martedì 20 dicembre 2011

Il diritto alla vivacità




di Marco Travaglio

Noi, sia chiaro, preferiamo una maggioranza forte e robusta che governi e un’opposizione combattiva e vigile che la controlli (l’esatto contrario della situazione attuale). Meglio qualche intemperanza e qualche scintilla di troppo che la morta gora del tutto va ben madama la marchesa.
Dunque saremmo pronti a dare ragione a Bobo Maroni, che in una lettera al Corriere risponde al monito di Massimo Franco, l’estintore-capo del Quirinale, contro la gazzarra inscenata dai leghisti in Parlamento contro Monti, Fini e Schifani, e rivendica il “diritto a una protesta vivace”.
Ma a due condizioni. Primo: Maroni ci dica chi gli ha scritto la lettera, pregna di dotte citazioni da Whitman, Brecht, Hobbes e Gramsci, dunque molto probabilmente non sua. Secondo: Maroni rinneghi tutto quel che lui e gli altri leghisti hanno predicato per 17 anni contro chiunque osasse protestare anche molto meno “vivacemente” di loro contro i loro governi.
Siccome Maroni cita Gianfranco Miglio come padre della Padania, ricorderà di certo il suo giudizio sul primo governo B: “Programma demenziale, roba da restaurazione”. E la risposta di Bossi in rime baciate: “poveraccio”, “vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché non gli han dato la poltrona”, “me ne fotto delle sue minchiate”, “arteriosclerotico, traditore, panchinaro”, “una scoreggia nello spazio”. Forse, 17 anni dopo, è il caso di difendere il diritto alla protesta vivace del professore, nel frattempo scomparso.
Nel 2002, al Palavobis, 50 mila cittadini protestarono pacificamente contro le prime leggi vergogna.
Il Guardasigilli leghista Castelli commentò: “Questi discorsi li ho già sentiti da molti cattivi maestri dopo il '68. Poi vennero gli anni di piombo”.
L’anno scorso, alla festa del Pd a Torino, un gruppo di giovani contestò il presidente del Senato Schifani per le sue amicizie mafiose. La pasionaria padana Rosi Mauro tuonò: “Inconcepibile. E queste sarebbero le persone che professano la democrazia nel Paese?”. Cioè: urlare a Schifani – peraltro noto insultatore - “buffone”,“vaffanculo”,“va’ a cagare”, “faccia di merda” è indice di “vivacità”, mentre ricordare i suoi soci e clienti mafiosi è eversione?
L’altro giorno Gian Antonio Stella, sul Corriere, s’è divertito a ricordare quel che dicevano i leghisti quando le proteste vivaci le faceva il centrosinistra contro le leggi-porcata del loro governo. Tipo Calderoli: “L'ostruzionismo parlamentare è una tecnica legittima. Ma i sit-in in aula, le intimidazioni alla presidenza, la volontà di creare incidenti o risse no”. Ancora il 6 settembre il capogruppo Bricolo bacchettava gl’“irresponsabili” oppositori della seconda manovra Tremonti: “I mercati ci guardano e chiedono l’approvazione veloce della manovra, ma Di Pietro annuncia ostruzionismo duro. Bene fa il governo a porre la fiducia per evitare la fine della Grecia, che forse l'opposizione ci augura”. Chissà se Maroni lo ripeterebbe oggi per la manovra Monti, che lui e i suoi chiamano “rapina”. Altrimenti qualcuno sospetterà che la Lega sia così “irresponsabile” da augurarci “la fine della Grecia”.
Ps. Nella lettera al Corriere, il vivace Bobo ricorda “i lusinghieri risultati ottenuti” come ministro dell’Interno sulla sicurezza. E si compiace perché “le pretestuose azioni giudiziarie contro le camicie verdi si sono risolte tutte nel nulla”. Forse ricorda male: il processo di Verona ai vertici leghisti per le camicie verdi è finito nel nulla perché i tre reati contestatiattentato alla Costituzione, attentato all’unità e all’integrità dello Stato, costituzione di struttura paramilitare fuorilegge – furono depenalizzati dal centrodestra, Lega compresa, nel 2005 e nel 2010. All’insegna, si capisce, della sicurezza. Purtroppo non ci furono “proteste vivaci”, e nemmeno assonnate, dell’opposizione. Ma, volendo, Maroni può sempre rimediare, battendosi per ripristinare quei reati. Contiamo sulla sua proverbiale vivacità.

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