mercoledì 18 agosto 2010

L’OMBRA DEL DEBITO


L’Irlanda alimenta di nuovo il panico sui mercati
E a settembre l’Italia deve trovare 52 miliardi

di Stefano Feltri

A settembre l’Italia ha 52 miliardi di euro in titoli di Stato in scadenza. Altri 16 in ottobre, 36 in novembre, 30 in dicembre. In totale fanno 134 miliardi, si arriva a quasi 170 considerando anche quelli scaduti e in scadenza ad Agosto. Questo significa che il ministero del Tesoro deve rimborsare titoli arrivati allo scadere previsto dal contratto (in gran parte Bot e Btp), e trovare sul mercato investitori disposti a comprare altri titoli per somme analoghe. Visto che l’Italia non può certo ridurre all’improvviso il proprio debito per decine di miliardi.

Tutto bene a Dublino?

IL PROBLEMA, COME sempre, è il prezzo. L’Irlanda stava per scatenare il panico sui mercati, come la Grecia tra marzo e maggio, perché fino a ieri c’era il diffuso sospetto che gli investitori avrebbero comprato il suo debito solo a caro prezzo, indicando così che le finanze pubbliche di Dublino erano al collasso. E, soprattutto, rendendo il fardello del debito sempre più difficile da sostenere (se i mercati decidono che un certo debito è rischioso e deve pagare interessi più alti, questi vengono poi richiesti anche alle aste successive.) Invece è andato tutto bene. L’Irlanda ha piazzato senza problemi mezzo miliardo di euro di buoni del Tesoro. Quelli con la scadenza ravvicinata, 2014, a un tasso accettabile di 3,6 percento, quelli a 10 anni al 5,4 percento. Prezzi nella norma, poco coerenti con l’etichetta di “nuova Grecia” che gli analisti di Citigroup avevano affibbiato all’Irlanda. La richiesta degli investitori è stata due volte superiore all’offerta. Dunque, dov’è il problema?

Il segnale poco rassicurante – come ricorda il blog The Source del Wall Street Journal – è che mentre gli occhi di tutti erano puntati su Dublino, i titoli di Stato tedeschi a dieci anni venivano prezzati dai mercati ai livelli massimi, come nei giorni peggiori della crisi greca. Come è possibile che mentre gli investitori fanno a gara per compare i rischiosi titoli irlandesi, siano così diffidenti verso quelli tedeschi? La risposta è ben chiara ai trader e anche al ministero del Tesoro italiano: c’è in giro un sacco di liquidità, soldi immessi nel sistema dalle banche centrali, e gli investitori approfittano di questo momento di relativa calma per investirli là dove rendono di più. Il ragionamento di chi si è tuffato sui bond irlandesi è questo: “Visto che hanno salvato la Grecia, salveranno anche l’Irlanda quindi, per ora, compro il suo debito. Se poi, un domani, il prezzo di queste obbligazioni dovesse crollare, i rendimenti alle nuove aste impennarsi, si può sempre tornare sui tranquilli bund tedeschi”.

Guai per l’Italia se torna il panico

L’EQUILIBRIO, però, è fragile. Basta un niente a scatenare di nuovo il panico di fine maggio, quando anche l’euro sembrava a rischio. Proprio la valuta europea è stato il paracadute in questi mesi: anche grazie alla crisi greca, si è indebolita nei confronti del dollaro. Le imprese europee hanno ricominciato ad esportare e le differenze tra l’andamento (e quindi la capacità di far fronte ai debiti) dei Paesi più dinamici – come la Germania – e di quelli più in difficoltà, come l’Italia, è diventata meno evidente. Ma dal minimo dell’otto di giugno (1,19 euro per dollaro) siamo già tornati intorno a quota 1,3. L’Italia, quindi, ha davanti un duplice rischio. Il primo: che il tasso di cambio, combinato con gli effetti della manovra di risanamento da 25 miliardi, rallenti la crescita. Il secondo: che la crisi politica interna alla maggioranza renda i mercati pessimisti sulla capacità del governo di gestire questa fase delicata. Anche per questo Tommaso Padoa-Schioppa, che è un ex ministro dell’Economia ma anche un ex banchiere centrale, ha scritto sul Corriere che non possiamo permetterci né un governo tecnico né le elezioni anticipate in autunno. Entrambi gli scenari confonderebbero le idee ai mercati, rendendoli molto diffidenti. “Il rischio di perdere improvvisamente la fiducia dei mercati l’Italia lo corre a causa della sua debolezza e ambiguità politico-istituzionale, non della sua condizione economico-finanziaria”, scrive Padoa-Schioppa. Per l’Italia non c’è però solo il rischio apocalittico di trovarsi all’improvviso come la Grecia, con i manifestanti armati di molotov e i mercati che chiedono interessi del 20 per cento (roba da usura) per i finanziamenti a due anni. Ci sono problemi molto più immediati da risolvere, di cui i tecnici del dipartimento del debito pubblico al Tesoro, guidati da Maria Cannata, sono ben consapevoli. Nelle “Linee guida della gestione del debito pubblico anno 2010” si legge che lo scorso anno “a fronte di un progressivo miglioramento delle contrattazioni sul mercato secondario, il Tesoro si è prontamente avvalso del mutato contesto per introdurre sul mercato anche strumenti il cui lancio è notoriamente più complesso”. Il ministero, cioè, approfitta di ogni momento di calma per vendere obbligazioni a lunga scadenza, 15-30 anni, che solo certi investitori sono interessati a comprare. Se la tensione resta sempre alta, queste operazioni diventano impraticabili. E quindi si vive giorno per giorno, esponendosi in ogni asta al giudizio degli investitori senza avere nessun cuscinetto.

Negli ultimi anni la strategia del Tesoro è stata simile a quella delle famiglie che comprano casa con un mutuo a tasso fisso mentre tutti puntano su quello variabile: si spende di più ma si guadagna in sicurezza. La durata media dei titoli di debito italiani è superiore a sette anni (alcuni, come i Bot, vanno rimborsati nel giro di pochi mesi ma c’è un congruo pacchetto di titoli con durate di diversi lustri). Questo ha contribuito a salvarci dal destino greco, perché nei momenti di massimo panico l’Italia poteva – e per ora può – permettersi di fare poche aste, di aspettare che passi la bufera. Ma nel 2011 scadono oltre 150 miliardi di titoli, nel 2012 quasi 200. E’ chiaro che se il governo resta instabile – o lascia spazio a un esecutivo tecnico, oppure al vuoto pre-elettorale – la prudenza sconsiglierà di offrire all’asta anche quei titoli a lunga scadenza che servono a mettersi in sicurezza, perché gli investitori chiederebbero prezzi (cioè interessi) proibitivi. E nel giro di due anni l’Italia si ridurrebbe come l’Irlanda: a trattenere il respiro ad ogni piccola asta di titoli, temendo di fare la fine della Grecia.

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