Gli Angelucci chiedono un maxi-risarcimento a Santoro per un’inchiesta sulle loro cliniche
di Paola Zanca
Per il nostro presidente del Consiglio, in Italia c'è “fin troppa” libertà di stampa. Eppure, non appena un giornalista si azzarda a raccontare qualcosa, in Italia, fioccano le querele. La settimana scorsa, è toccato a noi: il presidente del Senato, Renato Schifani, ha chiesto al nostro giornale 720mila euro per aver scritto dei suoi rapporti e dei suoi trascorsi professionali. Ad Annozero è andata peggio: Antonio e Giampaolo Angelucci, re della sanità privata, e il loro gruppo, la San Raffaele spa, vogliono 65 milioni di euro. Sentono lesa la loro reputazione per come Santoro e la sua squadra hanno raccontato la loro influenza nella vita politica italiana.
Antonio e Giampaolo affermano di essere “personaggi molto noti nel panorama dell'imprenditoria”: talmente tanto, ricordano, che tutti li conoscono come “gli Angelucci”. Uno, Antonio, è deputato del Pdl. Attivi nella finanza, nel settore immobiliare e nell'editoria (sono loro Libero e Il Riformista), hanno nella sanità il loro business di punta. Attraverso la San Raffaele spa gestiscono 17 strutture sanitarie, quasi tutte nel Lazio e in Abruzzo. Il presidente del cda, Carlo Trivelli, ricorda che perfino una commissione d'inchiesta parlamentare sul sistema sanitario nazionale ha espresso “all'unanimità” grandi lodi su alcune sue strutture. Anche per questo, il Gruppo non può tollerare “la condotta diffamatoria” di Annozero. Che hanno fatto? L'11 febbraio scorso, si sono permessi di raccontare il punto di vista di chi, a differenza dei parlamentari, si tira fuori da quell’“unanimità”.
Santoro e i suoi, sostiene Trivelli, avevano “il malcelato intento” di dimostrare che alcune strutture accreditate con la Regione erano gestite in maniera “gravemente inefficiente”, che le prestazioni erano “molto al di sotto degli standard”, che lo Stato non eseguiva “controlli”. Nella querela, la San Raffaele spa cita il servizio inquadratura per inquadratura. In una, la figlia di una paziente racconta come anziché due ore al giorno, la riabilitazione durasse meno della metà. In un'altra, la stessa donna denuncia che “i pasti non erano mai per tutti”, che “mancava la carta igienica”, che la sedia a rotelle “non entrava” nel bagno. Va in onda anche la voce di un ex dipendente: assunto come ausiliario, faceva “assistenza ai malati”. Anche lui, come la figlia della signora, dice che “un paziente che abbia avuto un'ora di trattamento non esiste”. E ricorda che lui e i suoi colleghi, quando arrivavano i controlli lo sapevano “una settimana prima”. Infine non dimentica che ogni volta che “c'era un incontro tra loro e la Regione per accordi su accreditamenti” loro dovevano essere “presenti sotto per protestare”. Lui dice di essere stato assunto “come tutti” per “raccomandazione politica”. La San Raffaele dice che non può essere, perchè quell'uomo ha “militato in tutti gli schieramenti politici, senza distinzione alcuna”. Ricordano gli Angelucci nel loro atto di citazione che, intervistato, l'ex vicepresidente della Regione Lazio, Esterino Montino sosteneva che gli Angelucci, ad ogni accenno di riorganizzazione, rispondevano “licenziando 500 lavoratori”. Ricordiamo che il travagliato rapporto tra gli Angelucci e la regione Lazio, costò la poltrona di un assessore, Augusto Battaglia. Aveva messo a punto un piano di tagli, per risanare il buco lasciato dalla giunta Storace, e diffidato due ambulatori non convenzionati che gli Angelucci usavano come tali. Nel settembre 2007 Angelucci, al telefono con la moglie dice: “È venuto il presidente ha fatto quello che volevo io... Levano la delega a quel deficiente dell'assessore”. Più tardi, in un sms inviato dal portavoce di Marrazzo ad un dirigente del gruppo Angelucci si leggeva: “Poi dì che nun te voglio bene”. Secondo padre e figlio, il servizio dà l'idea di “un'avversione” degli Angelucci nei confronti dei giornalisti: davanti alla telecamera, un collaboratore del deputato, spiega che non è possibile prendere un appuntamento. Inoltre negano di aver imposto assunzioni e servizi all'istituto di fisioterapia (ora pubblico) di Mostacciano. Secondo la San Raffaele spa, i quattro milioni e ottocento mila telespettatori che, guardando Annozero, hanno visto queste scene devono aver pensato che la società è “inidonea e non attrezzata per svolgere un servizio pubblico” e addirittura potrebbero aver provato “avversione e fastidio” verso “un soggetto approfittatore che trae dal male altrui una fonte di ingenti guadagni”: tutto ciò che è' andato in onda, secondo i querelanti, “non ha il benché minimo fondamento di verità”. Quelle cose le hanno raccontate i diretti interessati, ma per la San Raffaele spa non sono “soggetti rilevanti nella vita politica, sociale, economica, scientifica e culturale”, dunque i giornalisti di Annozero avrebbero dovuto mettere in discussione la loro “aggressione immotivata e ingiustificata”. Per questo, chiede la San Raffaele spa, la Rai, Michele Santoro, la giornalista Giulia Bosetti e il lavoratore intervistato, Raffaele Pittiglio devono rettificare quanto dichiarato e sborsare 35 milioni di euro, più spese e interessi. Altri 30 milioni li chiedono Angelucci, padre e figlio. La “fin troppa” libertà? Si paga.
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