martedì 2 novembre 2010

La Lega fa quadrato ma pensa al dopo


MARCO ALFIERI

Macchè governo tecnico, la Lega non è interessata. Piuttosto sono preoccupato che, profittando delle vicende personali di Berlusconi, sia in atto un colpo di Stato per riportare l’Italia nella Prima Repubblica. Ma sarebbe il golpe dei fighetta, di quelli che frignano e non hanno voce e voti. La solita coalizione tra alcuni giornali, referenti dei potentati economici del Paese, e alcuni politici sognatori che non hanno un voto proprio ma che sperano di ribaltare la situazione uscita dalle urne. Si sappia che se c’è colpo di stato la rivolta del popolo è legittima…». Dopo la serata della zucca a Pegorara in compagnia di Giulio Tremonti, Umberto Bossi ieri ha mandato avanti Roberto Calderoli per ribadire il mantra della fedeltà a Berlusconi, nonostante i forti mal di pancia dentro al partito padano e alla base degli amministratori locali per le sorti di un governo impantanato. Nessuna tentazione ribaltonista, almeno a breve. «La Lega? Un alleato solido e leale», mette le mani avanti il Cavaliere, nell’anticipazione del nuovo libro di Vespa. Anche se la telefonata in questura per rilasciare Ruby è stata un brutto scivolone. Non ha mancato di rimarcarlo maliziosamente Bossi da Pegorara, e lo ha ribadito ieri dai microfoni di Radio 2 il sindaco di Verona, Flavio Tosi: «Se fossi stato il premier, non l’avrei mai fatta». Ma come sempre la lingua leghista è biforcuta e lavora su più registri. Che l’esecutivo sia ormai al capolinea dentro al Carroccio ne sono convinti da giorni. Una usura accelerata dal caso della ragazza marocchina che Bossi e compagni cercano di schivare e di canalizzare su altri bersagli. Al riparo delle versioni ufficiali, rilanciate dalle parole di fuoco di Calderoli, in via Bellerio si cominciano a fare i conti con l’ipotesi di governo tecnico. «Non per salirci sopra», ragiona una fonte, «ma per cavare il massimo del posizionamento». Anche volendo, la prospettiva di un salto del fosso non è percorribile a breve. «Ci sono fili aperti con il Pd, ma l’invito di Bersani è irricevibile». Dopodiché «non siamo fessi e vediamo il quadro che si profila: la stasi del governo, la mano tesa a Casini, l’offensiva della magistratura, la guerriglia di Fini sul federalismo…insomma una cayenna insopportabile che potrebbe danneggiarci...».

Quasi scartata la speranza di un rilancio, per il Carroccio non restano che
due alternative: o la via maestra del voto in primavera - seguendo l’automatismo crisi di governo ritorno immediato alle urne - visto che in parlamento c’è una «situazione in cui da due anni vanno avanti a scannarsi», ha spiegato Tosi. Oppure acconciarsi per navigare nel mare di una crisi parlamentare. Molti leghisti e lo stesso Bossi la danno per probabile: l’accelerazione di Fini, la bomba Ruby, i movimenti di Casini e del Pd, il ruolo di Napolitano, la freddezza di Confindustria e di certi salotti economico-finanziari sono evidenti a tutti. Per il Senatur potrebbe essere il male minore. «Non si va al ribaltone, non si appoggiano altri governi più o meno tecnici, tantomeno guidati da Tremonti o Gianni Letta, ma si accetta il nuovo esecutivo lucrando dall’opposizione», spiega un parlamentare vicino a Bossi. Tanto durerebbe poco, «vista la debolezza del quadro politico».

Per il Carroccio insomma un gioco win-win: può gridare al golpe anti democratico, rigenerarsi un po’ dando fiato a parole che piacciono alla sua base frustrata, rinfocolare scenari da cripto secessione che spirano in Padania (non è un caso che il 20 novembre tornerà a riunirsi il Parlamento del Nord rimasto in naftalina per anni), e forse lavorare ad altre alleanze che richiedono tempo e semina. Unica precauzione: «arrivare a febbraio per mettere al riparo i decreti attuativi del federalismo». Se il governo cade allora, la Lega comunque se la caverebbe… Qualcosa di questo ragionamento lo si nota tra le righe del messaggio calderoliano, quando dice che «
nel caso di governo degli sconfitti, la Lega non è partito da fare una opposizione piangina. Noi mobilitiamo la gente, l’opposizione la sappiamo fare e anche decisa». Più che la minaccia di una rivolta, un avviso a futura memoria…

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