AMEDEO LA MATTINA
Quello che decide Gianfranco si fa e chi non è d’accordo si adegua». Sono chiare e nette le parole di Aldo Di Biagio, uno dei fedelissimi di Fini, che ieri sera ha partecipato alla riunione dei deputati di Futuro e Libertà. Una riunione preceduta da un’infinità di telefonate e numerosi incontri nell’ufficio del presidente della Camera perché sulla linea dell’astensione concordata con l’Udc, Api e Mpa non c’era un accordo. «Mi devono convincere. Caliendo - spiegava nel pomeriggio Donato Lamorte - non mi sembra nella stessa condizione di Cosentino e degli altri. Quanto al capogruppo io non sono mai stato d’accordo sul nome di Bocchino, e non è un mistero per nessuno. Si dovrà votare a scrutinio segreto e se prevale il nome di Italo la minoranza si adeguerà alla maggioranza».
La posizione di Lamorte è quella di altri «futuristi moderati», come Lo Presti, Moffa e Divella. Ma è anche quella del ministro Ronchi, del viceministro Urso e dei sottosegretari Viespoli, Menia e Buonfiglio. Loro si troverebbero in imbarazzo a votare contro il collega Caliendo. Così voteranno contro la sfiducia. E’ stato lo stesso Fini a indicare questa soluzione. «Non riuscirei a capire come un membro del governo possa dare un voto difforme da quello del governo di cui fa parte. Per questo - ha aggiunto all’incontro nella sede di Farefuturo - ritengo che i ministri debbano votare no alla mozione, gli altri si astengano». Ha poi spiegato che bisogna ribadire «assoluta fedeltà al programma di governo. Ribadire con i fatti la lealtà al governo. Saremo coerenti, ma c’è libertà di dissenso sulle cose non in programma. Non siamo traditori».
Per Fini in questa fase bisogna «prima di tutto nervi saldi e idee chiare: dobbiamo essere consapevoli che quanto fatto finora forse è nulla rispetto a quanto ci aspetta, a cominciare dalla campagna di fango mediatica e dalle varie minacce, come quella di elezioni anticipate». Minacce, ha spiegato Fini, «non tanto da parte di Berlusconi, ma soprattutto provenienti da pseudo berlusconiani». Fini, quindi, invita i suoi ad essere «estremamente parchi nelle dichiarazioni, vale per tutti e per nessuno». Quanto alla mozione di sfiducia contro Caliendo, si tratta di una mozione «chiaramente strumentale» e i finiani non cadranno nell’imboscata. Fini ha convinto i dubbiosi ad astenersi, spiegando che fa parte di una strategia complessiva: una mossa che serve ad avviare concretamente il coordinamento parlamentare con Udc, Api e Mpa. Un coordinamento definito «area di responsabilità istituzionale» e che prelude ad un’intesa politica ed elettorale nel caso Berlusconi volesse far precipitare la situazione verso le urne. Ma non è il terzo polo: «Nessuno è autorizzato, perchè non è la mia idea nè il mio progetto. La riunione di oggi con Api, Udc e Mpa è un fatto politico perchè è la prima volta che forze di maggioranza, e noi siamo maggioranza, e forze di opposizione si confrontano su valori come garantismo». E da oggi in poi basta divisioni tra falchi e colombe: «Vi chiedo di trovare sempre una sintesi unitaria. È una necessità assoluta».
Il compromesso tra falchi e colombe c’è stato, ma con un punto a favore dei primi. Il capogruppo alla Camera sarà infatti Bocchino affiancato da Benedetto Della Vedova, che oggi farà la dichiarazione di voto, e Conte come vicecapogruppo vicario. Baldassarri sarà il presidente dei senatori fino a settembre poi gli subentrerà Viespoli. Moffa farà il coordinatore dei gruppi e Menia organizzatore del territorio. Il nome di Bocchino è un pugno nello stomaco per Berlusconi: è uno dei tre deferiti ai probiviri. «Il capogruppo non ce lo facciamo imporre da Berlusconi», ha spiegato Fini. Il quale non ha gradito le telefonate che il premier ha fatto ai moderati per convincerli a stare dalla sua parte. Lo stesso Menia in un’intervista ha raccontato che il Cavaliere gli ha chiesto di fare da pontiere. Per Fini questi tentativi sono come il «bacio della morte»: per questo ha deciso per Bocchino. Il quale, tra l’altro, ha esperienza nei lavori in aula, mentre Moffa è impegnato come presidente della commissione Lavoro della Camera. La nomina di Bocchino è il segnale della linea dura, è la risposta al deferimento ai probiviri e alla defenestrazione da vicecapogruppo del Pdl voluta da Berlusconi.
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