Oggi la Banca centrale europea (Bce) offrirà agli istituti di credito
dell'eurozona liquidità in misura illimitata. Le banche cioè potranno ottenere
dall'istituto di Francoforte tutta la liquidità che desiderano e per di più ad
un tasso molto favorevole: 1 per cento per tre anni.
Alcuni ritengono che questa operazione (ripetuta il primo marzo) consentirà
alle banche di ricominciare a far credito alle imprese, attenuando così la
recessione che è alle porte. Altri invece prevedono che gli istituti di
credito, attratti dalla differenza fra il costo del denaro cui possono attingere
a Francoforte e il rendimento dei Btp (oggi prossimo al 7%), useranno la
liquidità per acquistare titoli pubblici. Il governo e la Banca d'Italia
potrebbero esercitare la loro moral suasion sulle banche, ma non è chiaro che
cosa preferiscano: che usino la liquidità per aiutarli nelle aste dei Btp, o
per ripristinare linee di credito alle imprese?
La realtà è diversa. L'operazione della Bce non sarà una panacea, né per le
imprese, né per il Tesoro, almeno non in Italia, e non per le nostre banche maggiori.
Per far credito ai suoi clienti o per acquistare Btp, una banca non solo deve
avere la liquidità necessaria: deve anche disporre di sufficiente capitale,
oltre quello già impiegato in precedenti prestiti. Ogni prestito infatti
comporta dei rischi: il cliente potrebbe non rimborsarlo e i Btp potrebbero
perdere valore, come è accaduto nei mesi recenti. Per far fronte ai nuovi
rischi che si assume, la banca deve avere abbastanza capitale «libero». Se non
ne dispone, la liquidità serve a poco, anzi quasi a nulla.
Il guaio è che le banche italiane oggi hanno poco capitale
libero, soprattutto quelle che in passato hanno acquistato molti titoli
pubblici, perché la caduta dei prezzi dei Btp ha consumato capitale. L'Autorità
bancaria europea (Eba) stima che nel loro insieme i primi cinque gruppi bancari
italiani (che erogano il 62% di tutto il credito) abbiano bisogno di 15,4
miliardi di nuovo capitale solo per far fronte ai rischi assunti in passato.
Nel sistema quindi c'è poco spazio sia per nuovi prestiti sia per acquisti di
titoli pubblici.
La situazione non è però la stessa in tutte le banche. Quelle che hanno meno capitale
libero sono le maggiori: ma queste sono le stesse che hanno più difficoltà a
varare aumenti di capitale. I loro padroni, le Fondazioni bancarie, non hanno
più risorse, ma si oppongono all'ingresso di azionisti esterni che ne
diluirebbero il controllo. Forse anche ai loro azionisti si riferisce il
presidente della Bce quando ripete che «molte banche devono rafforzare il loro
capitale».
Diverso è il caso delle aziende di credito minori. In passato, anziché acquistare Btp,
hanno finanziato i loro clienti, e ora hanno sufficiente capitale libero, ma
non la liquidità necessaria per fare nuovi prestiti. Oggi la Bce, rivedendo le
regole sulle garanzie che chiede per fornire liquidità, risolve questo
problema. Veneto Banca, ad esempio, l'istituto di Montebelluna, potrà aumentare
i prestiti ai propri clienti, ma altrettanto non potrà fare Unicredit, i cui
clienti purtroppo sono molti di più. Per attenuare la recessione che è alle
porte, la Bce può contribuire, ma pensare che passi per Francoforte la
soluzione dei nostri problemi è un'illusione. Non esistono scorciatoie
finanziarie. Servono quei provvedimenti per la crescita per troppo tempo rimandati.
E servono subito.
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