domenica 14 novembre 2010

Il premier a caccia degli incerti Pressing della Lega: ricucire con Fli


di CARMELO LOPAPA

"Fini pensava di fare i conti senza di me. Ma anche questa volta li ha sbagliati. Alla Camera e al Senato le sorprese saranno tante". Da Seul torna un premier Berlusconi agguerrito, per nulla intenzionato ad arrendersi a Fini, Casini e Rutelli nel giorno in cui i tre stringono in pubblico il loro sodalizio. "Motivato come all'alba di una campagna elettorale" raccontano ministri e deputati che lo raggiungono alla spicciolata a Palazzo Grazioli.

Ma il voto per ora è un miraggio lontano, c'è la crisi da gestire. E per tentare il tutto per tutto, intanto il presidente del Consiglio impone il contrordine. Meglio frenare: strategia del rinvio, prendere tempo. Nessuno sprint per discutere presto, prima della legge di Stabilità, la fiducia al Senato. Servono giorni, settimane: per tornare al "mercato" di Montecitorio e di Palazzo Madama, per lavorare ancora sui parlamentari borderline, per tentare in un paio di settimane di capovolgere l'esito di una conta che, almeno alla Camera, appare già segnata. Rapido consulto in mattinata con Gianni Letta, col Guardasigilli Alfano, con Paolo Bonaiuti, poi al telefono con alcuni ministri e i capigruppo. "Rinviamo tutta la partita a dopo la legge" è il diktat che di lì a qualche ora prenderà corpo nella lettera inviata ai presidenti di Senato e Camera. Il che vorrà dire strappare altre tre settimane di tempo per arrivare a dicembre.

Poi, la fiducia sarà discussa a Palazzo Madama, dove i numeri giocano ancora a suo favore, anche se - il Cavaliere lo sa - lo scarto ormai è minimo pure lì, otto senatori. Col pressing sui pidiellini insoddisfatti già partito da parte degli uomini di Fini e Casini. Il fatto è che Berlusconi è convinto di poter riaprire i giochi ancora una volta sul terreno per lui più impervio, quello della Camera. "Attendiamo come si posizioneranno i gruppi la prossima settimana in occasione del voto sulla Finanziaria, da lì tutto sarà più chiaro e ci muoveremo meglio" argomentava ieri mattina nel corso dell'incontro con Gianfranco Micciché, Giuseppe Fallica, Giacomo Terranova e Marco Pugliese, deputati ex pdl e fondatori della nuova Forza del Sud. Più di un'ora a colloquio con loro, simbolo e operazione politica "benedetta" dal leader, con l'auspicio che possa radicarsi nel Mezzogiorno in vista del voto. Il fatto è che a Montecitorio i varchi per le trattative e gli "acquisti" sembrano pochi. E se anche l'ultima, disperata campagna acquisti dovesse fallire? "La fiducia dovrà esserci in entrambe le Camere, se i finiani si assumeranno davvero la responsabilità di sfiduciarmi, allora si andrà a votare, non ci sono alternative" ha ripetuto Berlusconi per tutto il giorno. Convinto comunque che, presentarsi a dicembre inoltrato con la legge di Stabilità già archiviata, sottragga un'arma ai registi del governo di "responsabilità nazionale", come lo ha già battezzato Casini. Di questo il capo del governo si dice sicuro: "Il presidente Napolitano non permetterebbe mai, con la maggioranza ancora solida al Senato, che Pdl e Lega passino all'opposizione". Anche se, raccontano, quel richiamo di ieri del Colle al precedente della crisi del governo Berlusconi di fine '94 (con successivo sbocco nel governo tecnico Dini) non sia piaciuta affatto al Cavaliere: è lo spettro che alimenta i suoi peggiori incubi di questi giorni.

Tuttavia, nell'inversione di rotta decisa dal governo sul rinvio della fiducia, non poco hanno pesato proprio le preoccupazioni del Quirinale sul pericoloso corto circuito che stava per crearsi in Parlamento. Preoccupazioni delle quali ancora una volta Gianni Letta si era fatto interprete a Palazzo Grazioli. Resta ora da capire se il Pd, approvata la legge di Stabilità alla Camera, rinuncerà a discutere la sua mozione di sfiducia nell'attesa che la legge passi anche al Senato o se invece acceleri intanto a Montecitorio.
Una partita a sé continua a giocarla il Carroccio. Ieri Berlusconi, al rientro, ha chiamato Umberto Bossi in cerca di rassicurazioni. Le ha avute: "Silvio, non sosterremo mai un altro premier e per noi non esiste un esecutivo Tremonti" gli ha garantito il Senatur. Domani sera, nel vertice ad Arcore, la Lega però insisterà per la ripresa del dialogo con Fli. "Fini mi ha spiegato che lui, dopo le dimissioni del premier e un patto di legislatura, un nuovo governo Berlusconi lo sosterrebbe - raccontava il ministro dell'Interno Maroni ieri mattina, a margine del convegno sulla sicurezza a Milano - Adesso il pallino è solo nelle mani del presidente del Consiglio".

(14 novembre 2010)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

SPIACENTE, NON CONOSCO L'INGLESE!