giovedì 11 novembre 2010

IL BUIO OLTRE LA CRISI


Napolitano: “Momento di grandi incognite”
Letta ammette: “La prospettiva è stretta”

di Sara Nicoli

Gianni Letta che si lascia sfuggire - proprio lui - che la stagione del governo è finita. Napolitano che chiede cautela, ma invita a risolvere la situazione al più presto. E i finiani che annunciano: se oggi andrà male con Bossi, i nostri usciranno subito dopo dal governo. Il tutto mentre il Cavaliere pensa al trappolone. Sempre più scosso anche per via di sondaggi che danno il Pdl in picchiata (26%) adesso si è messo in testa che tutti stanno lavorando per un’imboscata ai suoi danni. La realtà è diversa, Fini insiste a chiedere la sua testa e lui a non voler indietreggiare di un passo; non è cambiato nulla, la crisi è conclamata anche se tutti si agitano per far credere di avere la soluzione in tasca. Che, invece, non c’è.

Mentre volava ieri verso il G20 di Seul, Berlusconi ha ribadito la sua visione del momento: “Io di Fini non mi fido, si è lasciato le mani libere, perché mai dovrebbe legarsele con un nuovo patto?”. Però qualcosa sembra muoversi, ma è difficile capire in che direzione se persino la proverbiale prudenza di Gianni Letta ieri si è persa per un attimo e all’eminenza azzurra è uscita una battuta rivelatrice: “Le prospettive del governo sembrano essere brevi”. Non c’è alcun dubbio che questo esecutivo sia ormai al tramonto, ma la grande incognita è rappresentata dal “dopo”. Il Cavaliere, sostengono uomini a lui vicini, starebbe “riflettendo”. Ma il pressing della Lega e le preoccupazioni del Quirinale che anche ieri ha chiesto “uno sforzo per dare risposte al Paese, chiunque sarà chiamato a governare ancora, o a governare nuovamente”, hanno convinto Berlusconi a dare almeno l’impressione di stare trattando per un dopo che potrebbe essere anche un “Berlusconi bis”. Il primo a non crederci, però, è proprio lui. “Se domani (oggi, ndr) l’incontro con Bossi finirà male – ha annunciato ieri il finiano Fabio Granata – ritireremo i ministri dal governo”. Al più tardi, ha puntualizzato Enzo Raisi, “entro lunedì”.

Comunque, si tratta. Ben sapendo che la strada verso le elezioni è ormai spianata, ma si tratta. Ieri Montecitorio è stato palcoscenico di un intreccio di incontri difficili da decifrare se non come estremo tentativo di Fini di portare il Pdl sulle proprie posizioni, ossia allargando la maggioranza a Casini (che è stato più di un’ora a colloquio con il presidente della Camera, ma poi è arrivato anche Rutelli) e ripartendo da una nuova agenda per le riforme: il leader Udc ha praticamente sondato tutti, così come hanno fatto alcuni uomini della Lega. Le variabili sul campo, però, appaiono ancora troppe e la quadratura del cerchio è lontanissima; alla fine di una giornata frenetica si è persino parlato di un possibile accordo che prevedesse una nuova “scudatura” del premier per i suoi processi in cambio di un’accelerazione sulla legge elettorale. A patto, però, che fosse ancora targata Pdl. Un circolo vizioso. Che mette in ansia il Quirinale. In un colloquio con Maroni, il capo dello Stato avrebbe espresso preoccupazione per lo “stallo”, accennando alla possibilità di “pilotare” la crisi per evitare un “pateracchio” di esecutivo tecnico senza Pdl e Lega e che sarebbe un rimedio peggiore del male. Meglio le urne e una nuova ripartenza. Di questo si sarebbe fatto portavoce sempre il ministro dell’Interno con Fini, così come Bossi cercherà di capire oggi sempre dal presidente della Camera se ci sono le condizioni per andare avanti in questa direzione. Il Cavaliere, secondo alcune voci raccolte tra i suoi fedelissimi, non sarebbe pregiudizialmente contrario all’ingresso di Udc e Fli in un nuovo governo, ma teme “l’imboscata, una congiura di palazzo” ai suoi danni che poi possa pregiudicare una sua possibile elezione al Quirinale; in molti, in queste ore, lo descrivono come “scosso, in condizioni psicofisiche molto precarie, dunque molto debole”. Il quadro si fa quindi sempre più complicato, tanto che ieri, alla fine, anche D’Alema ha spezzato una lancia in favore di “un governo breve, che affronti alcune emergenze”, nella consapevolezza che si è ormai all’inizio “di una nuova stagione”. Oggi, dunque, il colloquio “risolutore” tra Bossi e Fini, per valutare se ci sono i margini per pilotare una crisi in tempi rapidi verso un nuovo governo. Ma se non ci crede più neppure Gianni Letta, vuol dire proprio che il tempo del Cavaliere è agli sgoccioli.

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