venerdì 13 marzo 2009


Anoressia e bulimia sono in Italia la prima causa di morte per malattia tra le giovani tra i 12 e i 25 anni. E si parla di circa 200 mila donne. È un forte allarme sociale e sanitario quello lanciato dalla Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare (Sisdca). «I disturbi del comportamento alimentare sono patologie in continuo aumento e gravi - ha precisato Roberto Ostuzzi, presidente della Sisdca, presentando giovedì a Roma le statistiche su anoressia e bulimia nervosa. Sono patologie invalidanti e con elevato indice di mortalità».

L'appello è ai genitori in particolare: un richiamo deciso all'attenzione, perché certe avvisaglie vanno colte subito e non sottovalutate. Senza drammatizzare comunque. Molte ragazze cominciano a manifestare distrurbi già a 10-12 anni. E se non ne parlano a casa, o con le amiche, lo fanno però spesso sul web attraverso siti, blog, chat e community. Tanto che il fenomeno sta diventanto inquietante. Molti infatti sono i siti definiti pro-anoressia che, nonostante siano illegali e spesso oscurati, spesso aumentano di numero e di contatti.

In Italia sono 260. In Spagna la polizia ne ha scoperti più di 400, mentre in Francia ad aprile del 2008 sono stati vietati. Spesso si tratta di blog dove le adolescenti si raccontano, ma in realtà contengono anche minacciosi messaggi subliminali che agganciano, come in un sortilegio, le ragazze insicure, insoddisfatte del proprio corpo o, molto più semplicemente, giovanissime che si sentono sole e trovano consolazione nel cibo.

«La presenza di siti web inneggianti alla condizione anoressica - spiega Nicola Garofalo, vicepresidente della Societa' italiana di medicina dell'adolescenza (Sima) - in realtà coglie di sorpresa solo chi non è usualmente vicino al mondo giovanile e non ne conosce pertanto le dinamiche comportamentali. La notizia, al di là di clamori mediatici, pone una seria riflessione non sul dato in sé, ma su ciò che il dato stesso sottende. Il problema, quindi, non è l'esistenza di questi siti, quanto perché tutto ciò accade».

I messaggi delle ragazze descrivono un mondo chiuso, omertoso, ma saturo di sofferenza e paure, mentre i suggerimenti dati sono semplici e truci allo stesso tempo: «Non ti preoccupare, ecco cosa devi fare quando ti viene fame: pensa a qualcosa di schifoso, tipo pulire il water o la lettiera del gatto». Ci sono ragazzine che dispensano consigli su alimentazione ed esercizi fisici, o come questo dove si alternano giri in centro per gli acquisti di Natale e disperazione per una dieta troppo rigida.

Molte di queste ragazze non capiscono che l'anoressia è una malattia, la considerano, sbagliando, una vera e propria filosofia di vita. «La mai vita è controllata da due personalità: Ana e Mia», scrive Stella nel suo forum privato. «Ana (anoressia) mi fa stare bene, mi fa sentire bella, mi fa sentire importante, mi fa sentire libera. Mia (bulimia, ndr) mi uccide dentro, mi fa sbagliare, mi rende brutta, mi rende cattiva, mi rende un fallimento».

Il problema è «il sentirsi soli e non sufficientemente amati ed accolti - continua Garofalo- una realtà che pone i giovani in una condizione di solitudine e di ricerca di realtà aggreganti alternative. Vi è un tentativo di socializzazione del disagio in un contesto di 'pari svantaggiati', che sia in grado di dare sicurezza psicologica ed affettiva. Va colto, pertanto, in questi comportamenti una chiara richiesta d'aiuto spesso inevasa da parte delle agenzie educative primarie».

Solitudine, mancanza d'affetto, disagio sociale, dunque, alla base del drammatico rapporto degli adolescenti (soprattutto ragazze) con il cibo, e che sono alla base anche del proliferare dei siti web che si sostituiscono alla famiglia, alla scuola e agli amici. Che fare dunque? Come arginare un fenomeno che miete vittime tra giovani e giovanissimi? «Tali siti- sottolinea Garofalo- utilizzano un linguaggio ammiccante, rassicurante prospettando valori quali l'amicalita', il salutismo, persino la sacralita' di modelli solo in apparenza positivi come l'ispirazione alla magrezza. Costituiscono, pertanto, una minaccia reale all'integrita' psichica e successivamente anche fisica di tanti giovani resi fragili da percorsi esistenziali variamente travagliati"»

«Come Sima poniamo l'accento sull'opportunita' che l'operato di tali gruppi promotori venga considerata un reato contro la persona analogamente a quanto avviene per il fenomeno della pedo-pornografia via internet».

Secondo il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini: «Occorre aprire un dialogo sull'alimentazione, affinché ci sia sempre un filo diretto con i figli. Oggi c'è uno scollamento tra abitudini dei ragazzi e capacità di controllo dei genitori, per questo il dialogo diventa fondamentale». E non bisogna guardare solo nel piatto. «Le avvisaglie di un problema possono essere diverse: dal peso che non aumenta più, all'assenza del ciclo mestruale, all'iperattività». Il ministero sta preparando una campagna di informazione ed eventi ad hoc incentrati sulla nutrizione «che non deve essere di tipo emotivo, ma consapevole e razionale. Ecco perché - continua il sottosegretario - penso che i temi dell'alimentazione sana debbano entrare nei programmi scolastici».

Il trattamento sanitario obbligatorio (Tso) è uno dei possibili strumenti di cura dei disturbi del comportamento alimentare, non una panacea. Ne sono convinti alcuni degli esperti intervenuti: «Dobbiamo guardare al Tso come a un capitolo di una storia clinica - spiega Massimo Cuzzolaro, professore dell'Università La Sapienza di Roma -, non come a una panacea del problema. I risultati a breve termine indicano che il trattamento obbligatorio può essere utile, ma le analisi a lungo termine sono complicate e mostrano che la mortalità rimane comunque alta».

Della stessa opinione Paolo Santonastaso, ordinario di psichiatria presso l'Università di Padova, che richiama l'attenzione anche sulla carenza di strutture specializzate dove poter applicare i trattamenti. «Il Tso - spiega - si applica nei servizi di Diagnosi e Cura e gli psichiatri reputandoli centri inadatti alle pazienti affette da anoressia riducono a monte la richiesta del Tso». Resta poi l'importanza di un approccio multidisciplinare al problema, pure in strutture dedicate. «I pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare devono seguano un percorso diverso rispetto ai pazienti meramente psichiatrici», ha detto Fabrizio Jacoangeli, ricercatore presso il Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Roma Tor Vergata. «La necessità stessa dell'intervento di coercizione - precisa - può essere indicata dal medico, ma deve essere concordata con psicologi e psichiatri che seguono quel paziente».
12 marzo 2009

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