NAPOLITANO DIFENDE
I DEMOCRAT: INACCETTABILE
di Caterina Perniconi
Impeachment significa stato d’accusa. È una procedura a cui si può ricorrere se un titolare di carica pubblica ha commesso un illecito nell’esercizio delle proprie funzioni, ma in Italia questa formula non esiste. Eppure per il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, sarebbe la misura necessaria da adottare nei confronti del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, dopo la firma del decreto “salva-liste Pdl” varato dal governo. In realtà Di Pietro non aveva capito subito come avesse agito il Quirinale: “Appena ho saputo che Napolitano aveva firmato il decreto che permette a chi ha violato la legge di essere riammesso alla competizione elettorale – spiega il leader dell’Idv – ho pensato che il presidente della Repubblica si era comportato da Ponzio Pilato, lavandosene le mani”.
Un atteggiamento intollerabile per Di Pietro, ma non come quello che ha rilevato ieri mattina leggendo i giornali: “Poi ho appreso che il Colle avrebbe partecipato attivamente alla stesura del testo. E se così fosse sarebbe correo visto che, invece di fare l’arbitro, avrebbe collaborato per cambiare le regole del gioco mentre la partita era aperta”. “Se le cose stanno così, allora c’è la necessità di capire bene il ruolo di Napolitano in questa sporca faccenda, onde valutare se non ci siano gli estremi per promuovere l’impeachment nei suoi confronti per aver violato il suo ruolo e le sue funzioni”.
Per Di Pietro, l’accusa è quella di non aver salvaguardato la democrazia dall’ennesima legge ad personam: “A chi altro dovremmo rivolgerci per avere la garanzia che
Il Pd, sceso in piazza a Roma ieri per un primo presidio, ha gettato acqua sul fuoco: “Il presidente non poteva non firmare – ha spiegato Massimo D’Alema – la responsabilità politica è del governo, siamo di fronte a un atto d’arroganza di una casta pasticciona che si autoassolve”. Ma quando arriva la risposta del Quirinale, con una lettera del capo dello Stato pubblicata sul sito ufficiale, si capisce che il presidente della Repubblica riteneva il decreto una soluzione necessaria: “Il problema da risolvere – scrive Napolitano – era quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni Regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri”.
Le risposte “istituzionali”, comunque, non sono mancate: “Non sono momenti di impeachment per nessuno – ha detto il presidente del Senato, Renato Schifani – figuriamoci per Napolitano che gode della fiducia di tutti gli italiani”. D’accordo il presidente della Camera Gianfranco Fini: “La via del decreto mi sembra il male minore e la prima cosa che non bisogna fare è tirare in ballo il capo dello Stato. La posizione di Di Pietro è inaccettabile perché non sa o finge di non sapere che il presidente della Repubblica, quando firma un decreto, lo fa unicamente se quel decreto ha i necessari requisiti di costituzionalità e non entra mai nel merito del provvedimento d’urgenza varato dal governo”.
A sostegno di Di Pietro, questa volta, si è mosso tutto il suo partito. Anche chi, in occasione di altri attacchi al Colle, aveva preso le distanze: “È legittimo che Schifani e Fini esprimano il loro pensiero – ha detto il presidente dei deputati Idv Massimo Donadi – noi stiamo valutando l’impeachment del presidente della Repubblica. Poi saranno i cittadini a decidere se appoggiarci o meno”. E Leoluca Orlando, portavoce dell’Idv, ha chiesto di procedere contro Napolitano per “attentato alla Costituzione”, previsto dal nostro ordinamento.
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