FABIO MARTINI
LA STAMPA
26 luglio 2008
Tutto è iniziato con uno stentoreo comunicato del governo: «Il Consiglio dei ministri ha approvato l’estensione all’intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza per il persistente ed eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari», una decisione spiegata con la necessità di «potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno». Un annuncio stentoreo e al tempo stesso laconico: si alludeva ad un drastico giro di vite, ma senza spiegarne le ragioni e senza spiegare, se e in che misura, l’afflusso di extracomunitari fosse aumentato.
Da quel momento - era passate da poco le 14 - si è accesa per cinque ore una bufera polemica nella quale maggioranza e minoranza hanno cavalcato le loro tigri propagandistiche: una parte del centrodestra ha cercato di far credere che si trattasse per l’appunto di un inedito giro di vite; l’opposizione ha cercato anch’essa di far credere che fosse una misura senza precedenti e inutilmente allarmistica.
Il più probabile candidato alla guida del Prc, il governatore di Puglia Nichi Vendola, arrivava a dire: «Questo è un pezzo di fascismo!». Sembrava chissà che. E in assenza di ulteriori specificazioni di Palazzo Chigi, anche al Quirinale ci si chiedeva quali novità fossero state decise e ci si rammaricava della perdurante incertezza sui dettagli del provvedimento. Poi una telefonata del ministro dell’Interno al Capo dello Stato chiariva i termini della questione.
Più tardi lo stesso Maroni, ha spiegato che l’estensione dell’emergenza a tutto il territorio nazionale non era una novità - il governo Berlusconi l’aveva adottata nel 2002 e il governo Prodi l’aveva confermata nel 2006 - ma che ora si è resa di nuovo necessaria a seguito della recrudescenza del fenomeno degli sbarchi. Testimoniata da un dato eloquente: «Nel primo semestre del 2008 gli sbarchi di clandestini sono raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2007, passando da 5.378 a 10.611». L’estensione sull’intero territorio dello stato di emergenza, spiegava il ministro, consentirà procedure accelerate di finanziamento e la possibilità di adeguare ed eventualmente aprire nuovi Centri di accoglienza su tutto il territorio nazionale e non solo in Sicilia, Calabria e Puglia, «dando più assistenza a tutti i clandestini, accogliendoli in edifici e non in tenda, per garantire un trattamento più umano». E quanto al dato eclatante del raddoppio degli ingressi clandestini via mare, Maroni assicurava: «Si deve al fatto che l’accordo con la Libia non è ancora operativo ma quando lo sarà, il problema degli sbarchi si risolverà». Sull’opposizione, il ministro era duro: «Polemiche basate su falsità». A quel punto, il ministro-ombra dell’Interno, Marco Minniti, che nelle ore precedenti era stato il più misurato, provava a mettere il dito nel punto più debole: «Lasciare per cinque ore il Paese senza informazioni su questioni di straordinaria rilevanza è un esempio di mala politica».
Tutto era partito nella riunione mattutina del Consiglio dei ministri, durante il quale il ministro Maroni aveva proposto la misura emergenziale a seguito del raddoppio degli immigrati sbarcati clandestinamente. Provvedimento adottato per la prima volta dal governo Berlusconi-2, nel 2002 e prorogato con 5 decreti, l’ultimo ad opera del governo Prodi nel 2006. All’inizio del 2008, come ha poi spiegato Maroni, a seguito «della migliore condizione delle strutture di accoglienza», il governo Prodi aveva ritenuto di limitarne l’applicazione a tre regioni meridionali. Finito il Consiglio, a dispetto dell’annunciata svolta comunicativa, il governo si limitava ad un annuncio stringato, che incoraggiava l’opposizione a lanciarsi in denuncie molto energiche.
Rosy Bindi del Pd: «Di emergenza in emergenza il governo alimenta la paura con annunci da Stato di polizia più o meno palese».
Il presidente dei senatori del Pd Anna Fiocchiaro denunciava «pressapochismo e demagogia». Una parte della maggioranza avvalorava la tesi del giro di vite. Il presidente della Camera Gianfranco Fini, davanti al divampare della polemica, contattava il governo per chiedere di riferire entro martedì prossimo. Proposta che veniva recepita: alle 15 del 29 luglio il ministro Maroni parlerà nell’aula di Montecitorio.
COMMENTO
Dilettantismo, anzi, 'dilettanti allo sbaraglio', ma non c'è nulla da ridere. Dà la misura della impreparazione e dell'approssimazione, questa volta tutta di sinistra.
Penoso.
AGGIORNAMENTO
Liana Milella (La Repubblica, 26 luglio 2008) chiarisce dei retroscena che giustificano l’accusa si pressappochismo indirizzata al Governo ed al ministro dell’interno in particolare.
L'articolo de LA STAMPA non ne parla, ma le circostanze di cui sopra ribaltano il commento da fatto in precedenza, anzi consentono di ipotizzare scenari già visto e che si sarebbero ripetuti anche questa volta.
Tali circostanze sono le seguenti:
1. Il Presidente della Repubblica non era stato preventivamente informato della decisione del Governo di Governo di dichiarare lo stato nazionale di emergenza per l’allarme immigrazione; va detto che a Lampedusa erano arrivati prima 70 e poi 140 clandestini, tutto qui. Viene fatto di pensare che si è trattato di un allarme sicurezza strumentale, non il primo e nemmeno l’ultimo. Ogniqualvolta c’è da distogliere l’opinione pubblica da iniziative scandalose del Governo, si tira fuori dal cappello a cilindro del prestigiatore un allarme. Nella circostanza, lo scopo non può che essere stato quello di deviare l’attenzione dal “lodo Alfano”;
2. neanche l’opposizione ne sapeva niente, eppure andava preventivamente informata di ciò ci si apprestava a fare.
3. verosimilmente, si è trattato di un blitz e la sorpresa, come il solito, è riuscita in pieno.
Il ministro Maroni ha ammesso le circostanze di cui ai punti 1 e 2 convocando una conferenza stampa ‘ad horas’, in cui ha detto (parole virgolettate su Repubblica): “manderò a Napolitano tutte le carte”.
Se il ministro Maroni così si è espresso, allora vuol dire che non è molto dissimile da quel Beppe Grillo (che però fa un altro mestiere) che ha attaccato ieri pesantemente il presidente Napolitano. A mio avviso, quando un ministro della Repubblica o anche solo un uomo politico, dentro e fuori dal Parlamento, si richiama in pubblico al Capo dello Stato deve chiamarlo almeno “Presidente Napolitano” e si premette il “sig.” tanto meglio.
Tali circostanze sono le seguenti:
1. Il Presidente della Repubblica non era stato preventivamente informato della decisione del Governo di Governo di dichiarare lo stato nazionale di emergenza per l’allarme immigrazione; va detto che a Lampedusa erano arrivati prima 70 e poi 140 clandestini, tutto qui. Viene fatto di pensare che si è trattato di un allarme sicurezza strumentale, non il primo e nemmeno l’ultimo. Ogniqualvolta c’è da distogliere l’opinione pubblica da iniziative scandalose del Governo, si tira fuori dal cappello a cilindro del prestigiatore un allarme. Nella circostanza, lo scopo non può che essere stato quello di deviare l’attenzione dal “lodo Alfano”;
2. neanche l’opposizione ne sapeva niente, eppure andava preventivamente informata di ciò ci si apprestava a fare.
3. verosimilmente, si è trattato di un blitz e la sorpresa, come il solito, è riuscita in pieno.
Il ministro Maroni ha ammesso le circostanze di cui ai punti 1 e 2 convocando una conferenza stampa ‘ad horas’, in cui ha detto (parole virgolettate su Repubblica): “manderò a Napolitano tutte le carte”.
Se il ministro Maroni così si è espresso, allora vuol dire che non è molto dissimile da quel Beppe Grillo (che però fa un altro mestiere) che ha attaccato ieri pesantemente il presidente Napolitano. A mio avviso, quando un ministro della Repubblica o anche solo un uomo politico, dentro e fuori dal Parlamento, si richiama in pubblico al Capo dello Stato deve chiamarlo almeno “Presidente Napolitano” e si premette il “sig.” tanto meglio.
Un conto è criticare, un altro conto è usare parole e maniere grossolane, che in questo caso offendono tutti gli italiani rappresentati dal Presidente Napolitano.
Poi ci mette le mani quel fior di intellettuale di Ignazio La Russa, che irride letteralmente l’opposizione e tutti gli italiani (ahimè non abbastanza) che l’hanno (per così dire, ci si ricordi con quale legge elettorale) votata, dicendo: “Non vorrei deludere qualcuno ma non ci saranno i carri armati nelle strade e non si potrà sparare a vista”.
Poi ci mette le mani quel fior di intellettuale di Ignazio La Russa, che irride letteralmente l’opposizione e tutti gli italiani (ahimè non abbastanza) che l’hanno (per così dire, ci si ricordi con quale legge elettorale) votata, dicendo: “Non vorrei deludere qualcuno ma non ci saranno i carri armati nelle strade e non si potrà sparare a vista”.
Tempo al tempo, on.le La Russa e accadrà anche questo.
Intanto l’ha pensato, il che è molto significativo.
Il Capo dello Stato non è soddisfatto delle giustificazioni e delle informazioni postume avute, l’opposizione chiede che il Governo venga a riferire in Aula, alla Camera e il presidente Fini convoca il governo per martedì prossimo.
Intanto l’ha pensato, il che è molto significativo.
Il Capo dello Stato non è soddisfatto delle giustificazioni e delle informazioni postume avute, l’opposizione chiede che il Governo venga a riferire in Aula, alla Camera e il presidente Fini convoca il governo per martedì prossimo.
1 commento:
Parlano di recrudescenza del fenomeno degli sbarchi?
Ma sono sì e no il 20% gli extracomunitari che arrivano via mare!
Tutti gli altri arrivano in aereo.
Ogni volta che c'è da distrarre l'attenzione (come ora per il lodo Alfano) ne inventano una di queste!
E la sanno anche confezionare così bene che ne sortisce l'effetto voluto!
Bravi!!!(loro)
Poveri... noi!!!
Madda
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