La giornata convulsa di Montecitorio si conclude alle 18.25, con un voto che, almeno per il momento e salvo sorprese, manda tutti in vacanza. Appuntamento all'8 settembre, comunica il presidente Fini. Si conclude con
L'applauso con il quale i deputati della maggioranza salutano l'esito favorevole del voto, ha le sembianze di un esorcismo. Così come le parole pronunciate a caldo dal leader della Lega, Umberto Bossi: "Resistiamo, per ora niente voto". In mezzo, una seduta che non ha risparmiato colpi di scena e momenti di tensione.
La "requisitoria" di Alfano. Si comincia con la requisitoria del ministro della Giustizia Angelino Alfano. Una lunga difesa del suo sottosegretario Giacomo Caliendo, che non è in aula ma segue al diretta televisiva a via Arenula. "Caliendo", dice Alfano, "non ha mai agito contro i suoi doveri. Ha svolto il suo lavoro in modo proficuo e merita di continuare a farlo". Parole che precedono un duro attacco a magistratura e opposizione: "Credo che questa vicenda della P3 sia soltanto il frutto di un'elaborazione di taluni pm e di una certa sinistra". Un giudizio delicato, fa notare qualcuno, su un'indagine in corso, pronunciato per di più dal ministro della Giustizia. Infine una frecciata ai finiani e al fronte dell'astensione: "Sui principi non ci si astiene, ci si astiene sulle leggi, sui provvedimenti ma non sui principi".
Di Pietro: Berlusconi come Nerone. Negli stessi momenti si conclude il vertice dello stato maggiore del Pdl a Palazzo Grazioli. "La maggioranza è salda", dicono tutti i partecipanti. Ma, fa notare qualcuno, ad agosto si faranno meno vacanze e si lavorerà sul partito. Con il via alle dichiarazioni di voto la discussione entra nel vivo. Dopo gli interventi di Mpa (astensione), Noi Sud (no),
Fli: Astensione "pesante". Il debutto di "Benedetto Della Vedova", vicecapogruppo vicario di Fli che per la prima volta rappresenta i suoi. La linea è quella annunciata: l'astensione. Ma è un'astensione "pesante" che contiene alcuni elementi di riflessione per la maggioranza. "Sosterremo l'esecutivo sul programma, ma fuori dal perimetro del programma andremo al confronto". E poi l'affondo sul sottosegretario: "Valuti se rimettere le sue deleghe". Infine un distinguo sulle prove di convergenza con i centristi. "Non è il Terzo Polo", spiega Della Vedova, "ma una novità importante". La parola passa poi a Casini che conferma la linea comune. "Non decapitiamo un uomo per una manciata di voti". E non risparmia un attacco a chi fa campagna acquisti: "Singolare essere accusati di trasformismo da chi fino a qualche giorno fa provava a indurci ad aiutare la maggioranza...".
Rissa tra Pdl e finiani. E' quando la parola passa al capogruppo leghista, Marco Reguzzoni, che la platea si infiamma. Non tanto per le parole dell'esponente del Carroccio, che giura fedeltà a Berlusconi e rilancia sul federalismo, quanto per la bagarre che scoppia nel frattempo tra due ex colleghi di partito. I protagonisti dello scontro sono il pidiellino Marco Martinelli e il deputato di Futuro e Libertà, Aldo Di Biagio. Evidentemente il cambio di casacca ha lasciato qualche strascico. Volano parole grosse e si sfiora la rissa, con Martinelli che scaglia contro l'ex compagno di partito la tessera che i deputati usano per votare. Solo l'intervento di altri deputati, tra cui Enzo Raisi (Fli), e dei commessi parlamentari evita che la lite degeneri all'esterno dell'Aula.
Cicchitto contro Repubblica. Torna la calma ed è la volta di Dario Franceschini. Il capogruppo del Pd invita Caliendo a rimettere le deleghe come si "farebbe in un paese normale". E poi fa quasi lo stesso con il Presidente del Consiglio ricordandogli che anche per "lui esiste la possibilità delle dimissioni". I toni si scaldano ancora quando prende la parola il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto. E' lui a evocare i "sacrifici umani richiesti una volta al mese dagli sconfitti dell'89". E i mandanti di quello che definisce "un rito tribale. Una deriva sollecitata e gestita da Repubblica e da Carlo De Benedetti, che ha ferocia ma non ha carisma personale". Un vero e proprio "network dello sputtanamento". Chiusura dell'intervento con la promessa "di non dare uno scalpo a Di Pietro".
Cori per Silvio. Quando mancano pochi minuti al voto, fa il suo ingresso in Aula il presidente del Consiglio. Non uno sguardo con Fini. In compenso, partono i cori da stadio dai banchi della maggioranza. Un insistente "Silvio, Silvio" che si conclude solo quando Berlusconi fa un cenno ai suoi con la mano, come si usa, appunto, allo stadio. Poi i cori sono per Umberto Bossi, accanto a una sorridente Stefania Prestigiacomo. Titoli di coda sul tabellone elettronico di Montecitorio. I numeri sono quelli noti. Gli altri più interessanti: 603 i presenti, 25 su 33 gli astenuti di "Futuro e Libertà", 7 i voti mancanti al Pdl rispetto alle previsioni della vigilia. Il più soddisfatto alla fine sembra Giacomo Caliendo che ribadisce di non aver "mai frequentato persone inaffidabili".
Le reazioni. Gli altri sono più impegnati a ragionare sugli scenari futuri. "E' un governo che non ha più i numeri", dice Antonio Di Pietro. Sulla stessa linea, Pierluigi Bersani. "La maggioranza non c'è, è una promessa di crisi" afferma il segretario del Pd, che poi strizza l'occhio al Terzo Polo: "E' meglio accorciare le distanze tra
tutte le forze d'opposizione, per realizzare una alternativa di governo davvero solida. Penso ad uno schieramento molto ampio, fatto da chi è affezionato alle regole".
E mentre Chiara Moroni annuncia il suo passaggio a "Futuro e Libertà", il capogruppo Bocchino saluta con "soddisfazione" la prima prova del neonato gruppo parlamentare. I finiani alla Camera salgono a 34. Un pacchetto sempre più decisivo. Così anche nella maggioranza le elezioni anticipate sembrano meno lontane. "La fedeltà alla maggioranza e al governo non si dimostrano a parole", commenta il ministro Matteoli, "ma con i fatti e i fatti sono chiari. E' di tutta evidenza che adesso le elezioni anticipate sono più vicine". E anche Tremonti comincia a ragionare sul futuro: "'La crisi politica, se ci sarà", dice il ministro "non avrà un impatto sui conti pubblici dell'Italia".
(04 agosto 2010)
2 commenti:
Sono stata sveglia sino a tardissimo (oltre l'una di notte) per vedere in diretta gli interventi e la votazione.
Si è portato alla Camera anche le donne che fanno il tifo da stadio il nostro beneamato presidente.
Ma quando finirà questo stillicidio?
Cara Anna, quelle sono Ministri della Repubblica, per meriti di letto. Non è possibile dare una risposta alla tua domanda. Azzardo: se si dimette a settembre si voterà a novembre, se si dimette a novembre si voterà a primavera del 2011. Secondo me oltre non può andare perchè se continua così, non avendo più la maggioranza assoluta alla Camera, arriverà forse alla scadenza naturale della legislatura (2013) ma logorato e senza la speranza di rivincere.
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