sabato 26 luglio 2008

PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA



Claudia Fusani
La Repubblica
26 luglio 2008

CHIANCIANO - "Questo documento è nato con me, io cerco l'unità, lavoro per la mediazione ma sono un comunista e non posso tradire". E' notte, quasi le due, quando Claudio Grassi, promotore della mozione 1 per il congresso di Rifondazione comunista, parla in una saletta dell'hotel Ambasciatori. Davanti a lui le decine di delegati del documento che però è ancora senza candidato alla segreteria e che si oppone alla mozione 2, quella di Nichi Vendola. Ci sono Paolo Ferrero, Ramon Mantovani, Maurizio Acerbo. E' lo stesso giovane e appassionato portavoce della mozione che poi traduce all'esterno il senso delle parole di Grassi: "Ferrero si candiderà. Abbiamo fatto i calcoli dovremmo farcela". Quando e come e se l'ex ministro della Solidarietà sociale metterà in gioco il suo nome, è ancora tutto da decidere. La giornata è lunga e il parco termale di Chianciano è pieno di gazebo che ospitano riunioni su riunioni delle Commissioni Politica e Statuto. Il vero congresso, parallelo a quello che va in scena sotto la tensostruttura a sottomarino del Palamontepaschi.
Oggi è il turno del "delegato" Fausto Bertinotti e subito dopo Ramon Mantovani, scudiero della mozione 1, molto arrabbiato con l'ex Presidente della Camera. A seguire l'intervento di Grassi e per finire - verso le cinque del pomeriggio - quello di Ferrero. Insomma, una giornata lunghissima.
Ancora tutto in alto mare. Così, il terzo giorno del VII congresso di Rc si apre con una situazione ancora più complessa, nebbiosa e con un sapore vagamente autodistruttivo. Perché uno scontro Vendola-Ferrero e la mancanza di un punto di unità tra le cinque mozioni (mai così tante nella storia di Rc) in un partito che ha il 3 per cento e deve ricominciare, assomiglierebbe tanto all'inizio della fine. "Si va verso la distruzione del partito" taglia corto Giordano.
La riunione notturna. Nella riunione notturna i delegati della mozione 1 hanno ribadito quello che per loro è imprescindibile: "Prima viene la linea politica poi la scelta del leader", quindi nè leaderismi né plebiscitarismi. La linea politica è decisa: addio al processo della costituente di sinistra; il rilancio di rifondazione; la presentazione del partito con il suo simbolo alle europee; la netta autonomia dal partito democratico. Esattamente l'opposto, almeno nei due punti fondamentali come la costituente e il rapporto col Pd - della linea Vendola.
In realtà Grassi lavora da giorni, e ancora lo sta facendo, per trovare una linea di compromesso con l'area Vendola. Ma la riunione notturna all'Ambasciatori ha bocciato il tentativo di mediazione. "Mi attengo alla decisione della maggioranza della mozione. Certo da oggi il congresso cambia" ha detto l'ex senatore di Essere Comunisti dopo la riunione. Ferrero dice e non dice: "Prima la linea politica, il resto viene dopo" ribadisce. Il problema è che "non ho capito quale sia la posizione di Vendola sui principali punti politici del congresso, dalla costituente di sinistra, al tema della legalità, alla gestione del partito. Non abbiamo capito cosa voglia fare. Gli abbiamo chiesto di chiarirli in un documento da vagliare alla commissione politica ma loro non si sono neppure presentati. A questo punto noi andiamo avanti sulla nostra posizione e chiediamo alle altre mozioni di valutarla per convergere".
Il pallottoliere. Stando così le cose si rimette in moto il pallottoliere: Ferrero potrebbe superare di poco il 50% dei voti dei delegati. Al suo 40% aggiungerebbe quelli dei trotzkisti di Claudio Bellotti (circa il 3%) e almeno una parte della mozione 3 (Pegolo-Giannini, 7,7%). Vendola parte dal 47,7 per cento. Per lui superare il 50 per cento è molto più semplice. Restano in ballo il 3,2% della mozione 4 (De Cesaris-Russo) e l'1,5 degli antimilitaristi della 5. E c'è sempre un pezzo della 3 che guarda all'astensione.
La terza via. Sarà un giornata con molti stop and go. E' probabile che tutto venga rinviato a domani, alla conta finale del Comitato politico che dovrà eleggere il segretario. "E qui - avvertono dalla mozione 1 - potrebbe sortire una terza via". Suggerita dalla Commissione statuto. Infatti potrebbe risorgere dalle ceneri la figura del Presidente che affianca quella del segretario. E' stato presidente Armando Cossutta, e poi andò come andò, con la scissione e la nascita del Pdci (1998). Adesso il binomio sarebbe già pronto: Grassi presidente, Vendola segretario. Due partiti in uno solo. Che deve restare disperamente unito almeno fino alle prossime europee.

COMMENTO

Incommentabile. Non vorrei essere nei panni di Nicki Vendola, per fortuna non lo sono nè lo sarò mai, ma se lo fossi li manderei tutti al diavolo.


Nessun commento: