Le risse non funzionano
più. E i soliti salotti hanno stancato Ma oltre i vecchi format cosa c’é?
di Malcom Pagani
Tono su tono, voce su voce. Formule in agonica fantasia: “Il
disastro ereditato dai precedenti esecutivi”. L’abusato genere delle fughe in
diretta con anatema (Mastella ad Annozero nel 2007, Berlusconi ospite di Lucia
Annunziata: “Me ne vado, rimarrà una macchia nella sua carriera”). E poi
espedienti, claque contrapposte e lottizzate ai due lati dell’arena, stantii
metodi da scuola panamense per fiaccare l’avversario: “Io non l’ho interrotta,
mi lasci continuare”, studiate faccine di disgusto in favore di telecamera,
insulti (“mascalzone, bugiardo, stronzo”) improprie evocazioni: “Gli italiani
non sono stupidi, sapranno giudicare”.
E ancora. Pause da spot simili alla spugna gettata al pugile a
fine round, timidi tentativi di ricondurre il reciproco starnazzare nei
sentieri della dialettica: “Ministro, non mi costringa a staccarle il
microfono” così vicini e così lontani dallo “state ’bboni” di costanziana
memoria. All’adrenalina barricadera del talk show ai tempi di Berlusconi, ai
calci di Belillo a Mussolini a casa Vespa, alla stanca dualità destra-sinistra
e al corollario trasversale di cattive maniere utili a guadagnare uno 0,01 di
credibilità politica, si è sostituita o prova a farlo, una nuova televisione.
Uno spazio in cui ragionare, una piattaforma pedagogica, quasi
gramsciana, “dove riscoprire se stessi” come sostiene Freccero alla quale, non
senza fatica, i domatori si stanno riadattando. Se orfano della telefonata
del sultano, la neo-funzione governativa (spesso traversata da una placida
noia) la assumono Floris e Ballarò,
anche per gli altri cambia la liturgia, mutano i volti, si ribaltano le
argomentazioni.
In attesa del possibile ritorno di B., una pausa. Uno
straniamento. L’antibiotico che dà debolezza, lieve decrescita di ascolti e
(forse) idee per il domani.
Il primo a provarci, senza paracadute, dice Freccero, è stato
Santoro. In uno studio profondo, bladerunneriano, con le luci basse e le voci
al centro del coro. Il tempo di discutere senza parlarsi addosso, le ragioni
dei meno noti, la destrutturazione della piazza e della centralità
dell’istante che pure, fin dai ponti jugoslavi, Santoro aveva portato in primo
piano.
ORA C’È il silenzio adatto a spiegarsi e
paradossalmente chi nulla ha da dire, rimane nudo con più evidenza. Gli altri
si sono adeguati, in una alfabetizzazione forzata che lascia qualche sasso di
share per strada e non diversamente dalla fiaba di Perrault regalerà, forse,
nuove ricchezze.
Se per il direttore del Tg di La7 Enrico Mentana gridare alla stasi senza ironia è parossistico: “È
passato solo un mese e mezzo dall’addio di Berlusconi, ma siamo ormai abituati
a dilatare tutto. La politica ha lasciato in eredità ad altri il lavoro sporco.
Presto tornerà per fare il proprio, non limpidissimo mestiere, promettendo mari
e non monti”, a detta di Formigli,
conduttore di Piazza Pulita sulla
stessa rete, il talk del futuro verrà solo sperimentando. “Siamo davanti alla
caduta del muro. Cerchiamo frammenti utili a ricostruire una tv che sia diversa
da ieri e che possa, come si augura Freccero, diventare educativa. Non ci
chiedevamo nulla e vivevamo oltre le nostre possibilità. Poi l’incubo del
default ha iniziato a bussare. Abbiamo scoperto l’economia. Ci siamo dovuti
svegliare. Non è detto che sopire i pregiudizi antiberlusconiani di ieri non si
riveli l’occasione di imparare”.
Chi svolge il lavoro da un ventennio ha dato al dilemma
stilistico una formula. Lo chiamano “rischio
Jader Jacobelli”. L’impeccabile ed educata confezione della cornice, la
quieta professionalità dei tecnici al potere, una narcosi indotta che presto o
tardi demolirà l’unica idea di talk che sembrava non potesse mai sventolare
bandiera bianca.
La dimostrazione
dell’assioma porta gli occhiali di Paragone.
DIMENTICATI gli alterchi in diretta e messe in
cantina le frequenti risse urlate, giura, aveva già intravisto il necessario
cambio: “Come fece Santoro, ho tolto lo scettro alla politica. Basta a comizi e
rendite di posizione. Meglio dar luce a ragazzi, imprenditori e sindacalisti.
Sapevo che Berlusconi, ancor prima che per via giudiziaria, sarebbe scomparso
per la decisiva spinta di chi custodisce i forzieri”.
Pausa. Respiro: “Freccero non ha torto, ma riprendere a guidare,
dopo aver inserito il pilota automatico per un decennio è complicato”.
Mentana è meno apodittico: “La mancanza di passione è
momentanea, ma stupirsene puzza di manicheismo. Se si urla alla crisi, si
riducono i consumi. Se la squadra per cui si tifa non ha obiettivi, non si va
allo stadio. Da mesi ripetiamo che il palazzo è in quarantena e la gente si è
distratta. Tornerà ad appassionarsi, ma i toni non c’entrano. La gazzarra è
sempre un epifenomeno del fenomeno. A gridare non sono i conduttori, ma la
politica”.
Orfani in marcia.
Domani accadrà, ma non a reti unificate.
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