Le Fs e Moretti portano in tribunale Chiarelettere e Gatti per il libro-inchiesta
di Gianni Barbacetto
Un risarcimento di 26 milioni di euro: questa la richiesta che le Ferrovie dello Stato e il loro amministratore delegato, Mauro Moretti, hanno rivolto al giornalista Claudio Gatti e alla casa editrice Chiarelettere. Per il libro-inchiesta “Fuori orario. Da testimonianze e documenti riservati le prove del disastro Fs”.
Saranno i giudici del Tribunale civile di Milano a decidere. L’atto di citazione è stato notificato due giorni fa a Gatti a New York, dove vive, e all’editore a Milano. “Una richiesta di 26 milioni a una piccola casa editrice che ha un capitale sociale di 100 mila euro equivale a una minaccia di chiusura”, ha reagito l’editore, Lorenzo Fazio, che sarà difeso, come Gatti, dall’avvocato Caterina Malavenda. Il volume, arrivato in libreria nell’ottobre 2009, ha avuto finora due edizioni.
È il racconto di uno sfascio che è sotto gli occhi di tutti: treni sporchi, ritardi, guasti, sprechi, disservizi; ma anche gare truccate, soldi sprecati, appalti poco trasparenti, strane relazioni con sindacati e sindacalisti, rapporti incestuosi tra dirigenti e fornitori, carriere facili per gli “amici”, licenziamenti e vendette per chi osa opporsi.
Un capitolo è dedicato alla storia dell’Alta velocità all’italiana, alla sua discutibile transustanziazione in Alta capacità (non solo trasporto passeggeri, ma anche merci), alle alchimie finanziarie in cui, al di là delle promesse, i grandi gruppi imprenditoriali italiani guadagnano (senza alcuna gara internazionale) e lo Stato paga.
Claudio Gatti, uno dei migliori giornalisti d’inchiesta italiani, inviato speciale del Sole 24 Ore e collaboratore del New York Times e dell’International Herald Tribune, è stato il primo giornalista a scrivere dello scandalo internazionale Oil for food. In “Fuori orario” racconta le ferrovie italiane allineando alcune eccezionali testimonianze e molti inoppugnabili documenti: rapporti riservati, e-mail di dirigenti, consulenti, fornitori. Sei mesi dopo l’uscita in libreria, Moretti – in un momento in cui è in discussione la sua riconferma al vertice delle ferrovie italiane – passa al contrattacco. Con richieste pesantissime. Sei milioni di danni morali più due di riparazione pecuniaria avanzate a titolo personale, a cui si aggiungono le richieste di Fs, la società capogruppo (altri sei milioni più due), e quelle di Rfi e di Trenitalia, le società operative (quattro milioni di danni morali più uno di riparazione pecuniaria ciascuna). Totale: 26 milioni.
Una cifra sproporzionata che non può non risultare intimidatoria nei confronti del giornalista e dell’editore.
Come quella del presidente del Senato Renato Schifani, che ha recentemente intentato una causa civile nei confronti del Fatto Quotidiano con una richiesta di 720 mila euro. “Più che un atto di citazione, è una controinchiesta”, spiega Gatti.
“Un documento di 67 pagine in cui però non si mette in dubbio neppure uno dei fatti da me raccontati, asserendo che sia falso. Semmai Moretti mi contesta di non aver reso individuabili le mie fonti: ma ci mancherebbe altro.
Oppure nell’atto si fa capire che i problemi e i disservizi raccontati, magari veri in passato, non possono essere addebitati a Moretti, che li avrebbe risolti.
Ora, Moretti è amministratore delegato di Fs, la capogruppo, dall’ottobre 2006, ma prima, dal 2000, era amministratore delegato di Rfi, la società operativa.
E tutta la sua carriera, da trent’anni, è interna al gruppo: questo me lo rende anche simpatico, perché è un personaggio diverso dai boiardi di Stato della Prima Repubblica, è un tecnico cresciuto tutto dentro il gruppo delle ferrovie. Ma non può dire: i problemi hanno cominciato a trovare soluzione da quando sono arrivato; perché Moretti non è mai arrivato, nelle ferrovie c’è sempre stato”.
La linea del contrattacco non è: hai scritto cose false; ma: non dipendono da noi, oppure non sono più vere. Ma vallo a dire agli utenti, che i treni non sono più sporchi, non arrivano più in ritardo, non fanno più incidenti, non si guastano più.
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