di Tullia Fabiani
Questa è l'ultima, e si può partire da qui: «L'altro giorno mi sono recato all'istituto Pio Albergo Trivulzio per andare a trovare alcuni vecchietti. Mi sono fermato un po' con loro a chiedere come stavano. Poi ho visto una signora, mi sembrava la più anziana ma era molto arzilla. Mi sono avvicinato a lei e le ho detto: 'Signora quanti anni ha?'. Lei mi guarda e mi dice: 'Siamo coetanei..'. Oddio mio».
Silvio Berlusconi si copre la faccia con le mani mentre la platea dei parlamentari del Pdl che ascolta il premier scoppia a ridere. Il presidente del Consiglio allora continua nella storia: «Non ci crederete - dice ancora - ma sono stato un quarto d'ora a guardare il mio volto nello specchietto della macchina per vedere le prossime rughe. Ma non temete - aggiunge infine con un sorriso Berlusconi - io mi sento sempre 35 anni». Eccolo sorride il Capo, conforta se stesso prima di sollazzare il pubblico; tiene lo sguardo vacuo e sornione. Fa delle sue pose e delle sue ironie grezze un elisir, un rituale primitivo e mediatico, un esorcismo contro il tempo che passa e segna. E contro la fine.
Quello che di Silvio Berlusconi appare è una forma, una formula anche, di uomo vincente e piacente. Una combinazione ricercata di ottimismo, pragmatismo, ed efficienza cui lui stesso ha lavorato negli anni. A cominciare dall'immagine, dal suo corpo. Ed è proprio attraverso decine di foto che ritraggono Berlusconi - dagli esordi quale giovane e rampante immobiliarista (padrone della Edilnord) negli anni Settanta, al fotoromanzo del 2001, la sua “storia italiana” propinata agli italiani come biglietto da visita elettorale – che lo scrittore e saggista Marco Belpoliti racconta in un interessante libro, «Il corpo del Capo» edito da Guanda, l'imprenditore, il politico, l'uomo Silvio. Un corpo icona, un corpo “simulacro”, «qualcosa che non appartiene tanto all'ordine del reale, ma lo simula, lo produce». Un'occasione utile a risolvere il conflitto tra realtà e immaginario.
«Se si passano in rassegna le immagini fotografiche «ufficiali» di Silvio Berlusconi – scrive Belpoliti - ci si rende immediatamente conto che c’è un’esagerata volontà di essere ritratto, di posare, di essere presente negli album di famiglia e nella storia. Un narcisismo traboccante, ma anche qualcosa d’altro. Quasi un istinto, a tratti persino diabolico, di pensarsi in rapporto allo spettatore di turno, d’indossare degli abiti-maschera adatti a chi lo guarda. Detto altrimenti, l’attuale Presidente del Consiglio si fa fotografare — assume la posa in cui sarà o è fotografato — come se fosse uno specchio in cui contemplarsi. Noi — i suoi elettori, ma anche i suoi oppositori, detrattori, e persino nemici — siamo la superficie riflettente in cui Silvio Berlusconi si guarda: la sua vera immagine è il mondo». Nella fattispecie l'Italia, gli italiani che in un modo o nell'altro, governa da 15 anni. E che come ricorda l'autore hanno già di loro un'«inclinazione mitopoietica degli italiani, la loro necessità di creare continuamente dei miti e anche di abbatterli».
Ma se è così resta una domanda: ce l'ha una sua propria, intima, immagine Silvio Berlusconi?Chi è questo uomo in fondo? Nel tentativo di avanzare risposte e ipotesi plausibili, Belpoliti prende a riferimento i fatti: la cronaca politica, il costume, le letture sociologiche e filosofiche esistenti. Si va dalla “biopolitica” teorizzata da Michel Foucault, curare, analizzare, potenziare il corpo in vista di un uso economico all'auto-divinizzazione dei divi, indicata da Edgar Morin, quale strategia per «mantenere la sopravvivenza effimera, e rafforzare la fede in se stessi». Così la star viene soggiogata dalla sua stessa immagine, al punto che non distingue più la maschera dal volto.
«L'effimero domina le nostre vite, e Silvio Berlusconi appare come la stella permanente dell'effimero stesso – scrive Belpoliti - L'immortalità delle sue televisioni si presenta come l'immortalità prodotta in serie, l'immortalità per le masse. In questa prospettiva prevale una rinuncia al futuro, l'obiettivo di “dissolvere il futuro nel presente”, fare in modo che la finalità del tempo, con la sua prospettiva mortale non disturbi, assilli, o ossessioni gli uomini e le donne». Contro il logorio del tempo, contro le incisioni che lascia, che siano rughe in faccia, o ferite nella Storia c'è l'elisione della memoria; in alternativa la saturazione: troppe cose da ricordare così che non se ne ricordi nessuna.
E il sorriso. Torna. Ricorre. Persiste. «Silvio sorride sempre. Il sorriso è la migliore manifestazione del suo ottimismo. Un sorriso “a bocca aperta” – ma non spalancata». In questo modo secondo lo scrittore «Berlusconi esprime la promessa di un happy end, la realizzazione di un sogno che è quello personale, ma anche il sogno in cui può identificarsi ciascuno di noi, spettatori della sua ascesa sociale, economia e infine politica».
Ecco di nuovo la sua immagine riflessa nel mondo. Finta. Eppure osserva Belpoliti «la politica dell'immagine di Silvio Berlusconi finisce per rivelare qualcosa di intimo: l'insondabile intimità con la morte. Sono convinto che Silvio Berlusconi abbia fuggito e ancora fugga l'intimità implacabile che è implicita nell'immagine. La sua intimità attuale è ancora quella del simulacro, della finzione più vera del vero». Una finzione che gli fa ricordare tra i complimenti più belli quello di un tifoso del Milan che gli urla: «Silvioooo. Silvioooo: sei una gran bella figa!' Il complimento più bello della mia vita»
Una finzione che viene meno secondo l'autore solo in una foto, tra le più recenti: uno scatto di Alex Majoli, del 2008, che ritrae Silvio Berlusconi «fermo, davanti a una tenda bianca, le mani dietro la schiena, il volto girato verso di noi. Non sorride, e gli occhi appaiono lontani e spenti».
Questa immagine, nota Belpoliti, lo avvicina alla sua rassomiglianza, e per questo «è ancora più inquietante delle immagini che lo ritraggono sorridente e scherzoso, ottimista e baldanzoso, quelle immagini che ci ha imposto in questi ultimi venti anni e più». Le stesse che continua a imporre nonostante lo specchio incontrato al Trivulzio: una anziana signora arzilla, sua coetanea. Con le rughe, senza trucco.
(Le foto sono di Mauro Vallinotto, pubblicate nel libro "Il corpo del Capo", Guanda)
Silvio Berlusconi si copre la faccia con le mani mentre la platea dei parlamentari del Pdl che ascolta il premier scoppia a ridere. Il presidente del Consiglio allora continua nella storia: «Non ci crederete - dice ancora - ma sono stato un quarto d'ora a guardare il mio volto nello specchietto della macchina per vedere le prossime rughe. Ma non temete - aggiunge infine con un sorriso Berlusconi - io mi sento sempre 35 anni». Eccolo sorride il Capo, conforta se stesso prima di sollazzare il pubblico; tiene lo sguardo vacuo e sornione. Fa delle sue pose e delle sue ironie grezze un elisir, un rituale primitivo e mediatico, un esorcismo contro il tempo che passa e segna. E contro la fine.
Quello che di Silvio Berlusconi appare è una forma, una formula anche, di uomo vincente e piacente. Una combinazione ricercata di ottimismo, pragmatismo, ed efficienza cui lui stesso ha lavorato negli anni. A cominciare dall'immagine, dal suo corpo. Ed è proprio attraverso decine di foto che ritraggono Berlusconi - dagli esordi quale giovane e rampante immobiliarista (padrone della Edilnord) negli anni Settanta, al fotoromanzo del 2001, la sua “storia italiana” propinata agli italiani come biglietto da visita elettorale – che lo scrittore e saggista Marco Belpoliti racconta in un interessante libro, «Il corpo del Capo» edito da Guanda, l'imprenditore, il politico, l'uomo Silvio. Un corpo icona, un corpo “simulacro”, «qualcosa che non appartiene tanto all'ordine del reale, ma lo simula, lo produce». Un'occasione utile a risolvere il conflitto tra realtà e immaginario.
«Se si passano in rassegna le immagini fotografiche «ufficiali» di Silvio Berlusconi – scrive Belpoliti - ci si rende immediatamente conto che c’è un’esagerata volontà di essere ritratto, di posare, di essere presente negli album di famiglia e nella storia. Un narcisismo traboccante, ma anche qualcosa d’altro. Quasi un istinto, a tratti persino diabolico, di pensarsi in rapporto allo spettatore di turno, d’indossare degli abiti-maschera adatti a chi lo guarda. Detto altrimenti, l’attuale Presidente del Consiglio si fa fotografare — assume la posa in cui sarà o è fotografato — come se fosse uno specchio in cui contemplarsi. Noi — i suoi elettori, ma anche i suoi oppositori, detrattori, e persino nemici — siamo la superficie riflettente in cui Silvio Berlusconi si guarda: la sua vera immagine è il mondo». Nella fattispecie l'Italia, gli italiani che in un modo o nell'altro, governa da 15 anni. E che come ricorda l'autore hanno già di loro un'«inclinazione mitopoietica degli italiani, la loro necessità di creare continuamente dei miti e anche di abbatterli».
Ma se è così resta una domanda: ce l'ha una sua propria, intima, immagine Silvio Berlusconi?Chi è questo uomo in fondo? Nel tentativo di avanzare risposte e ipotesi plausibili, Belpoliti prende a riferimento i fatti: la cronaca politica, il costume, le letture sociologiche e filosofiche esistenti. Si va dalla “biopolitica” teorizzata da Michel Foucault, curare, analizzare, potenziare il corpo in vista di un uso economico all'auto-divinizzazione dei divi, indicata da Edgar Morin, quale strategia per «mantenere la sopravvivenza effimera, e rafforzare la fede in se stessi». Così la star viene soggiogata dalla sua stessa immagine, al punto che non distingue più la maschera dal volto.
«L'effimero domina le nostre vite, e Silvio Berlusconi appare come la stella permanente dell'effimero stesso – scrive Belpoliti - L'immortalità delle sue televisioni si presenta come l'immortalità prodotta in serie, l'immortalità per le masse. In questa prospettiva prevale una rinuncia al futuro, l'obiettivo di “dissolvere il futuro nel presente”, fare in modo che la finalità del tempo, con la sua prospettiva mortale non disturbi, assilli, o ossessioni gli uomini e le donne». Contro il logorio del tempo, contro le incisioni che lascia, che siano rughe in faccia, o ferite nella Storia c'è l'elisione della memoria; in alternativa la saturazione: troppe cose da ricordare così che non se ne ricordi nessuna.
E il sorriso. Torna. Ricorre. Persiste. «Silvio sorride sempre. Il sorriso è la migliore manifestazione del suo ottimismo. Un sorriso “a bocca aperta” – ma non spalancata». In questo modo secondo lo scrittore «Berlusconi esprime la promessa di un happy end, la realizzazione di un sogno che è quello personale, ma anche il sogno in cui può identificarsi ciascuno di noi, spettatori della sua ascesa sociale, economia e infine politica».
Ecco di nuovo la sua immagine riflessa nel mondo. Finta. Eppure osserva Belpoliti «la politica dell'immagine di Silvio Berlusconi finisce per rivelare qualcosa di intimo: l'insondabile intimità con la morte. Sono convinto che Silvio Berlusconi abbia fuggito e ancora fugga l'intimità implacabile che è implicita nell'immagine. La sua intimità attuale è ancora quella del simulacro, della finzione più vera del vero». Una finzione che gli fa ricordare tra i complimenti più belli quello di un tifoso del Milan che gli urla: «Silvioooo. Silvioooo: sei una gran bella figa!' Il complimento più bello della mia vita»
Una finzione che viene meno secondo l'autore solo in una foto, tra le più recenti: uno scatto di Alex Majoli, del 2008, che ritrae Silvio Berlusconi «fermo, davanti a una tenda bianca, le mani dietro la schiena, il volto girato verso di noi. Non sorride, e gli occhi appaiono lontani e spenti».
Questa immagine, nota Belpoliti, lo avvicina alla sua rassomiglianza, e per questo «è ancora più inquietante delle immagini che lo ritraggono sorridente e scherzoso, ottimista e baldanzoso, quelle immagini che ci ha imposto in questi ultimi venti anni e più». Le stesse che continua a imporre nonostante lo specchio incontrato al Trivulzio: una anziana signora arzilla, sua coetanea. Con le rughe, senza trucco.
(Le foto sono di Mauro Vallinotto, pubblicate nel libro "Il corpo del Capo", Guanda)
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