di Chiara Paolin
Angelo
Guglielmi, con modestia, dice che oggi neanche i professori hanno più la
verità in tasca. Non ce l’ha Mario Monti,
che guida l’Italia nei marosi dello spread, e non ce l’ha Guglielmi, padre
ispiratore della cosiddetta Tivù dei Professori, quella che rivoluzionò la Rai
tra gli anni Ottanta e Novanta.
Carlo
Freccero invoca il ritorno della tivù pensata per permettere a tutti la
comprensione del terremoto in atto. Che ne dice?
Guardi, non so se sia una buona idea buttare
in faccia alla gente tutta la verità. Le previsioni degli economisti più seri
sono semplicemente spaventose.
Un
neopedagogismo del video servirebbe a tradurre certi messaggi?
Quello di cui avremmo davvero bisogno è un
raffreddamento totale della comunicazione. Finora si è sfruttato soprattutto
l’impatto emotivo per arrivare alle persone, ma questo è un metodo che non
funziona nei momenti di crisi strutturale.
Propone
la glaciazione dell’informazione?
È’ difficile pensare a un sistema coerente. Le
risposte secche, il sì e il no, non bastano. Non si possono mandare
semplicemente in video gli economisti coi loro numeri: risulterebbero
incomprensibili e deprimenti. Non si può nemmeno avviare una fase consolatoria,
dove chi sta in tivù consiglia calma e pazienza, la reazione sarebbe ostile e
rabbiosa.
Nel
frattempo bisogna mandare avanti il servizio pubblico...
Ma o si va avanti così, per inerzia,
mantenendo il clima di incertezza nelle scelte editoriali in parallelo allo
smarrimento sociale, oppure i singoli si assumono le proprie responsabilità
operando scelte coraggiose.
Ha
qualche idea da suggerire?
Serve un rovesciamento totale della
prospettiva, occorre inventarsi un nuovo linguaggio capace di coinvolgere e
spiegare anziché aggirare lo spettatore. Un’estetica diversa, che nessuno ha
ancora chiara.
Certo
un anno fa eravamo al bunga bunga, oggi al taglio delle pensioni. Un cambio
troppo violento?
Abbiamo pensato che una volta eliminato il
mostro si potesse cambiare scena. In realtà ciò che è rimasto in eredità è
perfino più mostruoso, le macerie che Berlusconi ha contribuito ad ammassare
sono oggi il vero incubo che lo stesso Monti sembra aver sottovalutato.
Ammettere palesemente questo quadro è una responsabilità cui si sta tentando di
sfuggire.
Nessuno
spiraglio?
La proposta di Santoro, nel suo piccolo, è un
miracolo e una speranza. Dimostrare che è possibile in Italia raggiungere
l’autonomia tecnica e politica fuori dai grandi network non era affatto
scontato. Perché Sky ha dato un piccolo sostegno, ma la rete delle emittenti
locali e soprattutto del web non era mai stata messa alla prova. Tutto quello
che si muove via internet mi sembra vicino al futuro.
Servizio
Pubblico è un esperimento di resistenza, in ogni caso...
Ma indicativo della
strada da seguire. Credo lo stesso Santoro abbia ben presente il problema: il
contenitore adesso ce l’ha, deve mettere a punto alcuni contenuti, cercare
soluzioni più efficaci per raccontare un presente che sfugge.
La
tivù resta una costruzione di mondi. Se tutto il mondo noto sta sparendo ci
vuole un senso quasi magico per crearne di nuovi...
È così. Oggi impera il buio, l’incertezza.
Immaginare una luce, una strada alternativa, è un esercizio di straordinaria
velleità. Chi si fa avanti? Chi vuole davvero cambiare le regole del gioco? Voi
del Fatto ci avete provato, e il risultato non è affatto male. Però siete
piccoli, e per la Rai o gli altri giganti della comunicazione il discorso è
tragicamente distante. Per la Rai temo, soprattutto: un organismo enorme,
sottoposto a forze conflittuali, esposto a infiniti elementi di pressione. Come
fa a cambiar pelle senza restarci secca?
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