Roberto Ormanni
Direttore de
IL PARLAMENTARE
12 giugno 2008
Arresti domiciliari per il senatore Nicola Paolo Di Girolamo, eletto all’estero nella circoscrizione Europa. L’indagine avviata all’indomani del voto dal pm Giovanni Bombardieri e dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo è al primo giro di boa. La giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato il 17 giugno prossimo dovrà decidere se autorizzare gli inquirenti ad eseguire la misura cautelare emessa dal gip Luisanna Figliolia nei confronti del senatore. E' il primo caso portato davanti alla nuova giunta.
Attentato ai diritti politici dei cittadini, falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla sua identità, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici determinata dall'altrui inganno, concorso in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, concorso in falsità in atti destinati alle operazioni elettorali determinata dall'altrui inganno, concorso in abuso di ufficio, falsità in atti destinati alle operazioni elettorali, false dichiarazioni sulle sue generalità. Questi, come è riportato nell’ordinanza del gip, gli otto capi d’accusa di cui deve rispondere De Girolamo.
Le spiegazioni che il senatore ha dato agli inquirenti nel corso del suo interrogatorio, dieci giorni fa, non solo non hanno convinto gli inquirenti, ma addirittura si sono trasformate in un boomerang: una delle contestazioni, infatti (false dichiarazioni sulle generalità), poggia proprio sulle risposte fornite da Di Girolamo ai Pm. In particolare, il senatore ha ribadito di essere residente all’estero anche in occasione dell’interrogatorio. Un’affermazione falsa. Era falsa al momento della presentazione della sua candidatura, ed era falsa anche quando il parlamentare erta seduto davanti al Pm.
L’ordinanza del gip è stata emessa il 7 giugno ed è stata trasmessa l’altro ieri alla giunta per le autorizzazioni del Senato. Secondo il giudice, che ha accolto la richiesta dei Pm, Di Girolamo avrebbe avuto “un ruolo criminale” e nella richiesta di autorizzazione a procedere il gip Figliolia osserva che “le condotte ascrivibili a Di Girolamo appaiono di allarmante gravità” e che “il predetto, in spregio alle istituzioni e senza alcun rispetto per il corpo elettorale e per i diritti politici del cittadino, con una serie incredibile di inganni, ha impedito di fatto che gli elettori potessero manifestare le proprie scelte essendo stati indotti in errore” circa “la legittimità della sua candidatura”. “Al fine di potere eseguire la misura cautelare- scrive il magistrato- si chiede quindi al Parlamento l'autorizzazione all'arresto dell'indagato”. Anche perché, si legge ancora nel provvedimento, “esiste il pericolo di reiterazione dei reati”.
Il giudice precisa infine che “gli esiti delle complesse indagini coordinate dalla Procura hanno consentito di raccogliere un compendio indiziario di particolare gravità a conferma delle ipotesi accusatorie formulate nei confronti degli indagati e con specifico riferimento al ruolo criminale svolto da Di Girolamo”.
L’inchiesta potrebbe riservare altre sorprese. C’è un passaggio della misura cautelare, infatti, che consente di prevedere che Di Girolamo non sarà l’unico indagato: il reato di abuso d’ufficio è infatti contestato al senatore “in concorso” con altri pubblici ufficiali. Dunque c’è almeno un'altra persona coinvolta nell’indagine.
D’altro canto, le irregolarità che erano emerse nel corso dei primi accertamenti, come Gente d’Italia ha raccontato un mese fa, non possono riguardare soltanto il candidato. Ci sono funzionari, e uffici, che avrebbero dovuto controllare le autocertificazioni presentate dal senatore al momento della candidatura. Controlli che non sono stati fatti. Forse in buona fede, forse no. Gli inquirenti dovranno accertare anche questo aspetto.
Nelle pieghe dell’inchiesta, inoltre, ci sarebbero anche un ruolo tutto da chiarire che, in occasione del voto estero, avrebbero giocato esponenti di ambienti legati alla criminalità.
Un capitolo dell’indagine tutto da esplorare, che certo non riguarda gli attuali indagati, ma che tuttavia potrebbe portare a ulteriori sviluppi.
Dagli accertamenti compiuti dai pubblici ministeri della procura di Roma sarebbe emerso che diverse schede bianche, ossia restituite senza alcuna preferenza dagli elettori, siano state invece “intercettate” e riempite prima di essere consegnate agli uffici consolari che, a loro volta, le hanno rimandate in Italia per lo scrutinio.
Si tratta ancora di un’ipotesi ma è venuta fuori proprio dai controlli relativi alla posizione del senatore del Pdl Nicola Paolo Di Girolamo.
Controllando le schede gli investigatori si sarebbero accorti che, anche nel caso del senatore Di Girolamo, risulterebbero attribuite a lui alcune schede bianche. Non è detto, naturalmente, che il candidato-eletto ne fosse al corrente. Addirittura potrebbe essere vittima di errori commessi da altri. Ma certo è che i magistrati devono dare risposta a diversi interrogativi. Il primo è stato girato proprio agli uffici consolari per verificare le procedure di invio delle schede agli elettori e di riconsegna delle stesse schede (votate, bianche o nulle poco importa) agli uffici. Le risposte che hanno ottenuto sembrano avvalorare, per ora, la tesi di un’alterazione del voto.
Saranno però necessari ulteriori controlli per arrivare ad un punto fermo sulle posizioni di altri candidati, sia quelli eletti che esclusi. Stando alle verifiche, ancora parziali, eseguite fino a questo momento, i casi di schede bianche sulle quali sono “comparse” preferenze non sarebbero isolati.
Ma la difficoltà di ottenere tutti i dati dai consolati attraverso il ministero e l’enorme numero di schede da controllare, rende lunghi i tempi di accertamento.
In particolare, non è ancora chiaro se l’eventuale manomissione delle schede bianche possa essere avvenuta soltanto all’estero o se anche nei passaggi italiani ci sia stata qualche “zona d’ombra”. Una questione non secondaria, dal momento che oltre a incidere sulle responsabilità degli addetti ai controlli e alla custodia delle schede in attesa dello scrutinio, potrebbe incidere anche sulla competenza territoriale nelle indagini. Se si dovesse accertare che qualcuno, in un altro Paese, avesse alterato le schede italiane, non è detto che le indagini siano di esclusiva competenza della magistratura italiana.
Intanto, alla fine della prossima settimana, la giunta per le autorizzazioni del Senato dovrà emettere il primo verdetto della legislatura.
Roberto Ormanni
Attentato ai diritti politici dei cittadini, falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla sua identità, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici determinata dall'altrui inganno, concorso in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, concorso in falsità in atti destinati alle operazioni elettorali determinata dall'altrui inganno, concorso in abuso di ufficio, falsità in atti destinati alle operazioni elettorali, false dichiarazioni sulle sue generalità. Questi, come è riportato nell’ordinanza del gip, gli otto capi d’accusa di cui deve rispondere De Girolamo.
Le spiegazioni che il senatore ha dato agli inquirenti nel corso del suo interrogatorio, dieci giorni fa, non solo non hanno convinto gli inquirenti, ma addirittura si sono trasformate in un boomerang: una delle contestazioni, infatti (false dichiarazioni sulle generalità), poggia proprio sulle risposte fornite da Di Girolamo ai Pm. In particolare, il senatore ha ribadito di essere residente all’estero anche in occasione dell’interrogatorio. Un’affermazione falsa. Era falsa al momento della presentazione della sua candidatura, ed era falsa anche quando il parlamentare erta seduto davanti al Pm.
L’ordinanza del gip è stata emessa il 7 giugno ed è stata trasmessa l’altro ieri alla giunta per le autorizzazioni del Senato. Secondo il giudice, che ha accolto la richiesta dei Pm, Di Girolamo avrebbe avuto “un ruolo criminale” e nella richiesta di autorizzazione a procedere il gip Figliolia osserva che “le condotte ascrivibili a Di Girolamo appaiono di allarmante gravità” e che “il predetto, in spregio alle istituzioni e senza alcun rispetto per il corpo elettorale e per i diritti politici del cittadino, con una serie incredibile di inganni, ha impedito di fatto che gli elettori potessero manifestare le proprie scelte essendo stati indotti in errore” circa “la legittimità della sua candidatura”. “Al fine di potere eseguire la misura cautelare- scrive il magistrato- si chiede quindi al Parlamento l'autorizzazione all'arresto dell'indagato”. Anche perché, si legge ancora nel provvedimento, “esiste il pericolo di reiterazione dei reati”.
Il giudice precisa infine che “gli esiti delle complesse indagini coordinate dalla Procura hanno consentito di raccogliere un compendio indiziario di particolare gravità a conferma delle ipotesi accusatorie formulate nei confronti degli indagati e con specifico riferimento al ruolo criminale svolto da Di Girolamo”.
L’inchiesta potrebbe riservare altre sorprese. C’è un passaggio della misura cautelare, infatti, che consente di prevedere che Di Girolamo non sarà l’unico indagato: il reato di abuso d’ufficio è infatti contestato al senatore “in concorso” con altri pubblici ufficiali. Dunque c’è almeno un'altra persona coinvolta nell’indagine.
D’altro canto, le irregolarità che erano emerse nel corso dei primi accertamenti, come Gente d’Italia ha raccontato un mese fa, non possono riguardare soltanto il candidato. Ci sono funzionari, e uffici, che avrebbero dovuto controllare le autocertificazioni presentate dal senatore al momento della candidatura. Controlli che non sono stati fatti. Forse in buona fede, forse no. Gli inquirenti dovranno accertare anche questo aspetto.
Nelle pieghe dell’inchiesta, inoltre, ci sarebbero anche un ruolo tutto da chiarire che, in occasione del voto estero, avrebbero giocato esponenti di ambienti legati alla criminalità.
Un capitolo dell’indagine tutto da esplorare, che certo non riguarda gli attuali indagati, ma che tuttavia potrebbe portare a ulteriori sviluppi.
Dagli accertamenti compiuti dai pubblici ministeri della procura di Roma sarebbe emerso che diverse schede bianche, ossia restituite senza alcuna preferenza dagli elettori, siano state invece “intercettate” e riempite prima di essere consegnate agli uffici consolari che, a loro volta, le hanno rimandate in Italia per lo scrutinio.
Si tratta ancora di un’ipotesi ma è venuta fuori proprio dai controlli relativi alla posizione del senatore del Pdl Nicola Paolo Di Girolamo.
Controllando le schede gli investigatori si sarebbero accorti che, anche nel caso del senatore Di Girolamo, risulterebbero attribuite a lui alcune schede bianche. Non è detto, naturalmente, che il candidato-eletto ne fosse al corrente. Addirittura potrebbe essere vittima di errori commessi da altri. Ma certo è che i magistrati devono dare risposta a diversi interrogativi. Il primo è stato girato proprio agli uffici consolari per verificare le procedure di invio delle schede agli elettori e di riconsegna delle stesse schede (votate, bianche o nulle poco importa) agli uffici. Le risposte che hanno ottenuto sembrano avvalorare, per ora, la tesi di un’alterazione del voto.
Saranno però necessari ulteriori controlli per arrivare ad un punto fermo sulle posizioni di altri candidati, sia quelli eletti che esclusi. Stando alle verifiche, ancora parziali, eseguite fino a questo momento, i casi di schede bianche sulle quali sono “comparse” preferenze non sarebbero isolati.
Ma la difficoltà di ottenere tutti i dati dai consolati attraverso il ministero e l’enorme numero di schede da controllare, rende lunghi i tempi di accertamento.
In particolare, non è ancora chiaro se l’eventuale manomissione delle schede bianche possa essere avvenuta soltanto all’estero o se anche nei passaggi italiani ci sia stata qualche “zona d’ombra”. Una questione non secondaria, dal momento che oltre a incidere sulle responsabilità degli addetti ai controlli e alla custodia delle schede in attesa dello scrutinio, potrebbe incidere anche sulla competenza territoriale nelle indagini. Se si dovesse accertare che qualcuno, in un altro Paese, avesse alterato le schede italiane, non è detto che le indagini siano di esclusiva competenza della magistratura italiana.
Intanto, alla fine della prossima settimana, la giunta per le autorizzazioni del Senato dovrà emettere il primo verdetto della legislatura.
Roberto Ormanni
Nessun commento:
Posta un commento