di ILVO DIAMANTI
Dietro al declino di Silvio Berlusconi si scorgono una maggioranza a pezzi e un Paese in briciole. Senza colla e senza cornice. Perché Berlusconi era e resta l'unica colla e l'unica cornice per il suo partito, la sua maggioranza.
Per la base sociale che, per tanti anni, si è identificata in lui. La sua maggioranza. È a pezzi. Ormai da tempo. Da quando si è rotta l'intesa - fragile - con Gianfranco Fini. Che non ha mai accettato l'annessione di An. L'ha subìta, facendo buon viso a cattivo gioco. Ma il patto si è spezzato, ormai da mesi. Per ragioni politiche e personali - ormai impossibili da scindere in questa democrazia dell'opinione. Così oggi la maggioranza non ha più una maggioranza. La nascita di Fli, prima come gruppo parlamentare e poi come partito vero e proprio, ha ridotto il Pdl a un ex-partito. Spezzato. La maggioranza di governo: non c'è più. La regge solo
È a pezzi anche il Pdl, diviso all'interno. Dove Tremonti è percepito, ormai, come il vero premier. Riferimento per possibili maggioranze alternative. Gradito alla Lega, accettato dai centristi e da una parte del PD.
Ma il Pdl è diviso anche alla base. Nel Nord: soppiantato dalla Lega. Nel Mezzogiorno: incalzato da Fli. E dalle nuove leghe meridionali, soprattutto in Sicilia. Le stime elettorali più recenti (da ultime, quelle dell'Ipsos di Pagnoncelli e dell'Ispo di Mannheimer) sottolineano il declino del Pdl: ormai ben al di sotto del 30%. E suggeriscono che la maggioranza di centrodestra rischierebbe di non essere tale neppure alla prova del voto. PdL e Lega, infatti, non raggiungerebbero il 40%. Mentre i partiti di centro - Udc, Fli, Api, con il rinforzo di Montezemolo - otterrebbero intorno al 18%. Il PD - per quanto in affanno - e l'Idv, alleati alle sinistre, potrebbero perfino prevalere. Alla Camera. Mentre al Senato nessuna maggioranza appare possibile. Motivo che ha spinto Berlusconi ad avanzare la singolare idea, in un sistema a bicameralismo perfetto, di votare solo per
Il fatto è che Berlusconi non è solo il leader di Fi, del Pdl e dell'attuale maggioranza di centrodestra. Ne è l'inventore. E l'unica colla. Senza di lui, questo progetto e questo soggetto politico non stanno insieme. Come non sta insieme l'Italia a cui egli ha dato rappresentanza ed evidenza. Perché Berlusconi, va ribadito, non ha vinto "solo" per merito delle televisioni e della sua capacità di usare - prima e meglio degli altri - il marketing in politica. Ma anche perché ha interpretato il cambiamento sociale - profondo - avvenuto in Italia negli anni Ottanta e Novanta. L'irruzione dei piccoli imprenditori del Nord, veicolata dalla Lega. A cui Berlusconi ha garantito cittadinanza politica e accesso al governo, ancora nel
Oggi questa Italia non si riconosce più in lui. Né Berlusconi è in grado di offrirle identità comune. D'altra parte, la crisi globale ha tolto credibilità al sistema del credito e della finanza. Non solo, ne ha acuito il contrasto con i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori. E poi la paura: generale e generalizzata, generata dalla crisi economica e dall'incombere della disoccupazione. La domanda di Stato sociale, di sostegno pubblico. Tutto ciò ha indebolito il ruolo di Berlusconi. La sua offerta di rappresentanza. La sua "ideologia del fare" - peraltro, puntualmente smentita dai fatti. Ha reso impopolare la sua interpretazione festosa e fastosa dell'uomo-che-si-è-fatto-da-sé. Così, si è assistito alla presa di distanza, nei suoi confronti, da parte degli ambienti che lo avevano, fin dall'inizio, guardato con favore. Le associazioni imprenditoriali, alcune organizzazioni di categoria e parte del mondo cattolico. Mentre si è allargato il disincanto sociale, sottolineato dal grado di fiducia verso di lui, sceso - oggi - ai minimi storici. Anche per questo assistiamo a un Paese che si sbriciola. Dove prevalgono i risentimenti sociali. Contro gli statali fannulloni, gli insegnanti impreparati, i baroni senza morale, i medici incapaci (e criminali). Mentre si è logorato il mito dell'italiano in grado di reagire a tutto, maestro dell'arte di arrangiarsi. A cui piace vivere bene, in un ambiente estetizzato da secoli di arte e di cultura. Più che a vivere, oggi, gli italiani - molti italiani - sono impegnati a sopravvivere. Alla crisi economica. I giovani: alla precarietà. In un ambiente che cade a pezzi. Peraltro, mentre si celebrano i 150 dell'unità d'Italia, le tensioni territoriali crescono. Tra Nord, Roma, il Sud. Nel Nord e nel Sud.
A tutto ciò Berlusconi non sa e non riesce più a dare risposte unificanti. Non solo per ragioni "politiche" congiunturali. Anche perché sono in crisi la struttura sociale e il sistema di valori che egli ha interpretato per oltre 15 anni. Il problema è che le alternative - sociali, ma anche politiche - faticano ad emergere. Per cui ci scopriamo spaesati, in un paese sbriciolato. Affollato di individui soli e vulnerabili. L'uscita dal berlusconismo - anche senza Berlusconi - si annuncia lunga e faticosa.
(15 novembre 2010)
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