Domani il voto di sfiducia su Caliendo: Futuro e Libertà con l’Udc verso l’astensione. L’ira dei berluscones sul nuovo “patto”
di Sara Nicoli
Bisogna essere delle vecchie volpi come Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, per riuscire a portare a casa il risultato che vuole il Capo accusando gli altri di aver compiuto un atto “inaccettabile” contro il governo e contro il sottosegretario Giacomo Caliendo. Come voleva Berlusconi, infatti, ieri la conferenza dei capigruppo di Montecitorio si è espressa a favore della discussione della mozione di sfiducia per il sottosegretario alla Giustizia, braccio destro di Angelino Alfano, indagato per violazione della legge Anselmi nell’ambito dell’inchiesta sulla P3: arriverà in aula domani, con tanto di voto in diretta tv nel tardo pomeriggio. Nella riunione dei capigruppo, Cicchitto ha fatto di tutto perché venissero discussi questa settimana due decreti in scadenza (sulla Tirrenia e sull’eolico) ben sapendo che, in questo modo, sarebbe stato inevitabile calendarizzare anche la mozione di sfiducia chiesta da Pd e Idv. Poi, all’uscita, ha accusato gli avversari: “È inaccettabile che si proceda al voto sulla mozione di sfiducia quando è in corso ancora il procedimento giudiziario nei confronti di Caliendo; se ne assume la responsabilità l’opposizione ed esamineremo con grande attenzione il risultato del voto sulle mozioni”.
Come se già non sapessero come andrà a finire. Complice il voto palese in aula e la diretta televisiva, il gruppo dei finiani si avvia verso un’astensione compatta in modo da far abbassare anche il quorum e far sì che servano meno voti per “salvare” Caliendo. Anche se solo qualche giorno fa Fini aveva chiesto la testa di Caliendo come quella di Cosentino e Verdini, in nome della legalità. Ma erano altri giorni. Ora, dopo il divorzio, con l’astensione il presidente della Camera dribbla anche il rischio di spaccare subito il nuovo gruppo Fli – il vero obiettivo di Berlusconi – all’interno del quale è noto che sono ancora una quindicina su 33 i finiani che ancora non si sono chiariti con se stessi sull’appartenenza e sul futuro. L’idea del Cavaliere, infatti, sarebbe quella di rendere un tormentone l’ipotesi del ricorso anticipato alle urne e costringere, sull’onda della paura di non essere ricandidati, molti dei transfughi a tornare all’ovile pidiellino di nascita.
Una strategia che alla lunga potrebbe mostrare respiro corto, mentre all’ombra dello scontro finale tra Fini e il Caimano si stanno facendo le prove generali per un’alleanza che, invece, potrebbe dar parecchio fastidio a Berlusconi, proprio nell’ipotesi di un ricorso alle urne. Ieri se n’è avuto l’annuncio, ma il primo passo sarà fatto oggi quando i finiani e gli uomini dell’Udc di Casini si vedranno per trovare “una convergenza” sul comportamento da tenere proprio sul voto contro Caliendo. In buona sostanza, ci si avvia verso l’astensione dei due gruppi mentre Pdl e Lega voteranno per salvare il sottosegretario mentre Pd e Idv daranno, ovviamente, il pollice verso. Caliendo, probabilmente, si salverà, non crollerà la maggioranza politica alla Camera, ma subito dopo si aprirà uno scenario di grandi manovre al centro che potrebbero anche portare alla costruzione, in autunno , di una nuova formazione politica centrista con Fini, Casini, Rutelli e forse anche Montezemolo. Quanto di peggio per il Cavaliere. Che farà di tutto per contrastarne la nascita non solo perché in grado di scardinare in modo pesante il bipolarismo, ma anche perché capace di erodere, in modo significativo, il consenso nella parte centrista del Pdl. Un bel guaio davvero per il Cavaliere. In prospettiva, ovviamente. Perché per il momento il governo non è in discussione. Le elezioni anticipate, in fondo, le cerca solo Berlusconi, non certo il Pd e neppure i finiani. Men che meno il Quirinale che, con la sponda di Fini, avrebbe fatto chiaramente intendere di non volere sorprese dal voto di domani. Se venisse meno la maggioranza, si sostiene al Colle, Napolitano non sarebbe in grado di respingere Berlusconi e la sua richiesta di urne anticipate. Dunque, meglio evitare inutili strappi. E, infatti, anche un ex colonnello come
Solo che ci vorrebbe di più. E la ricetta la dà Italo Bocchino: “Soltanto un patto di legislatura può salvare l'attuale assetto bipolare, il governo e la maggioranza”. Il finiano di ferro, nuovo capogruppo in pectore, ha quindi invitato Berlusconi a “riflettere bene prima di fare la prossima mossa, soprattutto dopo l'errore di aver sbagliato i conti sulla consistenza delle truppe del presidente della Camera”. Bocchino, infine, ha avvertito Berlusconi: “Sta ripetendo l’errore di teorizzare che Fini sarebbe costretto a fare un partitino alleato poco corposo e per nulla influente o che finirebbe per essere solo”. Dopo l’annuncio dell’incontro con Udc pare proprio che si stia avviando su tutt’altra strada.
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