RAFFAELLO MASCI
Guido Crosetto, deputato del Pdl, ci dicono che lei ha preso in mano i giornali, ieri mattina, e ha cominciato a inveire, leggendo i titoli sul mancato taglio degli stipendi ai parlamentari. Giusto?
«Sì, e forse ho anche ecceduto nel linguaggio, ma credo di averne avuto motivo. Io non voglio uscire per la strada e sentirmi insultare solo perché ho deciso di fare politica ed essere stato democraticamente eletto. Chiaro?».
Ammetterà che ai cittadini è arrivato un segnale pessimo: l’Italia è in crisi e questi cercano un cavillo per non ridursi lo stipendio?
«E’ arrivato quel segnale lì, perché voi giornali l’avete fatto arrivare in quel modo. Le cose non stanno così. Il governo Berlusconi aveva già messo in manovra, ad agosto scorso, la revisione degli emolumenti ai parlamentari e aveva incaricato una commissione, presieduta dal professor Giovannini, di fare uno studio comparativo con gli altri paesi europei. Dopo di che si sarebbe proceduto. Certamente. Assolutamente. Perché la manovra era regolarmente passata in parlamento»
Onorevole, quello era il libro delle buone intenzioni. Poi la commissione Giovannini non ha concluso il lavoro né lo concluderà entro i tempi dati e quindi tutto viene spostato più in là. Rinviare, in questo Paese, vuol dire non fare, lei lo sa benissimo. Che cosa doveva capire la gente?
«Quello è stato il primo errore: rinviare. Sa quante volte, sia io che altri colleghi abbiamo sollecitato a fare presto? Questa storia delle retribuzioni dei parlamentari non può andare avanti così, perché la gente si arrabbia sempre di più, e l’ira collettiva non la governi più. E poi c’è un secondo errore: quello del governo che non può annunciare un decreto nel decreto. Se intende agire che agisca, altrimenti basta».
E sistemare la questione retribuzioni quando si era messa mano ai vitalizi, alcune settimane fa, non poteva essere una soluzione?
«Non si poteva, perché c’era la commissione Giovannini già al lavoro. Ma la verità è che a una comparazione degli stipendi nostri con quelli dei colleghi europei ci saremmo accorti che i dati sono abbastanza uniformi, anzi che forse noi, al netto, prendiamo anche qualcosa di meno. E questo è impossibile da spiegare alla gente che è infuriata».
Lei è veramente sicuro di prendere meno dei suoi colleghi europei?
«Chi vuole vedere i miei conti si faccia avanti, non ho segreti. Mi accreditano sul conto 4.700 euro al mese. Sì, mi danno 3.700 euro di diaria, ma io sono di Cuneo e devo vivere a Roma. Mi danno 4.500 euro per la segreteria, ma io ad Alba ho una segreteria sul serio, con una segretaria che si chiama Giovanna. Mi danno e spendo. Altri colleghi che vivono a Roma, non hanno segretarie, prendono gli stessi soldi e non spendono. Bisogna ragionare anche di questo o no?».
Come ne veniamo fuori?
«Primo: cercando di stare calmi. Secondo: agendo subito, perché la gente ha la sensazione che stiamo facendo melina. Terzo: riformando gli stipendi dei parlamentari e di tutti gli eletti. Quarto: prendendo lo stipendio dei parlamentari come parametro per tutti gli stipendi pubblici. Perché non è possibile che ci si scandalizzi per quello che va a un deputato quando ci sono dirigenti statali che prendono il quadruplo».
Conclusione?
«Giovannini tiri fuori questi dati e se non lo fa che la Camera e il Senato chiudano la cosa entro la fine dell’anno. Perché io e i miei colleghi vogliamo tornare a testa alta tra i cittadini a occuparci dei loro problemi. Non di queste dispute».
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