giovedì 11 novembre 2010

Bondi non vuole pagare per tutti


IL PD CHIEDE LA SFIDUCIA PER IL MINISTRO E RACCOGLIE LE FIRME PER LA MOZIONE CONTRO IL GOVERNO

di Wanda Marra

Un’Aula quasi deserta. Da una parte, un discorso breve e addirittura disarmante, dall’altra, dichiarazioni di fuoco che però cadono in un silenzio spiazzante: è surreale l’atmosfera a Montecitorio mentre il ministro della Cultura, Sandro Bondi, riferisce sul crollo di Pompei. Sul punto di esplodere “come una mina” (parole sue) definisce la richiesta di dimissioni “un atto politicamente e moralmente ingiusto”. E anche se la sua relazione si consuma nell’indifferenza generale (praticamente deserti i banchi di Pdl e Lega, semi-abbandonati quelli dei futuristi, pieni a metà quelli dell’opposizione) alla fine il Pd lancia il cuore oltre l’ostacolo e mantiene la promessa; in serata è il segretario Pier Luigi Bersani ad annunciare che la mozione di sfiducia nei confronti del Ministro è stata fatta e sarà presentata nelle prossime ore. Si dovrebbe votare nell’arco di un paio di settimane. Di più: i Democratici stanno raccogliendo le firme per una mozione di sfiducia complessiva nei confronti del governo.

“SE AVESSI responsabilità per ciò che è accaduto sarebbe giusto chiedere le mie dimissioni, anzi le avrei date io. Se invece facciamo prevalere serietà, obiettività e misura, allora sarebbe giusto riconoscere che i problemi di Pompei come le situazioni in cui versa il patrimonio artistico si trascinano da decenni senza che nessuno sia riuscito a risolverli definitivamente e a impostare una strategia efficace”, si difende Bondi, parlando di “un segno di incattivimento della lotta politica in Italia”. Poi però ci tiene a non scaricare le responsabilità dell’accaduto: il crollo della Domus dei Gladiatori a Pompei “non e' colpa delle scarse risorse”, ma del modo in cui sono gestite. Perché la causa del crollo è “la pressione sulle murature del terrapieno” e non “la mancanza di risorse”. Per il ministro bisogna dunque lasciare ai soprintendenti la tutela, mentre la gestione va assegnata a nuove figure gestionali. “Per questo - annuncia - il ministero sta predisponendo le linee guida per una fondazione per Pompei: sovrintendenti e manager dei beni culturali devono lavorare insieme”. E intanto smentisce i nuovi crolli a Pompei, denunciati dalla Uil.

SEGUE breve dibattito in Aula. Con Veltroni che interviene per il Pd, chiedendo le dimissioni non per “una circostanza specifica”, ma per “lo stato di abbandono della cultura italiana”. Le dimissioni le vogliono anche Idv e Udc. E Granata prende la parola per Fli: parole dure, ma poi una conclusione che è ancora interlocutoria: "Al ministro Bondi non chiediamo le dimissioni ma un atto di coraggio: si assuma le sue pesantissime responsabilità politiche". Un modo per lasciarsi aperta la possibilità di firmare una mozione altrui e di non scoprirsi, guardando l’evolversi del quadro politico. Alla fine, Franceschini tira le conclusioni e in Aula annuncia la mozione. Il Ministro, ancora una volta, ribadisce la sua posizione. A Granata dice: nessun passo indietro. “Non so cosa intenda. Le iniziative di carattere politico contro il Governo non hanno nulla a che fare con Pompei e la cultura”. E alla fine è Bersani ad annunciare: “Abbiamo presentato la mozione di sfiducia su Bondi, ora stiamo raccogliendo le firme per quella al governo”. È chiaro che “il nostro obiettivo è quello di rendere formale la crisi”, spiega. "Ora vedremo i tempi e i modi dell'iniziativa. La crisi va formalizzata in Parlamento”. Scontato il plauso di Di Pietro: “Finalmente”.

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