Taormina non vedrà lo spettacolo di Marco Travaglio. Il suo Promemoria, tre cubi, un microfono, una scena scarna per dimenticare l'orologio e ascoltare 15 anni ai confini della realtà, al Teatro antico della città siciliana, non approderà. Era previsto per il 9 luglio in una stagione che tra i Nastri d'argento al Cinema Italiano e i decibel dei Deep Purple, non pareva poterlo temere. Ipotesi errata. Una richiesta formale, una risposta gelida, stretta tra l'assurdo delle composizioni di Ionesco e gli enigmi della burocratjia. Nel no secco, elementi spuri. “(..) ove sussistano perplessità sulla validità culturale delle manifestazioni o della compatibilità d'uso del monumento stesso relativamente alla salvaguardia, agibilità e decoro”. Quindi all'ultras Travaglio e ai black bloc che seguendolo, com’è noto, devastano la scena lasciando vetri rotti, masserizie, capitelli divelti e volantini eversivi, ingresso vietato. Forse però, leggendo meglio, non si tratta di timori legati alla conservazione dei beni architettonici.
Si affaccia un altro dubbio, l'ombra della censura. Nelle oltre tre ore di spettacolo, Travaglio parla di Previti e Berlusconi, di mafia e di attentati, di quel 1993 segnato dal parastato, dalle bombe, dai veleni e dalla nascita di Forza Italia. Infatti, scorrendo il grottesco documento della soprintendenza, si scorgono ragioni differenti. “Verificati i contenuti del promemoria di presentazione (...) che si configura quale escursus (sic) giornalistico su eventi politici degli ultimi 15 anni, reputato che tale manifestazione sia confliggente ai dettami del sopra richiamato D.d.g 827 del 15/04/2010 e in contrasto con gli indirizzi riportati nella nota assessoriale, si esprime parere contrario al rilascio della concessione d'uso del Teatro antico di Taormina”. Firmato, Rocco Scimone, soprintendente ad interim dei Beni culturali di Messina.
Nel pomeriggio, una ragazza dalla voce gentile, risponde dagli uffici: “Sono tutti in vacanza, sa c'è il ponte del 2 giugno. Anche Scimone? Anche lui. Può provare a richiamare dopo il giorno 5”. Steso al sole o meno, Scimone risponde comunque. La conversazione con il soprintendente è tutta un non so. Perché Travaglio non può presentare Promemoria? “Perché esiste un decreto assessoriale che ultimamente è stato convertito in legge dalla Regione Sicilia. Detta i criteri e lo spettacolo di Travaglio non rientra in quei princìpi”. Se domandi, Scimone esonda. “Ma lei dovrebbe leggersi anche la mia nota, il motivo è abbastanza chiaro”. Quando eccepisci o parli di censura , Scimone ribatte. È un disco rotto. “Legga la mia nota”. Esegui ad alta voce, ma lui interrompe. “Non c'è bisogno che me la legga, l'ho fatta io, di conseguenza la conosco”. Com'è possibile che un concerto abbia cittadinanza tra le rovine e un monologo trovi la porta sbarrata? “Lei faccia le considerazioni che ritiene più opportune, io con atti rispondo”. C'è Sciascia, Camilleri, Bufalino, Rosi, un po’ di Totò. Un dialogo sordo. “Mi faccia il piacere. Non faccio considerazioni né tantomeno interpretazioni, veda lei come si vuole comportare”. Scimone non recede. “Legga la nota”, incalza: “Non faccio opinioni faccio atti”. “Ma lei è un funzionario statale, ha firmato un foglio ufficiale, qualche risposta la deve”. “No, io sono un dipendente regionale”. “Non di una repubblica autonoma, comunque” “È tutto scritto nella nota”. Alla fine, per consunzione, qualcosa Scimone concede. “Io produco atti, sopra di me ci sono assessori e dirigenti. Se lei non è soddisfatto dalle mie considerazioni, altri potranno fornire delucidazioni”. Chi? “Il dottor Armao e l'architetto Campo quelli che producono documenti ai quali mi devo attenere”. “Allora, come insinuano a Messina, lei non era d'accordo?”. “Assolutamente no. Se firmo, scrivo sono convinto”.
Quindi, Gaetano Armao, assessore regionale alla cultura e all’identità siciliana. Lirio Abbate ne ha scritto, a lungo e non benevolmente, sull'Espresso. Lui lo ha querelato. Mezzo milione di euro.
Armao è a Trapani e a metà di un lungo pomeriggio, al telefono, finalmente, risponde qualcuno: “Sono Lo Curto, il suo segretario particolare”. “Vorremmo parlare con Armao”. “Vediamo, non so, faccia così. Mandi le domande via mail, entro un'ora le faccio avere le risposte”.
L'intervista epistolare prende il via. Passa un'ora, ne trascorrono due. Richiamiamo. Una voce: “È lei Armao?”. L'uomo si libera subitaneamente del telefono. Allora, interviene Lo Curto: “Armao non l'abbiamo trovato. È corso dal presidente della Regione”.
Capiamo. Gli impegni. Rimane il quesito. Inevaso. Perché Travaglio non può recitare il suo monologo? : “Perché mi risulta non si possa fare satira politica al Teatro Greco di Taormina, c'è un comma apposito”. Povero Plauto. “Ma quella di Travaglio non è satira, è informazione”. “Ma secondo lei, se io mi chiamassi Travaglio e non Lo Curto, avrei un giornale pubblico a mia disposizione per gridare alla censura?”. Ma il nostro quotidiano non prende finanziamenti dallo Stato: “Mi stia bene dottore, tra l’altro a me Travaglio piace. Ad Annozero, lo seguo sempre. Magari Armao le risponderà nei prossimi giorni”.
I dialoghi citati non sono frutto di fantasia. M.P.
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