FRANCESCO GRIGNETTI
Sono iniziate le manovre per una Grande Riforma e sulla giustizia di colpo tutto è in movimento. E’ scattata cioè l’accelerazione che Berlusconi in persona aveva annunciato al Parlamento. Il ministro Angelino Alfano ieri mattina è salito al Quirinale ad illustrare i principi della riforma a un silenzioso e attento Capo dello Stato. Il superconsulente Niccolò Ghedini, da parte sua, ha cominciato a sondare i partiti della maggioranza. Ed ecco che cosa prevede
Quattro capitoli dagli effetti rivoluzionari per l’ordinamento. Il premier vuole a tutti i costi che se ne cominci a parlare già nel prossimo consiglio dei ministri, venerdì della prossima settimana. E immediatamente s’è sentita la voce di Umberto Bossi: «Quando sarà il momento ci giocheremo le nostre carte». Anche i leghisti, insomma, e non solo i finiani (i quali fanno sapere: «Anche noi vogliamo la riforma, ma prima ci vuole un serio ragionamento su testi che non abbiamo ancora visto»), hanno le loro idee e si attendono un confronto vero. «Più che una riforma è un’azione punitiva per la magistratura», grida invece Donatella Ferranti, Pd.
Il Pdl ha insomma rotto gli indugi e messo a punto la sua piattaforma. Al primo punto, la separazione delle carriere. A scanso di equivoci ci sarà una esplicita menzione al problema della indipendenza già nella Costituzione. «Giudici e pubblici ministeri - sarà scritto - sono autonomi e indipendenti da ogni altro potere». Un passaggio che nelle intenzioni del Pdl dovrebbe sminare il campo dalla prima delle polemiche messe nel conto, ovvero la questione se portare o no il corpo dei pubblici ministeri sotto il controllo dell’Esecutivo. «Eventualità che noi abbiamo già scartato», fanno sapere fonti Pdl. E’ ancora in ballo, invece, e rimessa alla trattativa tra i partiti, la possibilità di eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. Secondo una bozza di riforma, il pm eserciterebbe infatti l’azione penale secondo priorità stabilite dalla legge ordinaria, cioè priorità decise dal Parlamento. Anche la polizia giudiziaria resterebbe alle dipendenze del pm, ma «nelle forme stabilite dalla legge». Un’evidente attenuazione ai poteri del pm.
Un altro capitolo della Costituzione sarà modificato con un passaggio dedicato alla responsabilità civile dei giudici. «Giudici e pm - verrà scritto - sono responsabili degli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni». E sempre in Costituzione dovrebbe essere inserito il principio che una sentenza di assoluzione non è appellabile dal magistrato. Il Consiglio superiore della magistratura dovrebbe restare unico e quindi a presiederlo sarà sempre il Capo dello Stato, ma sdoppiato al suo interno tra una branca dedicata alla carriera giudicante e un’altra a quella inquirente. Dovrebbe cambiare nella sua composizione, replicando le forme della Corte costituzionale (un terzo eletto dal Parlamento, un terzo scelto dal Presidente della Repubblica, un terzo eletto dalla magistratura). La sezione disciplinare sarà a sua volta sdoppiata e resa «avulsa» dal resto del Consiglio, ribattezzata Corte di disciplina: probabilmente i suoi membri non dovranno partecipare ad altra attività che questa. Quasi sicura un ritocco alla voce «pareri al ministro»: la maggioranza non vuole che ce ne siano di impatto «politico» e d’iniziativa del Consiglio, ma solo dietro esplicito invito del ministro Guardasigilli.
Quanto alla Corte costituzionale, superata l’idea di ritoccarla nel numero dei membri e nelle modalità di nomina, il Pdl vorrebbe introdurre il principio che le decisioni di costituzionalità vanno prese a maggioranza qualificata; da decidere se a 2/3 o 4/5 dei membri.
1 commento:
UNA SENTENZA DI ASSOLUZIONE NON PUO' ESSERE IMPUGNATA DAL MAGISTRATO: RIDICOLO! SI DOVREBBE DIRE: NON PUO' ESSERE IMPUGNATA E BASTA.
A ME SEMBRA CHE SI POTRA' DIRE4 ADDIO ALLO STATO DI DIRITTO E CHE LE RISULTANZE SARANNO, SE TUTTO VA IN PORTO COME PROGRAMMATO, DI UNO STATO AUTORITARIO E CIOE' DELLA FORMA MODERNA DI UN REGIME DI TIPO FASCISTA.
Posta un commento