sabato 26 luglio 2008

L'ULTIMO INSULTO A NAPOLITANO


Luigi Morsello

Massimo Giannini su La Repubblica del 26 luglio 2008 scrive: "Un destino ineluttabile accomuna i presidenti della Repubblica che hanno avuto la ventura di condividere la difficile "coabitazione" istituzionale con un premier come Berlusconi. Per un pezzo d'Italia che considera il Cavaliere un «golpista», e non un presidente del Consiglio scelto democraticamente dai cittadini attraverso il sacro rito repubblicano delle libere elezioni, gli inquilini del Quirinale non fanno mai abbastanza per combattere o abbattere il Tiranno. È toccato a Carlo Azeglio Ciampi, che nonostante abbia bocciato e rinviato alle Camere le due leggi più politicamente «sensibili» della seconda legislatura dell'uomo di Arcore (la riforma delle tv e la riforma dell'ordinamento giudiziario) ha subìto più di un assedio dagli estremisti del girotondismo e patito più di un'accusa dai professionisti dell'antiberlusconismo. Oggi tocca a Giorgio Napolitano, che nonostante l'impeccabile gestione dei passaggi più delicati dell'innaturale metamorfosi del bipolarismo italiano (la crisi del governo Prodi, il fallimento delle riforma elettorale e l'avvento del terzo governo Berlusconi) subisce i soliti strattoni da un'opposizione di palazzo che non si rassegna alla sconfitta e pretende il sovvertimento dei principi della sovranità parlamentare. E patisce le offese da un'opposizione di piazza che non conosce le regole ed esige la battaglia tra le istituzioni al di fuori dei paletti dell'architettura costituzionale.

L'offensiva è partita con il «vaffa-day» grillista dell'8 luglio, che ha preso a pretesto (giusto) le leggi-canaglia del premier per sviluppare una forsennata (e insensata) batteria di «fuoco amico»: contro il Pd, contro Veltroni, e soprattutto contro il Quirinale. Poi è toccato a Di Pietro, che ha cavalcato Piazza Navona con una disinvoltura a dir poco irresponsabile, all'insegna del nuovo motto consolatorio e pre-rivoluzionario: «Il regime non passerà!». Poi è stata la volta dell'Unità, che sia pure con tutto il garbo possibile ha spiegato comunque al capo dello Stato che promulgare la legge sulle immunità delle quattro alte cariche dello Stato è come apporre la firma su quello che Guido Carli, in altri tempi, avrebbe chiamato un «atto sedizioso». Infine, in un crescendo di qualunquismo e di pressappochismo, è Beppe Grillo a tornare sul «luogo del delitto». E stavolta non con la critica politica, ma con l'insulto personale.

«Napolitano è in salute?», si chiede il nuovo Torquemada della mediocrazia italiana sul suo blog. Si fa la domanda, e si dà la risposta. «La salute può essere l'unica giustificazione del suo comportamento. Vorrei essere rassicurato se è in grado di esercitare ancora il suo incarico e per quanto tempo. Se possibile disporre della sua cartella sanitaria...». Sono parole che si commentano da sole. E non meriterebbero neanche una replica. Dopo la manifestazione dell´8 luglio avevamo parlato di "subcultura", suscitando su Internet la reazione sdegnata dei grillisti. Di fronte alla nuova invettiva del Grande Imbonitore, non sapremmo trovare una definizione migliore. Ma una replica s'impone, perché queste parole riflettono una malattia diffusa, che è nata in una certa destra ma ormai sembrano attecchita anche in una certa sinistra: l'uso congiunturale della Costituzione e l'abuso conflittuale delle istituzioni. Nel caso di specie (il lodo Alfano) Napolitano ha fatto il suo dovere. Ha firmato una legge varata dal Parlamento. Poteva respingerla, se vi fossero emerse antinomie palesi e profili di manifesta incostituzionalità (combinato disposto degli articoli 74 e 87 della Carta fondamentale). Ma nella legge sull'immunità queste «falle» pregiudiziali non compaiono. Il governo ha persino recepito alcuni rilievi con i quali la Corte costituzionale aveva decretato nel gennaio 2004 l'illegittimità dell'analogo Lodo Schifani.

Vogliamo rassicurare Grillo e i grillisti: il presidente della Repubblica non solo è in ottima salute sul piano fisico e mentale, ma è anche in perfetta forma sul piano politico e istituzionale. I militanti del «vaffa» dovrebbero sapere che Napolitano non è Sarkozy o Bush e che il nostro capo dello Stato non può prevaricare le Camere, senza trasformare la repubblica parlamentare in regime presidenziale. E dovrebbero sapere che il sindacato definitivo sulla costituzionalità delle leggi non spetta al Quirinale, ma compete invece alla Consulta. Non capire tutto questo, e continuare a sparare a casaccio sul Quartier Generale, per certa sinistra barricadera è un errore uguale e contrario a quello che sta compiendo la destra egemone. È un altro modo per snaturare la dialettica democratica, e per alterare il fisiologico bilanciamento dei poteri.
La critica al Colle non configura di per sé un reato di «lesa maestà». Ma andrebbe per lo meno ben motivata, e ben argomentata. A chi giova, invece, l'ingiuria gratuita? A chi conviene trascinare anche Napolitano dentro la palude indistinta del senso comune dominante, dove tutto è sempre e solo «casta», dove si annacquano i distinguo e si accorciano le distanze, dove tutti sono uguali e ugualmente meritevoli di sberleffo satirico, di disprezzo pubblico, di condanna morale? La vera, subdola insidia del berlusconismo, l'ossimoro della «rivoluzione istituzionale» che incarna, la deriva di «autoritarismo plebiscitario» che rappresenta, meritano risposte diverse, più forti e più alte. E regalare Napolitano al solo Popolo delle Libertà, invece che lasciarlo a rappresentare tutto il popolo italiano, non è solo un clamoroso svarione tattico, ma è anche e soprattutto un rovinoso errore politico."

COMMENTO

Massimo Giannini è un raffinato e colto giornalista di Repubblica, che prende in questa circostanza, si fa per dire, la parola in difesa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dagli 'insulti' che Beppe Grillo avrebbe indirizzato al Capo dello Stato.
In un altro post ho criticato 'Bobo' Maroni per avere detto 'manderò a Napolitano...', dimenticandosi l'etichetta istituzionale che dovrebbe impedire agli uomini politici, ministri e non, di nominare il Capo dello Stato con tanta disinvoltura, che va a detrimento della sacralità della carica ricoperta, quello di Capo dello Stato, appunto.
Dunque, non posso prendere le difese di Beppe Grillo (che, fra l'altro, non ha bisogno di un 'avvocato di ufficio'), per ciò che ha postato sul suo blog, ma non si può disconoscere che Grillo è il catalizzatore di un malessero diffuso e generalizzato, che quale si fa fa interprete, facendo non il 'comico' (come egli ama definirsi, ed è vero, è quello il suo mestiere), ma della controinformazione e della satira politica.
Sarà anche ineluttabile il destino che accomuna i due uomini politici, l'ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (che in verità non è un uomo politico ma un economista prestato alla politica) e l'attuale Presidente della Repubblica, e cioè quello di essersi dovuti confrontare con Silvio Berlusconi.
Ma non si può disconoscere che chi deve confrontarsi ed affrontare un signore come Silvio Berlusconi può anche maledire la sorte che ha messo loro di traverso un simile personaggio, ma sono stati eletti Presidenti della Repubblica ed hanno accettato l'elezione.
Sono pertato i custodi della Costituzione ed hanno i poteri che loro la Costuzione riconosce, basta solo esercitarli, è questa la strada maestra.
Ci vuole molto coraggio per affrontare Silvio Berlusconi, non c'è dubbio, coraggio che non deve mai venire meno, perchè l'uomo è abituato a rilanciare sempre e a non arrendersi mai.
Questo coraggio va esercitato sempre.
Entrambi i Presidenti (Ciampi e Napolitano), invece, hanno controfimato promulgandole due leggi, chiamate (chissà perchè lodo), il 'lodo Schifani', cancellato dalla Corte Costituzionale e adesso il 'lodo Alfano', entrambe dichiarate dai costituzionalisti incostituzionali (palesemente o meno).
In entrambi i casi senza tener conto dei pareri espressi, appunto, dai costituzionalisti italiani, che nel secondo caso in 100 hanno firmato un appello acchè il 'lodo Alfano' non venisse promulgato.
Il Presidente Napolitano ha autorizzato la presentazione del disegno di legge relativo da parte del Governo, come prevede la Costituzione stessa.
Certo, c'erano in ballo i famosi 100 mila processi che sarebbero stati bloccati dalla norma blocca-processi, proditoriamente inserito nel decreto-legge sulla sicurezza, che questo sì dev'essere firmato dal Capo dello Stato per la promulgazione.
Ma proprio questa circostanza (l'inserimento proditorio di un emendamento che non c'azzeccava in nulla con la sicurezza) avrebbe dovuto consigliare, da una parte di non promulgare la conversione in legge di quel decreto-legge, così come modificato, e dall'altra di evitare di autorizzare la presentazione governativa del disegno di legge, che poteva ben essere presentato da una iniziativa parlamentare, circostanza che suonava come uno scambio, un baratto (il 'lodo' appunto), un 'do ut des', che poi avrebbe moralmente legato le mani al Presidente Napolitano.
Tutto ciò ha motivato e motiva la delusione se non lo sdegno di tanti, compreso chi scrive, dei quali Grillo si fa interprete a modo suo.
Grillo fa satira, non il giurista, l'argomentazione della critica l'hanno fatta, una volta per tutte, i 100 costituzionalisti, il cui appello è stato ignorato.
Massimo Giannini poi argomenta che dal punto di vista formale il comportamento del Capo dello Stato è stato ineccepibile, che la firma era un atto dovuto, che"
"Poteva respingerla, se vi fossero emerse antinomie palesi e profili di manifesta incostituzionalità (combinato disposto degli articoli 74 e 87 della Carta fondamentale)", improvvisandosi, credo, costituzionalista.
Vediamo cosa dicono le due norme della Costituzione citate da Massssimo Giannini.

Art. 74.

Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

Art. 87.

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Ecco, dal 'combinato disposto' di queste due norme costituzionali il Giannini ha dedotto che...
Mi pare un po' arbitrario.
La realtà è che il testo di iniziativa governativa, essendone stata autorizzata la presentazione dal Capo dello Stato come prevede la Costuzione (art. 71), non avendo subito modifiche in sede di approvazione da parte del Parlamento, non poteva non essere promulgato dal Presidente Napolitano: si era legato le mani !
D'altra parte, perchè chiamarlo 'lodo' ?
In diritto, l'arbitrato (il 'lodo) è una modalità di soluzione stra-giudiziale (cioè senza ricorso a processo ordinario) delle controversie civili e commerciali, svolta mediante l'affidamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi rispetto alla controversia, detti arbitri, normalmente scelti dalle parti, i quali producono una loro pronuncia, detta lodo, che contiene la soluzione del caso ritenuta più appropriata.
Se questo il significato del 'lodo', chiamare le due norme 'lodo Schifani' e 'lodo Alfano' è un riconoscimento pubblico della probabile contrattazione che è alla base delle due leggi, che, si badi bene, non sono leggi costituzionali, ma leggi ordinarie.
Al riguardo ho già espresso le mie opinioni (vedi il post di giovedì 24 luglio 2008).
Per concludere, io non capisco il senso dell'affermazione in chiusura del commento di Giannini, che riporto: "E regalare Napolitano al solo Popolo delle Libertà, invece che lasciarlo a rappresentare tutto il popolo italiano, non è solo un clamoroso svarione tattico, ma è anche e soprattutto un rovinoso errore politico.".
Vorrei che Giannini spiegasse come si può regalare il Presidente della Repubblica al centro-destra o al centro-sinistra, se quest'ultimo fosse al Governo.
Ma il Capo dello Stato che cos'è, un pacco-dono ?
Infine, nessuno ha ricordato il comportamento del Presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Correva l'anno 1994, le Camere non furono sciolte, come voleva fosse fatto Silvio Berlusconi, dopo la sfiducia incassata a causa della Lega Nord, ex alleato, anzi la legislatura arrivò alla sua scadenza naturale.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che il lodo sia - apparentemente - legittimo.

Lo ha detto proprio la Corte Costituzionale nella motivazione dlela sentenza n. 24 del 2004 laddove ha riconosciuto che l'esigenza espressa dal lodo Schifani può "essere in armonia con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico".

Corretti i difetti del primo lodo, tranne uno, la legge è in regola con la costituzione, anche se alcuni estensori della famosa sentenza oggi figurano tra i firmatari del poco plausibile "appello".

L'unico punto che è rimasto scoperto è quello della esclusione degli altri componenti degli organi costituzionali presieduti dalle quattro cariche.

Ma "il lavoro" dovrà essere completato proprio dalla Consulta che, se non vorrà smentire sè stessa, dovra estendere il lodo anche a tutti i parlamentari, per eliminare l'"odiosa" disparità di trattamento.

Si tratta, come noterà, di un sottile esercizio di crudeltà istituzionale dell'attuale maggioranza.

In tutto questo Napolitano non ha alcun ruolo. E', quindi, un'operazione culturalmente gretta quella di far ricadere su di lui una qualche responsabilità.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ho pubblicato il suo commento, nonostante non abbia avuto il buon gusto di firmarsi, il che è molto scorretto, visto che interviene su una questione di non poco momento.
Non mi pare di aver detto, nè mi pare sia stato detto che il famigerato "Lodo Alfano" sia incostituzionale nel merito.
Non mi scandalizzerei se la Corte Costituzionale mutasse il suo orientamento, espresso con la sentenza n. 24 del 31 gennaio 2004: ciò è accaduto e accadrà ancora,la giurisprudenza, anche quella costotizionale, si evolve.
Io ho detto, sulla scia di studiosi della materia (io non lo sono), che il metodo scelto per introdurre una così significativa e pesante modifica costituzionale doveva essere quello della LEGGE COSTITUZIONALE, non della legge ordinaria.
Lei dovrebbe conoscere la abissale differenza fra i due procedimenti legislativi.
Anche Nicola Mancino, Vice Presidente del CSM, ha espresse caute perplessità e lo ha fatto a legge (Lodo Alfano, pardon) già approvata, svelando il suo rispettoso dissenso con il Capo dello Stato.
Tanto mi basta.
Se vuole postare altri commenti sul mio blog, si firmi, diversamente non saranno accettati