MARCELLO SORGI Nella confusione generata dal mercoledì nero del governo nell'aula del caso Caliendo, Bossi è l'unico a muoversi con chiarezza: come sempre lo schema del Senatur è "bianco-nero", senza chiaroscuri. La Lega sta con Berlusconi sia che il governo continui, sia che si debba andare ad elezioni anticipate. Ma a patto che il Cavaliere tenga la porta chiusa ad ogni ipotesi di rinegoziazione con Fini o con Casini, che potrebbero maturare in autunno, magari come effetto di missioni diplomatiche segrete in questo agosto che per la prima volta non vedrà il premier andare in vacanza. Il rafforzamento dell'asse nordista tra Pdl e Lega fa di Bossi, non più solo l'azionista di riferimento del centrodestra, ma in qualche modo l'amministratore delegato della maggioranza ridotta in minoranza. Più che dalle minacce uscite ieri dall'ennesimo vertice del Pdl a Palazzo Grazioli, lo scioglimento delle Camere dipenderà dall'ultima parola del leader leghista. Per il quale, ovviamente, sarebbe preferibile andare alle urne avendo incassato la riforma federalista, con l'obiettivo di fare stabilmente del Carroccio il primo partito del Nord, che non dovendo chiamare i suoi elettori a un'estrema battaglia per ottenerlo. Nel primo caso, infatti, si tratterebbe di fare una campagna più simile a quella delle ultime regionali, a fianco di Berlusconi e contro tutti gli avversari "romani", a partire naturalmente da Fini e dagli ex-An. Nel secondo, per placare le frange più impazienti di un elettorato che ha già mostrato di recente le sue inquietudini per il mancato incasso della lunga collaborazione della Lega con il centrodestra, il Senatur dovrebbe in qualche modo prendere di mira anche il Cavaliere e la sua incapacità finora, di realizzare le grandi riforme che aveva messo in programma. In questo senso la gaffe che ieri aveva messo in forse l'alleanza tra i due partiti superstiti dell'attuale maggioranza, pur smentita tempestivamente, è rivelatrice dei dubbi che si agitano anche nel Carroccio. Al momento, tuttavia, questo inconcludente gran parlare che si fa, a proposito di un eventuale nuovo scioglimento delle Camere, finirà con l'avere come unico esito di irritare Napolitano. Il Capo dello Stato è l'unico interlocutore deputato ad esaminare il problema ed eventualmente, in caso di crisi, a decidere se in mancanza di una qualsiasi maggioranza, come ieri è apparso chiaro dai numeri della Camera, non ci sia altro da fare che tornare alle urne. Ma nessuno di quelli che ieri sera si affollavano in tv a parlare di elezioni finora s'è preso la briga di sentire l'opinione del Presidente della Repubblica. |
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