domenica 8 giugno 2008

LE MENZOGNE DE IL GIORNALE


Marco Travaglio
blogi di Antonio Di Pietro
8 giugno 2008

"Nel paese dove il capo del governo smentisce una legge firmata da lui definendola «medievale», poi dice che parlavo «a titolo personale» quasi fosse un passante, dunque la legge rimane anche se non ha senso ed è medievale, si può dire di tutto. E anche scriverlo.
Il Giornale della ditta, che pare l’inserto umoristico di Geppo e Tiramolla, quando si tratta di baggianate non si tira mai indietro. Ieri per esempio quello biondo con le mèches, in un editoriale di alta politologia, se la prendeva con le «canaglie razziste» le quali sostengono che Renato Brunetta è piccolo, e per estensione con chiunque insinui che il Cainano è basso (mentre, a suo dire, sarebbe addirittura «alto come Prodi», non si sa se coi trampoli o coi tacchi a spillo). Giusto. Rettifichiamo volentieri anche per conto terzi: Brunetta è un corazziere, il Cainano è un watusso coi boccoli alla Shirley Temple, e quello biondo con le mèches che scrive sul Giornale è un giornalista.
Sempre sul supplemento di Tiramolla compare un’intera pagina a firma Geronimo, noto nei migliori penitenziari come Paolo Cirino Pomicino, dal titolo decisamente impegnativo: «La verità su Mani Pulite: Scalfaro si piegò ai pm». Visto l’autore, c’era da attendersi piuttosto un titolo del tipo: «La verità su Mani Pulite: ecco come intascai 5,5 miliardi di lire dalla Montedison e ne girai una parte a Salvo Lima». Oppure: «La verità su Mani Pulite: ecco come fui condannato per finanziamento illecito e patteggiai per corruzione sui fondi neri Eni». Invece no: il noto pregiudicato ce l’ha con Scalfaro, che all’epoca osava persino non rubare. Pomicino scrive falsamente che i fondi neri del Sisde «non gli furono mai contestati» perché da Presidente aveva «assecondato la Procura di Milano». Balle: del Sisde s’occupava la Procura di Roma, che regolarmente indagò Scalfaro per abuso d’ufficio al termine del suo mandato e poi archiviò tutto perché non riscontrò alcun reato, come del resto aveva fatto per altri ex ministri dell’Interno (Cossiga e Mancino).
Ma cogliamo fior da fiore dalla «verità» pomicina: «Amato ha finalmente avuto il coraggio di definire ’riprovevole’ l’uscita televisiva del pool Mani pulite contro la depenalizzazione del finanziamento illecito». Falso: non vi fu alcuna uscita televisiva del pool; solo un comunicato letto da Borrelli per smentire la bugia di Amato, cioè che il decreto Conso l’avesse chiesto il pool.
«Amato inviò Francesca Contri da Borrelli per avere un suo placet sul provvedimento e lo ottenne». Falso: a parte che la Contri si chiama Fernanda, sia lei sia Borrelli han sempre smentito.
Con quel decreto, per Pomicino, «il pool non avrebbe potuto più arrestare per finanziamento illecito». A parte il fatto che il pool non arrestava nessuno (era ed è compito del gip), il grosso degli arresti fu per corruzione, concussione, falso in bilancio e così via (ma depenalizzando il finanziamento non si sarebbero più scoperti quei reati).
«La mattina di domenica 7 marzo ’93 ci fu in diretta tv la minaccia ’democratica’ del pool delle proprie dimissioni dinanzi all’ eventuale promulgazione del decreto».

Altra superballa: l’anziano ras andreottiano in preda ai vuoti di memoria confonde quel che accadde il 7 marzo ’93 (decreto Conso, governo Amato) con quel che successe il 14 luglio ’94 (decreto Biondi, governo Berlusconi I).
Sul decreto Conso parla solo Borrelli (naturalmente non «in diretta tv»: legge un comunicato ai giornalisti) per dire che il Parlamento e il governo sono «sovrani», i pm obbediranno alla legge «quale che sia», ma non si dica che il decreto l’han chiesto loro perché è falso. Nessun accenno a dimissioni.
Sul decreto Biondi parla Di Pietro circondato dai colleghi Davigo, Colombo e Greco. Borrelli non c’è: l’iniziativa è dei sostituti che gli chiedono di esonerarli dalle indagini su Tangentopoli, visto che per quei reati il decreto vieta il carcere preventivo (ma non per gli altri, creando imputati di serie A e serie B) e agevola le fughe e gli inquinamenti di prove (dopodichè Fini e Bossi costringono Berlusconi a ritirare la porcata).
Ora la memoria può tradire, selettivamente, Pomicino. Ma non dovrebbe tradire un giornale degno di questo nome.
Infatti Il Giornale ha preso per buone le balle pomicine sul decreto Conso del 1993, le ha intitolate «tutta la verità» e le ha illustrate con una megafoto della conferenza stampa del Pool contro il decreto Biondi (1994) con questa didascalia: «Il documento: un’immagine della conferenza stampa in cui Di Pietro bocciò il decreto del governo Amato».
Ecco. Pomicino mente con pensieri, opere e omissioni.
Il Giornale mente pure con le foto.
Marco Travaglio"

COMMENTO

Le bugie hanno le gambe ... corte.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Il commento di un lettore molto qualificato:
"Caro Luigi,
Il Sole 24 ore titolava Giovedì: " A Telecom un ruolo chiave nello sviluppo dell'Italia" e seguiva un lungo articolo di Antonella Olivieri che dice tutto e niente.
Secondo me tutto dipenderà dal nuovo piano industriale: se sarà serio potremo avere delle soddisfazioni da Telecom.
Gli analisti finanziari sono in attesa e pensano positivo se il piano sarà valido; il futuro è la banda larga ove Telecom è debole ma si stanno cercando partnership internazionali. Il futuro si giocherà sulla banda larga arrivando alla convergenza telecomunicazioni-media.
Fortunatamente alcuni fondi di investimento stanno con gli occhi puntati su Telecom in attesa del più volte citato piano industriale e quindi i capitali li metterebbero loro e non più noi.
I tagli del personale purtroppo creano gravi problemi per chi è colpito, ma se fatti cercando di colpire solo i furbetti nullafacenti possono dare buoni frutti. Non dimentichi che se non vado errato Telecom ha 80.000 dipendenti!
Ho vissuto in IBM negli anni '80 questa stessa realtà. Si stava procedendo a grandi passi verso lo "spezzatino" e la regina di Wall Street era data per spacciata. Fortunatamente i fondi di investimento imposero una pesante cura e il cambiamento immediato del numero 1. Si passò da 400.000 dipendenti a meno di 300.000 e nel giro di 3 anni il titolo in borsa passò da 40 $ a 128.Certo la cura costò a tutti noi lacrime e sangue: ristrutturazione retributiva che prevedeva 60% fisso e da 40 a 60 variabili in funzione del raggiungimento degli obiettivi assegnati ad ogni singolo.
Chi lasciò la società fu accompagnato da aiuti per 2 anni (questa è la cultura americana a cui spesso faccio riferimento).
Personalmente sono in attesa di conoscere lo sviluppo degli eventi e, anche se finanziariamente stiamo vivondo un momento molto difficile, vedo positivo.