Una discarica accoglie Napolitano a Marsala per le celebrazioni dell’Unità
di Sandra Amurri
Centocinquant’anni dopo sul lungomare di fronte a Porta Garibaldi nella città dello Sbarco al posto del Monumento all’Eroe ci sono materassi, ruote di auto, sacchetti dell’immondizia, topi che si rincorrono, una discarica a cielo aperto. Sarebbe dovuto costare 4 miliardi e 250 milioni di vecchie lire ma il primo stralcio del progetto del monumento che non c’è è costato nel 1984 un miliardo e 200 milioni di lire. “Oggi dovrebbero celebrare lo Sbarco con la canzone di Battiato” dice Marco studente universitario che tiene per mano la sua ragazza mentre intona Povera Patria (“...schiacciata dagli abusi del potere di gente che non sa cos’è il pudore si credono potenti e gli va bene quello che fanno e tutto gli appartiene.”) Per non parlare di ciò che dicono Bossi e suo figlio Renzo che proprio non va giù a Calogero seduto su una panchina a piazza della Repubblica che di anni ne ha tanti quanti i suoi capelli bianchi e il bastone che accompagna i suoi passi: “I Garibaldini erano anche bergamaschi, lombardi, veneti, piemontesi se lo sono dimenticato eh?”.
Stamane al presidente della Repubblica Napolitano non verrà mostrato il monumento che non c’è, andrà direttamente al porto ad attendere l’arrivo delle due imbarcazioni partite da Quarto il 4 maggio scorso, con l’orologio della storia nel 1860. Una cerimonia che si annuncia sottotono.
La storia del Monumento intrisa di responsabilità rimbalzate negli anni dagli amministratori che si sono succeduti pesa come un macigno nei ricordi dei marsalesi che per vedere realizzato l’ospedale hanno dovuto attendere ben 20 anni lasciando nella loro voce quella rassegnazione che segna il solco incolmabile tra i cittadini e le istituzioni.
La prima proposta di legge per istituire la nascita del monumento risale al 1960 e porta la firma del senatore del Pci Pino Pellegrino a cui seguì il progetto dell’architetto Emanuele Mongiovì. I marsalesi che non hanno perduto il vizio della memoria hanno ancora scolpite in testa le parole profetiche colorate da migliaia di garofani rossi pronunciate dinanzi ai loro occhi lucidi dalla commozione quel 14 giugno del 1986 dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi: ”Speriamo che non resti un'opera incompiuta”.
Craxi, arrivato a Marsala ad inaugurare la prima pietra del Monumento a Garibaldi alla presenza delle massime cariche dello Stato e delle autorità portuali, consapevoli che l’area era abusiva. Tant’è che dopo qualche anno, quando già era stata costruita la base della barca e alcuni piloni, la Capitaneria di Portò inviò una lettera a Genna, sindaco di Marsala ordinandone la demolizione. Ma delle ruspe neppure l’ombra, il cemento è ancora lì.
E’ tutto ciò che resta di quello che sarebbe dovuto essere: due poppe di nave, in travertino a grandezza quasi naturale che si fondevano in una sola prua a ricordare i due bastimenti dell'impresa, il Piemonte e il Lombardo, con l’albero maestro alto 47 metri che si sarebbe dovuto vedere dalle Egadi.
Oggi ci riprova il sindaco di Marsala Renzo Carini a far rivivere il monumento ma seppure si tratta di un progetto molto meno costoso stenta a trovare i finanziamenti. E c’è chi ricorda che ad Aprile circa un milione e duecentosessantamila euro sono stati spesi per la “Garibaldi tall ship regatta” svoltasi nella Trapani del senatore del Pdl Antonio D’Alì indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, nonostante la città dello sbarco dove molte vie sono intitolate ai Mille sia Marsala. Ma come si sa il potere ha anche la forza di piegare la storia. Storia che racconta anche una mafia tra le più radicate nel territorio che esprime il nuovo capo latitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro che gestisce appalti e si nutre della collusione con la politica. Marsala una città molto amata da Paolo Borsellino, che ne diresse la Procura fino a poco prima della strage di Capaci, quando andò a Palermo al posto di Giovanni Falcone divenuto direttore degli Affari Penali del Ministero.
A pochi chilometri dal capoluogo di provincia, Trapani, dove Napolitano è arrivato ieri sera, ospite del Prefetto Trotta, in quella stessa Prefettura da cui nel 2003 venne trasferito il Prefetto Fulvio Sodano, oggi consumato da un male incurabile, accusato dall’allora sottosegretario all’Interno D’Alì, come Sodano racconta a verbale, di essere paradossalmente “favoreggiatore” dell’antimafia in quanto si batteva per la difesa dei beni confiscati. E dove il Presidente della Repubblica incontrerà in forma privata il Governatore della Regione Lombardo e don Francesco Fiorino della Caritas di Mazzara del Vallo che gestisce aziende confiscate e una casa famiglia per il recupero di tossicodipendenti, ma non il capo della Squadra Mobile Giuseppe Linares minacciato di morte dagli uomini di Matteo Messina Denaro come fece il suo predecessore Ciampi. Poi Napolitano andrà a Salemi ad inaugurare il museo della mafia, sperando che il messaggio non corrisponda al nome, voluto dal sindaco Vittorio Sgarbi. Intanto Garibaldi sarà già sbarcato in Sicilia ma mai come ora l’Unità d’Italia appare una parola vilipesa.
Nessun commento:
Posta un commento