domenica 21 novembre 2010

Il Cavaliere non chiama e lei non si trattiene più: chi comanda nel partito?


Aspettava la telefonata da Lisbona ieri mattina. Attendeva un cenno da Silvio Berlusconi. È passata l'ora di pranzo, sperava ancora che il premier potesse cambiare idea e linea politica. E cioè mollare i suoi nemici, in particolare il presidente della provincia di Salerno Edmondo Cirielli, l'uomo per cui il coordinatore regionale del Pdl Nicola Cosentino era riuscito giovedì a far correggere in corsa la decisione del consiglio dei ministri sulle competenze per il termovalorizzatore campano. L'ultimo smacco.

ATTESA INUTILE - Ha aspettato fino alla fine del vertice Nato, ha annullato tutti gli impegni pubblici, si è rifugiata dai genitori e poi dal fidanzato, Marco Mezzaroma. Ma l'unico che ha sentito da Lisbona è stato il ministro degli Esteri Franco Frattini. Alle sei di sera è arrivata la conferma: la battaglia è persa, hanno vinto Cosentino e Cirielli. Bastano due parole: «La signora Carfagna», dice con distacco Berlusconi in conferenza stampa. Basta il tono infastidito e non serve neppure che spieghi che l'indiscrezione sulle sue dimissioni gli ha rovinato il vertice e quella scena internazionale che poteva dare per due giorni un po' di lustro al governo in affanno.

INTERVISTA - L'intervista che dovrebbe spiegare i retroscena fatti trapelare venerdì, diventa l'ultimo atto, l'ufficialità di una scelta: il 15 dicembre mi dimetto da tutto, dal governo, dal partito e dal Parlamento, dice Mara Carfagna. Avrebbe potuto frenarsi in questo periodo di scossoni, cercare di non cedere alla rabbia e all'emotività. Continuare a sperare nell'appuntamento che il premier le aveva promesso per telefono e prendere tempo fino al 14 dicembre, senza farsi vincere dallo stress di una battaglia politica e personale che logora. Ma lei pensa già al dopo: così può diventare l'immagine, se Berlusconi non riuscirà comunque a farle cambiare idea, di una battaglia anti-camorra, senza farsi trascinare in una guerra di gossip e insulti personali. «Io rispondo alle oltre 55 mila persone che mi hanno dato la preferenza alle ultime Regionali in Campania, non ci sto a questa guerra tra bande dentro il mio partito». Curiosamente, o forse no, dopo il suo passo non arriva neppure una di quelle dichiarazioni di solidarietà che invece le avevano tenuto compagnia venerdì: le parole della Gelmini, di Bondi, della Prestigiacomo. Ieri sera silenzio.

ATTO D'ACCUSA - Del resto il suo risulta un atto di accusa neppure troppo velato proprio a Berlusconi: «Chi comanda il partito?», ha domandato in queste settimane la Carfagna a chiunque l'ascoltasse. Ha sperato e chiesto di essere confortata nelle sue critiche, ma Berlusconi, dice ora, non l'ha convinta. Ora lei parla di «arroganza e prepotenza» degli uomini che consigliano il premier. Chi comanda? Per lei la risposta è scontata, non solo quelle che chiama le bande di potere, ma i falchi «che hanno spinto Berlusconi a rompere con Fini, i Verdini, i La Russa, quelli che vogliono sfasciare tutto». Il suo non è comunque un malessere solo individuale. Le critiche all'organizzazione del partito non sono sopite del tutto. Non sono sfuggiti a nessuno in queste settimane i malumori di Annamaria Bernini in Toscana, Gianfranco Miccichè in Sicilia e di Michela Biancofiore in Trentino. Ma ora anche le colombe del partito ammettono che la battaglia della Carfagna ha poche possibilità, in un momento in cui Berlusconi - con la fiducia che incombe - non può pensare a scelte drastiche nel partito, ma deve tenere tutti uniti.

IPOTESI SINDACO - E adesso? Se non ci saranno sorprese imprevedibili, Mara Carfagna voterà la fiducia al governo e poi si dimetterà. Impensabile però che il Parlamento voti sì alle sue dimissioni, con la solidarietà che le è arrivata da subito proprio dall'opposizione, dunque resterà fino alla fine della legislatura. C'è poi l'ipotesi di una candidatura a Napoli, dove si vota per il sindaco la prossima primavera, ipotesi che in queste settimane sembrava sfumata proprio per lo scontro con Cosentino, Mussolini e La Russa. Nel Pdl sono convinti che il suo approdo sarà comunque interno: dentro Forza Sud che sta fondando Gianfranco Miccichè, in attesa di capire che ne sarà del futuro del centrodestra. E del resto un accenno lo fa anche lei nell'intervista al Mattino. Dice di preferire Miccichè e che non andrà con Fini («che ha sbagliato i tempi») e con Fli, in particolare con Italo Bocchino, uomo forte in Campania dei finiani e artefice del suo ultimo successo elettorale, di quelle oltre 55 mila preferenze che sono in questo momento la sua unica forza. Riparte da qui la Carfagna, inseguita ancora anche ieri dalle parole di Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl, che a fianco di Berlusconi non crede alla spiegazione politica del gesto della Carfagna e rilancia: «Il gossip anche a Lisbona è un po' troppo».

Gianna Fregonara
21 novembre 2010

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