domenica 14 novembre 2010

La mossa di Berlusconi: "O resto io o si va alle elezioni"


AMEDEO LA MATTINA

Saranno oltre trenta giorni di passione quelli che aspettano il mondo politico. Prima si dovrà approvare la legge di Stabilità e solo a quel punto (saremo attorno al 10-15 dicembre) si aprirà formalmente la crisi di governo. E Berlusconi la aprirà laddove è convinto di avere i numeri e ottenere la fiducia, cioè al Senato; per poi presentarsi alla Camera e beccarsi la sfiducia. In questo modo potrà chiedere al capo dello Stato di sciogliere il Parlamento perchè nè il suo governo e nessun’altro ha una maggioranza univoca.

«La verifica parta dal Senato», ha chiesto il premier ai presidenti Schifani e Fini, con tanto di spiegazione istituzionale. Dietro c’è una mossa studiata che ha l’obiettivo di evitare che passi prima la mozione di sfiducia alla Camera che hanno in animo di presentare Fli-Udc-Api-Mpa e che sarà sostenuta dal Pd. Se passasse per prima questa mozione, il Cavaliere sarebbe costretto a salire direttamente al Colle e dimettersi, senza avere nemmeno la possibilità di avere un nuovo incarico. E soprattutto senza poter dire che l’unica strada sono le elezioni anticipate dato che non si potrebbe più verificare a Palazzo Madama la sopravvivenza di una maggioranza.

Insomma, con la sua lettera a Fini e Schifani preannunciata e concordata con il Quirinale, Berlusconi ha disinnescato l’operazione dei nemici e si lancia verso le urne. Chi è andato a trovarlo a Palazzo Grazioli, come Micchichè, lo ha trovato «molto carico e tonico, pronto alla campagna elettorale». Convinto di vincere di nuovo. Intanto nessun passo indietro, nessun Berlusconi-bis, nessun passaggio di mano ad altri esponenti del centrodestra. «Fini dovrà votare in diretta televisiva la sfiducia contro di me e a braccetto di Bersani, D’Alema e Di Pietro. Dovrà metterci la faccia e poi vedremo quali armi conserva nel suo arsenale».

Cioè se riuscirà a mettere in piedi un governo ribaltonista per cambiare la legge elettorale e quanti voti avrà se si allea con il Pd e l’Idv. Il finiano Adolfo Urso sostiene che si può fare la riforma elettorale anche senza ribaltoni. «Noi siamo persone dotate di fantasia, ma soprattutto abbiamo dimostrato di sapere fare i conti. E al Senato non è detto che Berlusconi abbia la maggioranza. Il mio sommesso consiglio è di non seguire i cattivi consiglieri: hanno già sbagliato i conti e il terzo errore che si apprestano a commettere a Palazzo Madama sarà un boato».

Berlusconi tuttavia è convinto che non ci saranno smottamenti al Senato. Sicuro che anche la Lega reggerà. Sulla tenuta il Cavaliere è pronto a metterci la mano sul fuoco (anche ieri ha parlato con Bossi). Tuttavia nel Carroccio ci sono movimenti che non dovrebbero lasciarlo tranquillo, perchè in una parte di quel partito, che nell’immaginario si vuole monolitico, si è aperta una discussione dura. Berlusconi ha chiuso le parte ad qualunque altra soluzione oltre se stesso nella logica, dicono i suoi critici, del muoia Sansone con tutti i filistei. «Ma questo esempio di Sansone - precisa il senatore Pdl Andrea Augello - non è corretto, perché Sansone fece crollare le colonne dove era incatenato con tutto il palazzo addosso a chi lo aveva incatenato, cioè proprio i filistei che erano i suoi nemici».

Trenta e più giorni di passione prima che si definisca la crisi parlamentare del governo e in questo lasso di tempo le forze in campo si organizzeranno. Anzi si stanno già organizzando. Ieri è stata smentito un incontro tra Fini, D’Alema e Casini. Ma non è improbabile che l’incontro sia avvenuto. Colloqui di questo tipo ce ne sono stati tanti. Per esempio per discutere che riforma elettorale mettere in campo e con quale governo. Ci saranno davvero i numeri al Senato come prevede Urso? Il vicecapogruppo Pdl Quaglieriello lo esclude, convinto che anche se ci fosse una maggioranza diversa, con qualche altro senatore che passa dalla parte di Fini, un nuovo governo avrebbe pochi voti di scarto.

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