«Dovunque c’è un affamato, uno straniero, un ammalato, un
carcerato, lì c’è Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro
aiuto». Lo ha detto il Papa nel discorso ai detenuti del carcere romano di Rebibbia, che lo hanno accolto con grande
entusiasmo e grida di «Viva il Papa».
«Vorrei potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno - ha detto Ratzinger ai detenuti di Rebibbia - ma non mi è possibile; sono venuto però a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito».
Il «sovraffollamento e il degrado - ha incalzato Ratzinger - possono rendere ancora più amara la detenzione» e perchè i detenuti non debbano scontare «una "doppia pena"» il Papa chiede alle «istituzioni» di verificare «strutture, mezzi, personale» in relazione alle «esigenze della persona umana», con anche ricorso a «pene non detentive». «So che il sovraffollamento e il degrado delle carceri - ha detto il Papa davanti ai circa 300 detenuti nel carcere di Rebibbia - possono rendere ancora più amara la detenzione: mi sono giunte varie lettere di detenuti che lo sottolineano. È importante che le istituzioni promuovano un’attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale, in modo che i detenuti non scontino mai una "doppia pena"; ed è importante promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione».
Rispondendo alle domande dei detenuti, Benedetto XVI ha auspicato «che il governo abbia la possibilità di intervenire per migliorare la vostra condizione. Il ministro della giustizia ha presente la vostra realtà, e quindi sono convinto che il nostro governo farà il possibile, farà di tutto per costruire una giustizia che vi aiuti a tornare nella società».
Ad accogliere il Santo Padre al carcere di Rebibbia il ministro della Giustizia Paola Severino, che ha letto al Pontefice alcuni passaggi della lettera di un detenuto: «Se aiuteremo la barca di nostro fratello ad attraversare il fiume, anche la nostra barca avrà raggiunto la riva». «Santità - aggiunge - «commentare una lettera di questo genere non potrebbe che sminuirne i contenuti». Si tratta di poco più di una paginetta in cui «un mondo di sofferenza, solitudine, umiliazione» chiede «ascolto, comprensione, rispetto e soprattutto spirito fraterno», ma «senza pregiudizi o falsi moralismi». Per non perdere la «forza di vivere».
«Da tempo - ha proseguito Paola Severino - ci confrontiamo con dati che testimoniano una situazione di eccezionale difficoltà e disagio e siamo ben consapevoli che tali dati sintetizzano in aride quantificazioni numeriche la terribile condizione di persone che racchiudono nel loro cuore esperienze, sofferenze, speranze». «Il sistema della giustizia - ha proseguito - deve puntare su riparazione e rieducazione. Pertanto - ha concluso - la custodia cautelare in carcere deve essere disciplinata in modo tale da rappresentare una misura veramente eccezionale».
«Vorrei potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno - ha detto Ratzinger ai detenuti di Rebibbia - ma non mi è possibile; sono venuto però a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito».
Il «sovraffollamento e il degrado - ha incalzato Ratzinger - possono rendere ancora più amara la detenzione» e perchè i detenuti non debbano scontare «una "doppia pena"» il Papa chiede alle «istituzioni» di verificare «strutture, mezzi, personale» in relazione alle «esigenze della persona umana», con anche ricorso a «pene non detentive». «So che il sovraffollamento e il degrado delle carceri - ha detto il Papa davanti ai circa 300 detenuti nel carcere di Rebibbia - possono rendere ancora più amara la detenzione: mi sono giunte varie lettere di detenuti che lo sottolineano. È importante che le istituzioni promuovano un’attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale, in modo che i detenuti non scontino mai una "doppia pena"; ed è importante promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione».
Rispondendo alle domande dei detenuti, Benedetto XVI ha auspicato «che il governo abbia la possibilità di intervenire per migliorare la vostra condizione. Il ministro della giustizia ha presente la vostra realtà, e quindi sono convinto che il nostro governo farà il possibile, farà di tutto per costruire una giustizia che vi aiuti a tornare nella società».
Ad accogliere il Santo Padre al carcere di Rebibbia il ministro della Giustizia Paola Severino, che ha letto al Pontefice alcuni passaggi della lettera di un detenuto: «Se aiuteremo la barca di nostro fratello ad attraversare il fiume, anche la nostra barca avrà raggiunto la riva». «Santità - aggiunge - «commentare una lettera di questo genere non potrebbe che sminuirne i contenuti». Si tratta di poco più di una paginetta in cui «un mondo di sofferenza, solitudine, umiliazione» chiede «ascolto, comprensione, rispetto e soprattutto spirito fraterno», ma «senza pregiudizi o falsi moralismi». Per non perdere la «forza di vivere».
«Da tempo - ha proseguito Paola Severino - ci confrontiamo con dati che testimoniano una situazione di eccezionale difficoltà e disagio e siamo ben consapevoli che tali dati sintetizzano in aride quantificazioni numeriche la terribile condizione di persone che racchiudono nel loro cuore esperienze, sofferenze, speranze». «Il sistema della giustizia - ha proseguito - deve puntare su riparazione e rieducazione. Pertanto - ha concluso - la custodia cautelare in carcere deve essere disciplinata in modo tale da rappresentare una misura veramente eccezionale».
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