sabato 26 luglio 2008

IL COMPAGNO FAUSTO BERTINOTTI



Claudia Fusani
La Repubblica
26 luglio 2008

CHIANCIANO - Il compagno Fausto prende la parola, vola alto, parla di Politica, dice molte cose di sinistra, lascia i salotti, torna in piazza e mette d'accordo tutti. Dopo mesi di liti, processi e colpi incrociati che hanno ridotto Rifondazione a un mucchio di nodi in apparenza senza soluzioni, il VII congresso ritrova una sua unità e una sua strada. Quasi un miracolo rispetto al clima di tensione che ancora si toccava negli interventi immediatamente precedenti quelli dell'ex Presidente della Camera. Un miracolo che può essere misurato con i 27 applausi che hanno scandito un intervento lungo 24 minuti; nei 30 secondi di applausi con cui è stato accompagnato dalla seggiola in settima fila fin sul palco; e nei sette minuti e mezzo di standing ovation finale esplosa dalla platea dei 650 delegati stracolma come non mai. Un infinito, appassionato abbraccio all'uomo che ha portato Rifondazione all'8,5 per cento e a un passo dalla tomba aggregando la Sinistra-L'Arcobaleno. Un miracolo, infine, che ha la faccia delle decine di persone con gli occhi lucidi, con la guance rigate dalle lacrime, soprattutto donne. E dello stesso Bertinotti che dopo tutto torna al microfono e dice, mano sul cuore: "Grazie per tutto quello che mi avete dato in questi anni, vi voglio bene".

L'ex segretario non aveva più parlato in pubblico, dopo la sconfitta, dello tsunami elettorale e di come fare per ritrovare una strada. Interventi spot che rinviavano sempre a oggi, al congresso. "Oggi" è arrivato, con molte paure, il timore dei fischi e delle vendette tipiche dei congressi che devono mettere un punto e fare i conti. Non c'è stato neppure un fischio. Anche perché, abilmente, Bertinotti è stato molto attento a non sfiorare mai il tema delle divisioni interne, delle ben cinque mozioni che rischiano di frantumare Rifondazione. "Si può cominciare da tante parti, io scelgo di cominciare dalla crisi di moralità, di quando ci si smette di scandalizzare di un governo che ogni giorno distrugge i principi della Costituzione, che attacca la scuola fondamento della democrazia e annulla l'insegnamento di don Milani" attacca Bertinotti, maglietta blu e giacca a righe, dimagrito ma grintoso. Sono le 12 e 30, scatta il primo di una lunga serie di applausi, più di uno al minuto.

"Fare e essere opposizione". E' un compito "enorme" dice l'ex segretario che parla come delegato di Cosenza, "specie contro questo governo". Un compito che deve partire "dalla costruzione di un nuovo senso di appartenenza e di comunione". Quella del 13-14 aprile è stata una "sconfitta storica" soprattutto perché "la cultura di sinistra in questo paese è minoritaria e quella di destra maggioritaria". L'esperimento della Sinistra-L'Arcobaleno ha "aggravato l'esperienza fallimentare del governo Prodi". Ma quello che sciocca è vedere che "il malcontento trova sfogo ed esito nella destra". "Quando un operaio tesserato per la Fiom va a votare Lega non è uno sciocco ma vuol dire che è stata tradita un'attesa. Noi dobbiamo essere in grado di riproporre la stessa attesa". Per farlo occorre "un'operazione politica-culturale per ricostruire la sinistra, antagonista, che rischia di scomparire in Europa". Il nemico da combattere, poi, "non è solo Berlusconi" ma questo "capitalismo totalizzante e incivile" e "l'individualizzazione del conflitto fino all'estremo atto del sabotaggio". Il nemico è il principio del "dividi e comanda". Anche per questo va difeso il sindacato.

Ricominciare "dal basso con processo costituente". "Ricominciamo" è la parola d'ordine del congresso. Campeggia in tutti i manifesti, ovunque nel parco termale. Ma da dove? "Dal basso" dice Bertinotti. Dopo una sconfitta come questa "non ci si può più sbagliare". Ammette che "sono state sconfitte tutte le ipotesi di unità a sinistra" ma quello che comunque serve adesso è un "processo "costituente", parola maledetta per il congresso, quella che divide, che fa impazzire la mozione 1 di Ferrero ma non parte neppure un fischio. Ora serve "qualcosa di diverso", più che "assemblare l'esistente deve tornare al contributo dei singoli". Allora ripartire dalle "case del popolo, dalla non-delega", da questa assemblea e da questo congresso, sempre però "innovando perché nessuno ha mai ricominciato tornando sui suoi passi".
Le alleanze: né col Pd, né con Di Pietro. E' uno dei momenti in cui la platea si spella maggiormente le mani. "Il Pd non ha i fondamenti per essere partito di opposizione" e "la politica populistica di Di Pietro non è di sinistra, anzi è di destra". L'opposizione da sinistra non può che "essere costruita da sinistra". Quello che serve è "ricostruire un nuovo movimento operaio". E attenzione alle parole: "Nuovo perché la classe operaia è cambiata" e movimento, cioè, e cita Marx, "quello che cambia l'ordine delle cose". Quello che serve è costruire il "socialismo del XXI secolo". E' l'apoteosi.

Reazioni. Applaudono tutti. Anche Ramon Mantovani, molto critico con Bertinotti in questi mesi, e che in mattinata aveva detto dal palco: "Sono nostalgico del partito del 1995, che mobilitava migliaia di persone nelle piazze". E Paolo Ferrero, leader della mozione 1, quella che si oppone a Vendola (documento 2) e quindi anche a Bertinotti. "Sul passaggio relativo alla Costituente non sono d'accordo - dice l'ex ministro - per il resto mi sembra un intervento da mozione 1". Gli è piaciuta molto la ripartenza del basso: "Per molto meno, mi avrebbero accusato di volere l'autonomia del sociale dal politico".

Solo tra qualche ora, al massimo, domani, si capirà se il compagno Fausto è riuscito a fare il miracolo, a ricomporre ciò che è frantumato. "La nostra parola è di nuovo liberazione" quasi urla chiudendo l'intervento. E di sicuro, "non ci poteva essere un congedo migliore di questo".

COMMENTO

Nessuna autocritica, il compagno Fausto è fatto così, sale in piedi sulle macerie che egli stesso ha provocato ed incita ad una rinascita, una ricostruzione.
Nè con il PD nè con Di Pietro dice Bertinotti.
Nessuno gli ha chiesto: ma allora con chi ?
E' semplice, si va da soli.
Il 'cursus honorum" bertinottiano è tutto costellato da episodi come questo, a cominciare da quando era sindacalista.
Da Wikipedia.
Aderisce al Partito Socialista Italiano nel 1960. Nel 1964 entra nella CGIL, diventando il segretario della Federazione Italiana degli Operai Tessili (l'allora FIOT) di Sesto San Giovanni, e tre anni dopo diviene segretario della Camera del lavoro di Novara. Sempre nel 1964 è tra i socialisti che rifiutano di fare del Psi un partito di governo e partecipa alla scissione del Psiup che nel 1972 confluirà nel Partito Comunista Italiano.
Dal
1975 al 1985 è segretario regionale della CGIL piemontese (si era infatti trasferito a Torino). Diventa il leader della corrente più a sinistra della CGIL, ovvero Essere sindacato, fortemente critica nei confronti della politica di concertazione condotta dalla maggioranza.
Da questa importante prospettiva prende parte alle lotte operaie di quel tempo, e quindi a quella degli operai della
FIAT nel 1980, terminata con i 35 giorni di sciopero e la marcia dei quarantamila che segnò una disfatta per il sindacato e per il PCI che quella lotta sostenne.
Non si è fermato più e non si fermerà.

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