venerdì 30 dicembre 2011

NUOVA TELEVISIONE CERCASI DOPO IL DILUVIO




Le risse non funzionano più. E i soliti salotti hanno stancato Ma oltre i vecchi format cosa c’é?
di Malcom Pagani

Tono su tono, voce su voce. Formule in agonica fantasia: “Il disastro ereditato dai precedenti esecutivi”. L’abusato genere delle fughe in diretta con anatema (Mastella ad Annozero nel 2007, Berlusconi ospite di Lucia Annunziata: “Me ne vado, rimarrà una macchia nella sua carriera”). E poi espedienti, claque contrapposte e lottizzate ai due lati dell’arena, stantii metodi da scuola panamense per fiaccare l’avversario: “Io non l’ho interrotta, mi lasci continuare”, studiate faccine di disgusto in favore di telecamera, insulti (“mascalzone, bugiardo, stronzo”) improprie evocazioni: “Gli italiani non sono stupidi, sapranno giudicare”.
E ancora. Pause da spot simili alla spugna gettata al pugile a fine round, timidi tentativi di ricondurre il reciproco starnazzare nei sentieri della dialettica: “Ministro, non mi costringa a staccarle il microfono” così vicini e così lontani dallo “state ’bboni” di costanziana memoria. All’adrenalina barricadera del talk show ai tempi di Berlusconi, ai calci di Belillo a Mussolini a casa Vespa, alla stanca dualità destra-sinistra e al corollario trasversale di cattive maniere utili a guadagnare uno 0,01 di credibilità politica, si è sostituita o prova a farlo, una nuova televisione.
Uno spazio in cui ragionare, una piattaforma pedagogica, quasi gramsciana, “dove riscoprire se stessi” come sostiene Freccero alla quale, non senza fatica, i domatori si stanno riadattando. Se orfano della telefonata del sultano, la neo-funzione governativa (spesso traversata da una placida noia) la assumono Floris e Ballarò, anche per gli altri cambia la liturgia, mutano i volti, si ribaltano le argomentazioni.
In attesa del possibile ritorno di B., una pausa. Uno straniamento. L’antibiotico che dà debolezza, lieve decrescita di ascolti e (forse) idee per il domani.
Il primo a provarci, senza paracadute, dice Freccero, è stato Santoro. In uno studio profondo, bladerunneriano, con le luci basse e le voci al centro del coro. Il tempo di discutere senza parlarsi addosso, le ragioni dei meno noti, la destrutturazione della piazza e della centralità dell’istante che pure, fin dai ponti jugoslavi, Santoro aveva portato in primo piano.
   ORA C’È il silenzio adatto a spiegarsi e paradossalmente chi nulla ha da dire, rimane nudo con più evidenza. Gli altri si sono adeguati, in una alfabetizzazione forzata che lascia qualche sasso di share per strada e non diversamente dalla fiaba di Perrault regalerà, forse, nuove ricchezze.
Se per il direttore del Tg di La7 Enrico Mentana gridare alla stasi senza ironia è parossistico: “È passato solo un mese e mezzo dall’addio di Berlusconi, ma siamo ormai abituati a dilatare tutto. La politica ha lasciato in eredità ad altri il lavoro sporco. Presto tornerà per fare il proprio, non limpidissimo mestiere, promettendo mari e non monti”, a detta di Formigli, conduttore di Piazza Pulita sulla stessa rete, il talk del futuro verrà solo sperimentando. “Siamo davanti alla caduta del muro. Cerchiamo frammenti utili a ricostruire una tv che sia diversa da ieri e che possa, come si augura Freccero, diventare educativa. Non ci chiedevamo nulla e vivevamo oltre le nostre possibilità. Poi l’incubo del default ha iniziato a bussare. Abbiamo scoperto l’economia. Ci siamo dovuti svegliare. Non è detto che sopire i pregiudizi antiberlusconiani di ieri non si riveli l’occasione di imparare”.
Chi svolge il lavoro da un ventennio ha dato al dilemma stilistico una formula. Lo chiamano “rischio Jader Jacobelli”. L’impeccabile ed educata confezione della cornice, la quieta professionalità dei tecnici al potere, una narcosi indotta che presto o tardi demolirà l’unica idea di talk che sembrava non potesse mai sventolare bandiera bianca.
La dimostrazione dell’assioma porta gli occhiali di Paragone.
   DIMENTICATI gli alterchi in diretta e messe in cantina le frequenti risse urlate, giura, aveva già intravisto il necessario cambio: “Come fece Santoro, ho tolto lo scettro alla politica. Basta a comizi e rendite di posizione. Meglio dar luce a ragazzi, imprenditori e sindacalisti. Sapevo che Berlusconi, ancor prima che per via giudiziaria, sarebbe scomparso per la decisiva spinta di chi custodisce i forzieri”.
Pausa. Respiro: “Freccero non ha torto, ma riprendere a guidare, dopo aver inserito il pilota automatico per un decennio è complicato”.
Mentana è meno apodittico: “La mancanza di passione è momentanea, ma stupirsene puzza di manicheismo. Se si urla alla crisi, si riducono i consumi. Se la squadra per cui si tifa non ha obiettivi, non si va allo stadio. Da mesi ripetiamo che il palazzo è in quarantena e la gente si è distratta. Tornerà ad appassionarsi, ma i toni non c’entrano. La gazzarra è sempre un epifenomeno del fenomeno. A gridare non sono i conduttori, ma la politica”.
Orfani in marcia. Domani accadrà, ma non a reti unificate.

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