giovedì 6 maggio 2010

Dart Fener-Sallusti ha colpito, ancora


IL CONDIRETTORE DE “IL GIORNALE” PROTAGONISTA DI UNA “RISSA” VERBALE CON D’ALEMA

di Paola Zanca

Joker, Nosferatu, manganellatore, “de coccio”. A qualcuno ricorda perfino Dart Fener, il personaggio di Guerre Stellari corrotto dal Lato Oscuro della Forza.

Alessandro Sallusti, classe 1957, di soprannomi ne ha collezionati parecchi. E quasi tutti nell'ultimo anno. Già, perchè come l'eroe di Star Wars, non è nato così. Quando lavorava al Messaggero, all'Avvenire, al Corriere della Sera, non indossava nessuno scafandro nero. Anche adesso è difficile sentirlo urlare. Ma con calma, fermo, ha imparato ad avvicinare la preda e poi picchiare duro.

L'altra sera, a Ballarò, la sua “premessa sui moralisti” che attaccano Scajola comincia così. “Inaccettabile” che Massimo D'Alema, protagonista dello scandalo di Affittopoli “venga qui a darci lezioni sulla casa”.

“Per carità, per carità”, dice mentre l'esponente Pd spiega che lui pagava l'equocanone, non si è fatto pagare la casa da un imprenditore. Anche quando D'Alema urla che “l'accostamento è del tutto improprio!” replica a bassa voce: “Allora perché se n'è andato?”. Perfino quando lo manda “a farsi fottere” e gli dà del “bugiardo e mascalzone” Sallusti resta impassibile, non si inalbera, va avanti imperterrito a martellare: D'Alema dice che quando era in affitto non era al governo? “Ma se fai politica da quando hai 14 anni”.

D'Alema ricorda che lui ebbe “la sensibilità” di lasciare quella casa anche se non era reato? “Come Scajola”, ripete Sallusti.

Risposta pronta, sempre e comunque.

“Io capisco che la pagano per venire qui a fare il difensore d'ufficio del governo! Io capisco che lei deve guadagnarsi il pane! - lo attacca D'Alema – Le daranno un premio per questo numero, le manderanno qualche signorina!”. “No, le signorine le usavano i suoi uomini in Puglia”, chiude secco il condirettore de Il Giornale, lasciando D'Alema solo, a inveire contro “il suo datore di lavoro, quello che la paga per venire qui a fare queste scene”.

Sallusti racconta che a fine puntata è stato “accompagnato fuori da una guardia giurata”, tanta era la tensione in studio. E sì che di scene come questa, Sallusti ne ha vissute parecchie: “Il giornalismo – spiega – presume dedizione totale”, soprattutto quando “il momento è politico è complicato e necessita attenzione continua”.

Così, dopo l'aggressione al premier in piazza Duomo, fa il giro dei palinsesti a dire che Di Pietro, Travaglio e Santoro sono i mandanti morali della mano di Tartaglia.

A Exit chiede a Peter Gomez, che lo ha nominato parlando di riforma della giustizia, “cosa c'entra Dell'Utri con Berlusconi?”.

Alla direttrice dell'Unità Concita De Gregorio, che si è permessa di dare del “super-man” a Guido Bertolaso, dice che “se fossi un parente di un ferito tirato fuori dalle macerie del terremoto, la sua spocchia la paragonerei alle risate degli imprenditori”.

A chi lo attacca risponde: “Io non difendo Berlusconi”. A volte, azzarda il plurale: “Noi non siamo gli addetti di stampa di nessuno”.

Nel 2007 venne censurato dall'Ordine dei Giornalisti della Lombardia perché pubblicò vecchie foto osè di una giornalista de l'Espresso. Si giustificò spiegando che “non sapevo che la collega intendesse chiudere con il suo passato da modella”.

L'Ordine gli levò lo scafandro e, cortesemente, gli chiese di non prenderlo in giro. Comunque ieri, è arrivata la solidarietà a Sallusti da parte di Roberto Natale, presidente della Fnsi: “Quanto abbiamo ascoltato a Ballarò è più di una caduta di stile: è una pessima pagina nel rapporto tra politica e informazione, con l’aggravante che il politico in questione è anch’egli un giornalista”.

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