiani”. E subito dopo aggiungere – altra battuta!
– “E non tutti quelli che usavano questa definizione la intendevano come un
complimento”.
Cita un editoriale della Washington
Post sull’Italia (ma in realtà è su di lui). E uno sulla Suddeutsche Zeitung secondo cui è il
“genero ideale”. Motivazione: “Perché parlo poco, vesto in modo serio e banale
e non sono molto rumoroso”. Chissà che il vero momento verità, per capire
l’enigma che passa per la testa di Monti sia quando gli scappa una parafrasi di
Rino Formica: “Viviamo in un mondo di carne ossa e denaro, e non solo di
principi”. Ce ne eravamo accorti, professore (battuta).
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